
di Gianmarco Di Napoli
Oggi, primo luglio 2015, decretiamo ufficialmente l’inizio dell’estate balneare e la fine delle spiagge brindisine. L’immagine che abbiamo scelto non è un fotomontaggio, ma uno scatto che qualcuno ha postato su Facebook con un titolo ironico ma terribilmente verosimile: “Lido motobarche”. Due turisti che hanno scelto di prendere il sole in porto, meglio che affidarsi al limbo di un bus che ti porta verso l’ignoto. E tra un po’ il loro esempio potrebbe essere seguito anche dai brindisini.
La stagione balneare inizia oggi con oltre il 50 per cento degli stabilimenti privati, nel tratto compreso tra Materdomini e Apani, chiusi o comunque privi di servizi, e con buona parte del tratto di costa libero “tracciato” da rischi di crollo della falesia. In pratica si fa il bagno a proprio rischio e pericolo.
La stagione balneare inizia oggi con la bandiera nera issata sulla spiaggia dell’ex Lido Poste per la morte di un ragazzino annegato mentre giocava a riva con gli amici. E quella morte è passata via senza che nessuno si ritenesse responsabile, neanche moralmente, di averla cagionata.
La stagione balneare inizia oggi con la Asl di Brindisi che allestisce cinque postazioni di pronto soccorso estivo ignorando volutamente quel tratto di mare, come se fosse stato cancellato dalle cartine geografiche. Sulle spiagge tra Apani e Materdomini si può anche morire perché in fondo è ormai tutto morto: tranne i ladri che sfondano i lunotti e depredano ogni giorno le auto lasciate in sosta (ne fosse stato arrestato uno) e gli incivili che quotidianamente utilizzano la litoranea per scaricare qualsiasi tipo di rifiuto, fregandosene delle leggi e delle multe.
Il Comune ha grandissime responsabilità in questo tracollo ma esse vanno ricercate non solo in nell’ultima amministrazione perché il degrado progressivo, l’assenza di programmazione, le scelte sconsiderate hanno origini più remote. La litoranea a nord è l’emblema delle contraddizioni: è stata dotata di “parchi” che sono costati centinaia di migliaia di euro e protetti, pensate un po’, con costose telecamere di nuova generazione. Occhi elettronici a protezione degli scogli, mentre a poche centinaia di metri i ladri banchettano con le auto parcheggiate.
I parchi sarebbero stati uno splendido complemento per una costa attrezzata e valorizzata. E invece restano cattedrali nel mare, perché si è pensato a realizzarli senza prima intervenire anche sulle spiagge libere, abbandonate a loro stesse, prive di strutture igieniche, di passerelle per i disabili, di parcheggi, di sorveglianza.
Recentemente il Comune ha concentrato tutta la sua attenzione su Cala Materdomini. Bello il progetto, ambiziose le finalità. Ma per ora l’ex spiaggia ufficiali della Marina resta un ammasso di pericolose macerie che nessuno si è preoccupato nemmeno di rimuovere o mettere in sicurezza. E la gente ci va a prendere il sole, tanto la promessa del primo bagno nel nuovo lido il prossimo capodanno sembra già una bella utopia. Un bagno tra le macerie.
Se il Comune ha una responsabilità precisa nel tracollo del litorale libero non si può attribuirgli anche quella della chiusura degli stabilimenti balneari non in regola. Per decenni gran parte dei proprietari dei lidi con cabine hanno pensato di vivacchiare offrendo ai clienti il minimo indispensabile, ossia la chiave della cabina, pagata profumatamente. Quasi nessuno ha pensato di adeguare strutture vecchie, decrepite, lontane ormai da ogni canone minimo di sicurezza perché realizzate decenni addietro. Lidi in cui i servizi offerti sono minimi e in cui funziona soltanto il bar, altro sistema di guadagno sicuro. Avete mai provato ad andare in una di queste spiagge e chiedere un lettino e un ombrellone? Se ci sono, vi avranno rifilato vecchie brandine sfondate e ombrelloni bucati.
Anche quest’anno molti dei proprietari dei lidi hanno sperato di far passare la tramontana delle prescrizioni comunali. Pensavano che sarebbe stata concessa loro una nuova proroga, per tirare a campare un altro anno. E invece il Comune (e ha fatto bene) ha detto basta. Il risultato è che non si sa più dove andare a fare il bagno.
Per responsabilità pubbliche e private, oggi – primo luglio 2015 – inizia la stagione più nera della storia del litorale brindisino. Quale futuro? C’è chi si augura che sia la fine degli stabilimenti balneari muniti di cabine, ormai considerate reperti archeologici e che vorrebbe lidi dotati solo di ombrelloni e lettini, come avviene sulla costa leccese. Ma non la consideriamo una scelta giusta. La tradizione brindisina è radicata nella visione delle spiagge come luogo di “villeggiatura” e di permanenza: non avendo la possibilità (per le caratteristiche della costa) di avere le case sul mare, come avviene dalla costa carovignese in su e da quella di Torchiarolo in giù, da generazioni i brindisini vivono l’estate nelle cabine. E la scelta della famiglia Moccia, tra i migliori e più moderni costruttori in circolazione, di ricostruire lido Poste partendo proprio dalle cabine conferma che questo tipo di spiaggia ha un futuro se riproposta in chiave moderna, rispettando i nuovi dettami.
Del resto non si può pensare che in tutti i lidi possa essere vietato portarsi in spiaggia persino un panino preparato a casa e dunque spazio anche alle cabine con tavolate di riso, patate e cozze, parmigiana e interminabili post pranzo di burraco.
Dunque spazio ai lidi moderni, ma non siano cancellati quelli tradizionali per chi li ama così. Rispettando le norme edilizie e di sicurezza. Dunque
Il Comune cominci a pensare già da oggi, primo luglio, a come far rinascere la nostra splendida e trascurata costa e non solo a spendere denaro per Cala Materdomini, perché non sarà solo quella spiaggia a ridare vita a un litorale in cui ci sono ancora le macerie del vecchio campeggio e della piscina olimpica, i ruderi di Acque Chiare e chilometri di costa che non possono essere utilizzati perché non sicuri o non raggiungibili.
Oggi, giorno ufficiale della morte delle nostre spiagge, sia anche il primo della pianificazione e della ricostruzione. La crescita di questa città del resto non passa solo dal porto ma anche dalle spiagge da proporre ai brindisini e ai turisti. Altrimenti dovremo rassegnarci davvero a “Lido motobarche” e a seguire l’esempio di Renato, il ragazzo che ogni giorno si tuffa dalla banchina del lungomare gridando “com’è bella l’acqua del porto”.