2 novembre: non dimentichiamo gli eroi che hanno reso possibile la nostra libertà: gli Internati militari italiani a 70 anni dal loro sacrificio

di Giancarlo Sacrestano e Wanda Janina Lipka

Per celebrare questo giorno di commemorazione, è doveroso rivolgere il ricordo a quanti hanno donato la propria vita per permetterci di godere dei diritti e delle agiatezze di oggi. Fra i tanti, troppi sono gli sconosciuti e altrettanti i dimenticati, verso i quali non lo sappiamo o dimentichiamo di avere un grande debito di riconoscenza.

Si vuole riportare alla memoria dei lettori, la tristissima vicenda dei militari italiani che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la conseguente dichiarazione di guerra alla Germania, furono imprigionati nei campi d’internamento che Hitler aveva predisposto soprattutto in Germania e Polonia.

Dulag, Hoflag e stalag si riempirono di oltre 700mila nostri connazionali. La storia patria li ha relegati per decenni nel limbo di un acronimo “I.M.I.” da cui, nel 70° della guerra di liberazione, è proprio il caso di liberarli dalla improvvida condizione di “dimenticati di stato” per riconoscere loro la più onorevole delle dignità, quella di eroi.

Da oltre due anni ricerco, con la collaborazione della Signora Wanda Janina Lipka, di Biala Podlaska, la città polacca dove esisteva il più orientale dei campi di internamento nazista in cui furono rinchiusi oltre 2500 nostri ufficiali, le ragioni e le storie di un gemellaggio tra Italia e Polonia di cui, proprio quello della solidale sofferenza è e resta uno dei tratti più forti.

 

Nel periodo compreso tra il 1943 e il 1944, più di 460 soldati italiani sono morti nello stalag 366Z di Biala Podlaska.

L’8 maggio di ogni anno, anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, a simbolo di una solidarietà che si è fatta fratellanza, nel cimitero dove sono stati sepolti i militari italiani, viene celebrata una Messa solenne. Non è difficile leggere in questo gesto, nel simbolico abbraccio con quegli eroi, il prolungamento di una dedizione alla sorella nazione italiana, dove nello stesso tempo risorgevano le speranze polacche. Proprio qui nel Salento e a Brindisi in forma particolare, dove aveva sede il più importante squadrone da bombardamento denominato “Difensori di Varsavia”, i polacchi sperimentavano la cordiale ospitalità e si rigeneravano dalle cruente battaglie – Monte Cassino per citare la più violenta – per la liberazione d’Italia cui partecipavano con le truppe alleate e al fianco delle formazioni partigiane.

 

Il prof. Padre Arthur Katolo è colui il quale a Biala Podlaska ha costruito nella gente l’amore per la memoria delle sepolture italiane, tutte anonime. Racconta a tutti come l’Italia sia un luogo sacro per i polacchi e come presso i cimiteri militari polacchi in Italia Monte Cassino, Bologna, Ancona, Casamassima si celebrino Sante Messe per i soldati che sono morti lì. Dal suo impegno di pastore si è diffuso l’impegno morale alla gente di Biala Podlaska a tenere viva la memoria e la custodia di quei figli d’Italia che non hanno optato in favore del nazifascismo, subendo le conseguenze, pagando il prezzo più alto, che è la vita.

(agli internati militari italiani veniva richiesta l’adesione alla repubblica sociale di Salò e l’adesione ai principi nazisti, per essere liberati dai campi di internamento in cui erano rinchiusi. Il 95% rifiutò di aderire al nazifascismo. A Biala Podlaska, il più lontano e forse il campo più oltraggioso per i soldati italiani già prostrati e indeboliti, la percentuale delle adesioni toccò il 95%. Solo 147 ufficiali resistettero ed opposero il rifiuto di aderire all’idea nazifascista)

Non si conosce l’effettivo numero degli italiani morti per causa della guerra sul fronte orientale. Non si conosce l’esatto numero dei nostri connazionali morti fra gli stenti, la fame, il freddo, per le vessazioni naziste. Non si conosce neppure l’esatto numero delle esecuzioni eseguite proprio sul luogo dove poi è sorto il cimitero militare italiano di Biala Podlaska. Si sa invece che lì ci sono 406 sepolture mute e che nel giorno della commemorazione dei defunti, il 2 novembre di ogni anno, il campo è meta di pellegrinaggio mesto e silenzioso di tanta gente.

https://www.youtube.com/watch?v=kBSjCFRp-QU

Tra i tanti anche Christina Miścicka, che da molti anni accende una candela e prega. “Mia madre – dice Christina – aveva perso due fratelli nel campo di Auschwitz. Mamma spera che qualcuno, da qualche parte, possa accendere un lumicino in suffragio dei suoi fratelli. Venendo al Cimitero Militare Italiano, intende ripagare un debito di riconoscenza a quei giovani italiani che sono morti qui in grande agonia”.