
Costrette a una visita di “gruppo” nell’ambulatorio medico, distese le une accanto alle altre sui lettini dopo essersi spogliate, senza neanche un paravento, in attesa della visita: una situazione a metà tra certe scene di film che riportano a lager nazisti e “Il medico della mutua” con Alberto Sordi. Ma accade nel 2015, all’interno dell’ambulatorio di Chirurgia vascolare dell’ospedale Perrino di Brindisi.
Lo denuncia una paziente affetta da tromboflebite che ha scritto una lettera di protesta al direttore generale della Asl, a quello sanitario del Perrino e al primario del reparto.
“La visita mi era stata fissata per le 9.30 e io sono arrivata all’ambulatorio alle 9.15, trovando già in attesa due persone, di cui un’anziana signora che era in ospedale dalle 7.30 e a cui era stata fissata la visita di controllo per le 8”, racconta la paziente. “Verso le 9.45 l’infermiera ci ha avvisati che avrebbe chiamato il medico, non appena fossero arrivati tutti i pazienti prenotati per il controllo e che era mal costume di alcuni pazienti non essere puntuali. Sorpresa già da queste affermazioni, ho pensato che certo il medico non avrebbe potuto visitarci tutti assieme…..”.
Ma evidentemente non sarebbe stato così. “Alle 10, quando la sala d’attesa si era riempita di pazienti, è arrivato il medico e l’infermiera, valutando che eravamo più donne a dover essere visitate, ci ha chiesto di accomodarci in una stanza, dove, con mio stupore, avremmo dovuto stenderci una accanto all’altra su dei lettini coperti da teli verdi, spogliarci e attendere che venisse il medico a visitarci.
“Tale “procedura” era già nota, poiché probabilmente di prassi, ad alcune pazienti presenti, che mi hanno messo al corrente delle modalità della ” visita collettiva”.
Sorpresa, indignata e mortificata da questa situazione mi sono opposta essendo venute meno le basilari norme igienico – sanitarie e di privacy”.
La paziente prova a protestare ma riesce ad ottenere poco: “Mi è stato proposto un paravento per schermarmi ma, non essendo il mio problema dovuto ad un eccessivo pudore, ho atteso che il medico finisse le visite agli uomini (queste fatte singolarmente in un’altra stanza) e prima che entrasse nella stanza delle donne, dove tutte erano in attesa da circa un’ora, spogliate e posizionate una accanto all’altra, ho comunicato al medico che rifiutavo di essere visitata e che volevo dargli le mie motivazioni in privato. Ho ricevuto un netto scortese rifiuto e quando ho detto che non sarei entrata in quella stanza “lager” ha ribadito che era un’offesa per le pazienti che erano lì dentro e che avrei dovuto rivolgermi alla Direzione Sanitaria.
“Il Dottore forse credeva volessi un trattamento “speciale” ma volevo solo essere trattata da paziente con dignità, rispetto e soprattutto gradivo che fosse garantito il diritto della riservatezza. Mi sono recata poi in Direzione Sanitaria esponendo le mie perplessità e la necessità di trovare un medico referente, oramai privatamente, con il quale interfacciarmi per il prosieguo della terapia. Ho trovato cortesia, disponibilità e volontà concreta di risolvere il disservizio rilevato.
“Sono stata mandata in reparto da un altro medico che mi ha trattata con la sensibilità, delicatezza e rispetto che dovrebbero essere garantite a tutti i pazienti.
Ringrazio per questo chi ha avuto la volontà di risolvere un problema (sicuramente minimo rispetto a tanti altri) e depreco chi invece, nascondendosi dietro alibi ad hoc, dimentica di aver fatto all’inizio della propria carriera un giuramento che è la base per far bene la propria professione e che dimentica, anzi vorrei dire ignora volontariamente, anche i più elementari diritti di un ammalato”.
Ora si attende la risposta della Direzione, per capire se questo tipo di visite rientrano davvero nella politica ospedaliera del Perrino.