Minnuta sorgente di generosità: la fontana famosa e quella nascosta

di Giancarlo Sacrestano

Le cronache di fine aprile 2015, raccontano che a Brindisi, alle spalle della fontana Tancredi, su via provinciale per S.Vito, sorgerà un palazzo. Documenti, autorizzazioni, concessioni e nulla osta lo consentono. Amen.

Quale significato storico abbia quella fontana, detta pure fonte grande, esempio di architettura normanna del XII secolo, fatta erigere da Tancredi per le nozze celebrate a Brindisi del proprio figliolo Ruggero con la principessa Irene figlia dell’imperatore di Costantinopoli, è più che risaputo tra i cittadini di Brindisi; 

che sia stata rimodulata su una fonte preesistente di epoca romana, non è il caso che lo rammenti io; che nei secoli sia stata preservata dalla devastazione del tempo, con costosi e importanti interventi di restauro, l’ultimo tre anni fa, che ancora gronda sacrificio dalle nostre tasche, è proprio superfluo ribadirlo ai contribuenti brindisini.

A pochi passi più a valle, all’interno di una proprietà privata, forse anche in proiezione delle fondamenta del palazzo autorizzato, quel che resta della fontana di monsignore, una piccola e riservata oasi di rigenerazione per i chierici e nobili del tempo che e qui voglio descrivere lasciando la parola direttamente alla fonte storica che ne parla: 

“[Il] giardino di Monsignore [è] situato fuori dalle mura della città poco distante da Ponte grande…. Dove c’è la fontana d’acqua dolce che scaturisce dal colle bene accomodata colò suo pilone di recipiente nicchio, cupoletta e frontespizio di marmo con n. 7 butti d’acqua di bronzo ferrati per darli e levarli a tempo e suo sostegno con l’impronta e stemma di Monsignor Arcivescovo Perlas ristoratore di quella con un condotto dell’istessa acqua sotterranea che per mezzo d’archi camina a comunicarsi in un recipiente che forma un’altra bella fonte più sotto distante passi venti dalla prima con numero cinque butti d’acqua che si trasfondono in un ampio pilone per soddisfazione e delizia dell’aspettatori ed un’altra fonte sotterranea che scaturisce dal colle di detto giardino distante dalla prima passi 50 verso ponente, con abbondanza di acqua da farsi un vaso ampio e capace per il trabucco a comodo ed uso del giardiniero per irrigare ed innaffiare tutte le piante…”   (Platea della Mensa Arcivescovile 1722)

Eppure, qualcosa fa pensare che in pochissimi sappiano cosa conservi in sé quella parte di Brindisi, perché altrimenti, tra le cose dette nei righi precedenti, avrebbe pesato e molto sul comportamento di tutti.

In qualsiasi periodo dell’anno andiate in quel tratto della via, pochissimi metri più a valle, potrete notare la persistenza di un rigagnolo di acqua che inumidisce parte della bella parete in blocchi di carparo e procede dal marciapiedi per formare una virgola d’acqua che interessa anche parte del piano stradale. 

Quello, ancor prima di essere rivolo, è segno distintivo e memoria storica della città. 

Quell’acqua sorge dalle viscere della collinetta della Minnuta, il quartiere? No l’aggettivo che al quartiere dona il nome. Minnuta in brindisino deriva da “menna” seno. Minnuta, pertanto, è aggettivo che spiega il valore intimo del seno femminile, l’abbondante generosità. 

Brindisi è femmina, accogliente, generosa, carica di premura. Chi al suo porto approda, trova un abbraccio rassicurante. Si disseta il popolo alla fonte grande, lo fa in riservatezza, il potere.

Quanto nelle menti dei tanti potenti che l’hanno posseduta, Brindisi sia stata concepita come femmina da bordello, si verifica senza tanta difficoltà.

Nonostante ne abbiano succhiato il nutrimento a sazietà, lei, Brindisi, la Minnuta generosa, ogni giorno che domineddio manda alla terra, riversa “mena” in brindisino, quel tanto di più che sa dare.

Ecco, quel rigagnolo d’acqua, che a volte bagna gli pneumatici o inumidisce le suole dei pedoni, rappresenta quel di più non da disperdere ma da donare al prossimo, come ci insegnerebbe certa aneddotica catechistica. Richiederne la protezione, finanche la custodia o persino la benedizione apostolica perché venga iscritta all’albo delle fonti miracolose, non è sfottò ma estremizzazione della cura che ognuno di noi brindisini deve avere per questa bella e naturale vocazione della città.