Finmeccanica, gli elicotteri brindisini decollano. Il lavoro no

di Giancarlo Sacrestano

A partire dal prossimo 1 gennaio, la società Agusta-Westland, che a Brindisi produce elicotteri, sarà definitivamente inserita nel programma aziendale che trasformerà Finmeccanica da holding di gestione di diverse controllate, finora giuridicamente separate, a società unica. Il riassetto, ribadiscono, anche in questi giorni in più occasioni, i vertici di Finmeccanica, faciliterà la capacità della società unica “di coniugare, attraverso una struttura divisionale, i profili industriali con quelli di indirizzo e controllo delle proprie attività”.

A inizio anno Finmeccanica diverrà un vero colosso imprenditoriale forte di oltre 27.000 occupati. I mercati azionari danno il titolo Finmeccanica già alle prime battute del gennaio 2016, attestabile a oltre 15 €. Al primo dicembre la chiusura del titolo è stata a 13,55. La trasformazione di Finmeccanica in “One company” non modifica le prospettive strategiche del gruppo, ha detto il 26 novembre il ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi che, nel corso di interrogazioni con risposta immediata alla Camera, ha rassicurato l’interrogante, onorevole Matarrelli del gruppo Misto anche sul futuro degli stabilimenti del gruppo a Brindisi e Grottaglie.

La Signora Ministro ha dichiarato infatti: “Confermo l’impegno del Governo per il sostegno alla competitività del settore aeronautico e degli stabilimenti del Mezzogiorno – ha detto il ministro -. La “One company” non modifica le prospettive strategiche, né le prospettive degli stabilimenti del Mezzogiorno”. Tutto bene allora. Tutti contenti e soprattutto, ottime le prospettive di sviluppo per la più alta concentrazione di industrie strategiche d’Italia. Nel nuovo organico di Finmeccanica entrano con Agusta-Westland, anche Alenia Aermacchi, Oto Melara, Selex Es e Wass. Tutte industrie impegnate nell’aerospazio e nella produzione di armamenti.

Gli osservatori di geopolitica prefigurano per la costituenda “one company” affari d’oro, attesi i vari teatri di guerra dove si manifesta più visibilmente l’attività di vendita di armi e strumenti di offesa e difesa. Insistenti si fanno le voci per il recupero dell’appalto per 12 elicotteri AW-101 VVIP da 556 milioni con l’India, per il quale sono stati inquisiti per corruzione i vertici di Agusta Westland, mentre per lo stesso Paese, sembra affidabile la possibilità della fornitura di ben 100 elicotteri leggeri AW 109 per un controvalore di ben 2 miliardi. I mercati finanziari pertanto si preparano ad una previsione che vedrebbe la crescita del valore delle azioni a più del 3%.

Ed ancora. Il neo ministro della difesa di Polonia, Antoni Macierewicz, ha già affermato di voler rivedere l’appalto da 3 miliardi per l’acquisto di elicotteri, attribuito dal passato governo alla Francia, preferendola all’Agusta Westland che produce elicotteri nello stabilimento di Brindisi e nell’impianto gemello polacco della città di Swidnik. Traducendo in soldoni, la importante azienda, che a Brindisi produce elicotteri, risulterebbe, tra commesse in essere e quelle in via di definitiva attribuzione, un centro nevralgico della neo “one company” Finmeccanica, che conviene ricordarlo è ampiamente sostenuta dalle finanze statali, registrando nella sua compagine azionaria proprio il Ministero dell’economia e delle finanze.

Eppure, questo straordinario piano industriale trova il forte contrasto della FIOM, il sindacato dei lavoratori del settore meccanico. Il sindacato, non ha firmato alcun accordo, peraltro sottoscritto a nelle settimane trascorse dalle altre maggiori sigle sindacali, per il mancato rispetto di quanto previsto dall’ articolo 47 della Legge 428/90, che stabilisce a carico dell’azienda entrante, il mantenimento degli organici e delle mansioni. Nello stabilimento Agusta-Westland di Brindisi, si sono levate le voci dei lavoratori diretti, ma anche quelli dell’indotto, rappresentato, fra gli altri dalla DEMA, la società che dal 2006, con un organico di 130 unità, offre la propria capacità produttiva all’Agusta Westland di Brindisi per le lavorazioni di assemblaggi per le cabine di elicotteri.

La assoluta assenza di proposte di lavoro e la crisi endemica in cui versa il territorio brindisino, necessita di uno shock positivo i cui attori principali, lavoratori ed imprese, non possono essere lasciati soli nella soluzione del conflitto tra chi intende pagare, poco chi lavora e chi è costretto, dal ricatto di non avere alternative, a guadagna poco. Manca un tessuto connettivo sociale che coinvolge gli assenti per eccellenza, i politici amministratori, intrappolati in conciliaboli asfittici e vedute miopi.

Mancano le componenti della cosiddetta società civile, schiacciati nella paura di proporre e di sostenere a chiare lettere le ragioni di chi soffre e scalfire le rendite di posizione di chi può permettersi il lusso di fare a meno del territorio. Brindisi, al netto di tutto questo, è infrastrutturata con veri diamanti della industria d’avanguardia. Non basta accontentarsi di ricordare che l’industria aeronavale ebbe proprio a Brindisi il suo battesimo nel lontano 1934 e che gli stabilimenti originari presto, se arrivano i soliti finanziamenti ricevuti per grazia e non per tenace e verace progettualità, potrebbero diventare officine di cultura. Salvare ogni posto di lavoro del distretto aeronautico di cui non abbiamo consapevolezza, significa salvare un briciolo di futuro per i nostri figli.

Gli elicotteri, decolleranno, ma non solleveranno di un centimetro le troppe persone che sperano in un lavoro e le altrettante che se lo vedono vacillare ogni giorno.