9 Maggio, Festa dell’Europa: nel 1950 paura della Terza guerra mondiale, oggi altri timori. La necessità della visione di un futuro comune

Il 9 maggio 1950  a Parigi, la stampa era stata convocata presso la sede del Ministero degli Esteri, per una comunicazione della massima importanza. Robert Schuman, Ministro francese degli Affari Esteri, in collaborazione col suo amico e consigliere, Jean Monnet, visionario di scenari futuri, rilasciò una dichiarazione che si comprese subito, rappresentasse un vero e proprio programma per la nascita di una struttura internazionale ben più forte di una semplice alleanza. Quel giorno, nella sala dell’orologio, scoccava l’ora della nascita dell’Europa moderna, quella che con lo stesso sentimento si predispone a traguardare il medesimo futuro. Nessuno stappò una bottiglia di champagne, né vi furono brindisi di circostanza, ma l’Unione Europea era nata. Non un’alleanza pronta a difendere i confini, ma una comunità che sogna un futuro di pace e prosperità per tutti.

“La pace mondiale non potrebbe essere salvaguardata – ribadì Schuman nel suo discorso – senza iniziative creative all’altezza dei pericoli che ci minacciano”. 

“Mettendo in comune talune produzioni di base (acciaio e carbone) e istituendo una nuova Alta Autorità le cui decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania e i paesi che vi aderiranno, saranno realizzate le prime fondamenta concrete di una federazione europea indispensabile alla salvaguardia della pace”. 

Dalla C.E.C.A. (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) il primo di tanti trattati che via via, costruiranno l’Unione Europea, il vecchio continente di strada ne ha compiuta, ma è durante il Consiglio europeo di Milano del 28 e 29 giugno 1985 che viene deciso di celebrare proprio il 9 maggio la Festa dell’Unione, istituendo la “Giornata dell’Europa”.

Dopo 64 anni, da quella suggestione, L’Europa conta l’adesione di 28 Paesi (il 18 aprile 1951 ad istituire la CECA a Parigi erano in 6, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e Italia). Oggi 500milioni di persone si riconoscono nei valori e nei traguardi dell’Unione. 

Diffondere i valori e le norme europee tra un numero crescente di paesi è uno degli obiettivi che si prefigge l’Unione. La politica di allargamento dell’UE promuovendo i valori presso quelle nazioni che si riconoscono nel medesimo sentimento e permettono alla comunità del vecchio continente di svolgere il suo ruolo di protagonista sulla scena mondiale.

Celebrare questa giornata non significa solo sbandierare lo stendardo blu a 12 stelle gialle o declamare il motto d’Europa “Unità nella diversità” o ascoltare il magnifico “Inno alla Gioia” tratto dalla Nona Sinfonia di Beethoven, ma riflettere per esempio su alcuni dati. 

Noi europei:

  • Rappresentiamo il 7,2% della popolazione mondiale; 
  • Abbiamo il 22,9% del Pil del pianeta; 
  • Sviluppiamo il 15,1% degli scambi commerciali (import ed export) del mondo. 
  • Viviamo mediamente 10 anni di più che nel resto del mondo – 78 anni gli uomini (contro 68) e 83 anni le donne (contro 73). 

Sono i dati che rappresentano i pilastri del benessere che ha saputo costruire in questi 64 anni la forza ed il lavoro delle persone d’Europa. Imperfetta e ancora da definire in molte sue parti, ma desiderosa di farlo per garantire migliori condizioni di vita alla sua popolazione traguardando il benessere di tutte le popolazioni mondiali. 

La giornata di festa per l’Europa, quest’anno coincide col tempo che culminerà con la tornata elettorale del 25 maggio per il rinnovo del Parlamento Europeo. Un sentimento diffuso di scetticismo misto a distacco dalle istituzioni comunitarie serpeggia tra tutti i 28 Stati dell’Unione e il dato che più rappresenta questo “mood” è tutto in quel 50% di europei avente diritto al voto, che dichiara di non volere andare a votare. Tra le ragioni, due principali: l’euro e la politica comunitaria troppo dipendente dalle banche e dal loro processo finanziario. L’incubo della disoccupazione e la vessazione delle banche creditrici, si sono sostituiti alla suggestione di un futuro di concordia e sviluppo comune. La paura per un conflitto armato che impegni l’Europa dopo 70 anni di pace è in queste ore terribilmente possibile. L’Ucraina è in fiamme.

Sabato 3 maggio a Dogliani, un comune in provincia di Cuneo, durante il “Festival della TV e dei nuovi media” (avete letto bene, un paese di 30mila abitanti che dal 2012 ai primi di maggio diventa il centro di discussione sui e dei media. Un paese “Antenna”) hanno parlato di Europa, euroscetticismo e narrazione di questo tempo, i migliori opinion-leaders nazionali, convergendo tutti sulla tesi che bisogna spostare il focus del racconto dai centri di potere alle storie di persone, rendendo sempre più il giornalismo “infrastruttura” della democrazia ed i media “strumenti” e persino “sistema” di lavoro. Rilanciare proprio alla vigilia delle elezioni europee la centralità dell’Europa diventa dovere civile e morale per la salvaguardia di un patrimonio culturale ed economico comune. Delegare ai centri di potere finanziario o peggio rinunciare all’esercizio di perseguire il proprio e l’altrui benessere per disaffezione o scetticismo definisce il declino di una cultura che antica di millenni ha reso grande questo lembo di pianeta. 

E’ giusto il caso di rammentare come proprio il 3 maggio ricorra pure la promulgazione della prima costituzione di un Paese europeo. Il 3 maggio 1791 la Polonia si dotava di una Carta Costituzionale che faceva suoi i principi illuministici del tempo. 

“Freude heißt die starke Feder In der ewigen Natur“ (“Gioia” si chiama la forte molla che sta nella natura eterna) recita un passo dell’ode “An die Freude” (Alla gioia) che il poeta tedesco Frederick Schiller scrisse nel 1786 e che il superbo Beethoven volle inserire, quale migliore richiamo ai principi di fratellanza che intendeva esprimere nel quarto movimento della sua nona sinfonia che fu proposta al pubblico per la prima volta a Vienna il 7 maggio 1824.

Non ci sono mai stati tempi facili nella storia, né mai si è prodotto un miracolo di pace così duraturo come negli ultimi 70 anni in Europa. Oggi tutto dipende da noi, tutto è nella nostra capacità di rilanciare una visione di gioia che insostituibile, nonostante il tormentone di Pharrell Williams, ci ha donato Schiller col sommo Beethoven. Nel rispetto delle nostre tante diversità, restiamo uniti.

Giancarlo Sacrestano