Flavia piange e prende a pallate il destino. Dovremmo imparare da lei

Flavia Pennetta ha vinto una delle più importanti partite della sua vita, contro la numero 2 del mondo. E lo ha fatto piangendo.
Esistono lacrime di paura, pianti di rabbia e di frustrazione, crisi di autocommiserazione. Lo sappiamo bene noi brindisini, bravissimi a piangerci addosso, a strapparci i vestiti, a dire quanto siamo sfortunati. Piangiamo e perdiamo, mentre gli altri vanno avanti, raggiungono risultati che noi avremmo potuto raggiungere, assumono posizioni rilevanti che un tempo erano occupate da questa città.
Piangiamo e ci accontentiamo di sentirci, se possibile, considerati. E se qualcuno vanta le nostre bellezze (vedi le foto pubblicate simpaticamente da Fiorello sui social network) quasi quasi singhiozziamo per la commozione, sorpresi come se ci fosse riconosciuto più di quello che effettivamente meritiamo.
E poi piangiamo perché la città è piena di mondezza salvo poi andare a depositare (piangendo) i sacchetti di rifiuti negli altri quartieri, approfittando del buio, guardandoci intorno furtivamente per non essere beccati. Ché se ci multano altre lacrime.
E piangono i nostri politici, bravi solo a lamentarsi di quello che non va e a ricordare i tempi in cui tutto (a loro dire) andava meglio. Dimenticando, affogati tra le lacrime, che sono stati eletti per risolverli i problemi, non per elencarli piagnucolosamente.
Anche Flavia è brindisina e piange. Ma il suo pianto, questa notte, mentre prima subiva e poi stracciava la tennista numero 2 del mondo, è diverso. E’ il pianto della rabbia, quello che non serve ad autocommiserarsi ma a trovare la determinazione per vincere, per dimostrare di essere nelle condizioni di superare qualsiasi avversità e qualsiasi avversario.
Flavia piange perché si rende conto che sta per perdere una grande occasione e ritrova in se stessa, e solo in se stessa, le energie per ribaltare la situazione e il pronostico, per riprendere la sua vita per mano, proprio come fa con il manico della racchetta. Piange e prende a pallate il destino.
Ecco perché dovremmo fare nostro il suo modo di piangere e dimenticare quello che invece ancestralmente di portiamo dietro. Qualcuno, commentando la sua vittoria di questa notte contro la Sharapova, ha scritto “Flavia sindaco”. Ecco, quello forse no. Ma Flavia Simbolo sì. Simbolo di una città che potrebbe riprendersi in mano il suo futuro. Anche continuando a piangere, ma prendendolo a pallate.
Gianmarco Di Napoli