Egregio Direttore,
mi presento: sono Antimo Tateo, residente in contrada Giambattista Schiavone, contrada posta ai margini del quartiere Sant’Elia.
Scrivo per sollevare la questione delle periferie a Voi tutti, istituzioni, organi di informazione e cittadini.
Faccio una premessa indispensabile che mi aiuta a descrivere meglio la situazione attuale.
Nei lontani anni 80, a margini di Brindisi, così come nei pressi di Tuturano, è sorta spontaneamente una nuova periferia.
Contrade Giambattista, Schiavoni, Muscia, Montenegro, Torre Rossa sono le nuove periferie o perlomeno vanno ad aggiungersi ai quartieri periferici.
Costruzioni realizzate abusivamente hanno dato vita a veri e propri quartieri con tanto di strade.
Appezzamenti di terreno frazionati illegalmente anche in modo discutibile e strade che nella maggior parte dei casi non rispettano le dimensioni standard che la legge e i vari progetti di recupero prevedrebbero.
Negli anni i residenti sono stati presi in giro e continuamente illusi circa interventi mai realizzati o realizzati privatamente, fatta eccezione per i sistemi idrici e fognari che di recente sono stati realizzati grazie a fondi comunitari in alcune vie delle contrade poc’anzi citate.
E’ vero che tali zone sono nate abusivamente, ma in più anni e sotto vari governi, sono state usate come salvadanaio per racimolare risorse tramite pratiche di condono sempre più esose. Come è vero che in trenta anni di esistenza i residenti hanno dovuto realizzare e mantenere in completa autonomia strade e illuminazione pubblica (se così si possono definire).
In alcune vie si è ricorso al proprio portafoglio anche per la creazione dei tronconi di acquedotto e scarichi fognari. Lì dove il comune non è intervenuto ci hanno pensato i cittadini a rendere un po’ più dignitosa una parte di città che nonostante tutto paga le tasse e i tributi.
Nonostante i servizi siano quasi del tutto assenti.
Giusto per citarne alcuni: la posta non arriva puntuale (quando arriva); le strade sono buie nonostante le luci lasciate accese dai residenti tutte le notti (manca l’illuminazione pubblica); le buche sull’asfalto diventano sempre più grosse finché qualcuno di buona volontà non le copre temporaneamente (strade private); c’è erbaccia quanto basta per far proliferare topi, insetti e talvolta anche rettili di vario tipo, la maggior parte delle abitazioni non è ancora allacciata alla rete idrica e fognaria nonostante siano state realizzati i relativi tronconi; c’è sporcizia e scarsa igiene e non c’è il minimo spiraglio di sicurezza date le condizioni critiche poc’anzi descritte; bambini e mamme per poter passeggiare sono costrette a spostarsi in macchina verso parchi o altri quartieri, così come per fare la spesa o recarsi presso un qualsiasi sportello.
Eppure sono trenta anni che “esistiamo”, trenta anni dalla prima legge di condono. Eppure anche noi paghiamo le tasse. Anche noi dovremmo contare qualcosa.
Non di rado abbiamo chiesto incontri e interventi ai nostri amministratori ma ogni tornata elettorale veniamo dimenticati come da sempre accade. Le promesse svaniscono e non c’è l’ombra di progetti o piani di intervento per il prossimo futuro. Nonostante la consapevolezza di essere partiti da una posizione di difetto, nonostante il continuo impegno a collaborare, nonostante la voglia di regolamentare le nostre posizioni, nonostante i doveri in assenza dei diritti restiamo abbandonati a noi stessi, privati del decoro e della dignità che ci spetta.
Così due giorni fa, dopo aver letto dei fondi comunitari messi a disposizione di progetti di riqualificazione delle periferie, il dubbio di restare nuovamente fuori da ogni intervento di recupero è tornato a scuoterci.
Di noi non parla nessuno, nessuna voce alimenta la nostra causa se non come spot elettorale da riproporre ogni volta che ce ne sia bisogno. Possibile non si comprenda la necessità di intervenire e migliorare la situazione? Dobbiamo essere lasciati a noi stessi in attesa che un giorno qualcosa inizi a muoversi?
Possibile che non ci sia nessuno disposto a rivedere lo sviluppo della città in un’ottica di consolidamento di quanto già esiste? Non si può discutere di PUG solo per proporre nuove aree edificabili o villaggi turistici. C’è una parte di città che chiede di poter avere gli stessi diritti e doveri del resto della città. Persone come le altre che vogliono vivere il proprio quartiere come tutti gli altri già possono fare.
A questo punto mi rivolgo nuovamente a Lei Egregio Direttore, con la richiesta che questo mio appello possa essere reso pubblico, che possa essere condiviso e sponsorizzato il più possibile e possa essere di impulso a un nuovo dibattito costruttivo che dia un senso a trenta lunghissimi anni di nulla.
La prego, pubblichi questa nostra richiesta di aiuto, ci aiuti a trovare le voci di cui abbiamo bisogno.
Distinti saluti
Antimo Tateo (Brindisi)