A 24 anni apre un laboratorio per riparare strumenti musicali: unico in Puglia

Sembrerebbero passioni inconciliabili l’una con l’altra, la musica e la meccanica, eppure il ventiquattrenne mesagnese Gabriele Pezzolla, fondatore del laboratorio omonimo in cui si riparano e restaurano strumenti musicali usati, è riuscito nell’impresa di combinarle dando vita ad una realtà unica nel suo genere, le cui prospettive future, a pochi giorni dell’inaugurazione, appaiono già in tutte le loro allettanti potenzialità. Siamo a Mesagne, in via Santa Rosa n.6.
Di laboratori musicali come il suo, in Italia, ne esistono meno di dieci. In Puglia è l’unico. I piccoli artigiani che svolgono la sua stessa attività lo fanno in maniera “casalinga”, spesso “in nero”, e si occupano di un solo tipo di strumento: il Maestro Pezzolla, al contrario, è in grado di intervenire su una trentina di strumenti diversi (buona parte dei quali conosce benissimo anche perché sa anche suonarli), a tutti dedicandosi con la professionalità acquisita in circa un decennio di applicazione quotidiana.
Diplomato all’istituto per Geometri e pochi mesi dopo laureato in Flauto Traverso al Conservatorio Paisiello, Pezzolla insegna musica nelle scuole medie e collabora con le consolidate realtà artistiche che fanno capo all’associazione “Note nel Pentagramma”, fondata dal padre Carlo e attiva da circa quindici anni sul territorio brindisino.
A suonare gli strumenti per cui non ha studiato al conservatorio ha imparato quando ha iniziato a ripararli: “Per capire se sono stato bravo”, scherza, “ho bisogno di testarli. Sono principalmente autodidatta, ma ce ne sono alcuni che faccio collaudare da altri professionisti. Ad esempio, per le fisarmoniche mi avvalgo della consulenza di mio fratello Paride, Maestro fisarmonicista di grande esperienza, del quale mi fido completamente”.
Pezzolla ha scelto la via della riparazione di strumenti antichi in funzione del recupero di una tradizione che in Italia, con la chiusura delle ultime fabbriche produttrici (o la vendita dei marchi ai colossi cinesi), si è quasi del tutto smarrita. Li colleziona da tutto il mondo, prevalentemente flauti, ma quelli che apprezza di più sono gli strumenti di fattura artigianale americana: “Per tradizione, gli Usa sono imbattibili. Ma anche qui in Italia c’erano fabbriche di elevato livello. La “Ida Maria Grassi”, per esempio, ha dato del filo da torcere a tutti i più grandi produttori mondiali. Poi, qualche anno fa, hanno venduto alla Cina. Adesso, con lo stesso identico marchio, vengono prodotti strumenti completamente diversi: non con le stesse leghe, non con le stesse rifiniture di qualità, non con la stessa attenzione ai dettagli”, dice con amarezza. Poi continua, descrivendo il tipo di attività che svolge: “Tutti gli strumenti che si trovano nel mio laboratorio sono usati e rigenerati. Non tratto la vendita del nuovo, per una scelta ben precisa: il mio nasce come laboratorio di assistenza, riparazione, restauro e personalizzazione di strumenti usati e vintage. Vendere il nuovo significherebbe fare concorrenza ai rivenditori che già affrontano le loro difficoltà, specialmente in un periodo come questo. Poi c’è un altro motivo: dare la possibilità, alle famiglie dei ragazzi che vogliono avvicinarsi al mondo della musica e non possono permettersi la spesa del nuovo, di acquistare uno strumento usato, ma di qualità, invece che uno nuovo il cui livello potrebbe non essere all’altezza degli studi che i giovani devono intraprendere. Le famiglie, pur di risparmiare, acquistano strumenti provenienti dalla Cina, visto che sono i più economici. Spendono poco, ma a discapito della qualità. Rimettere a nuovo uno strumento di qualche anno fa, magari fabbricato in Italia, significa permettere ad un ragazzino di imparare la musica con uno strumento dignitoso”.
A parte queste nobili motivazioni, che certamente gli fanno onore, il sospetto è che smontare e rimontare gli piaccia così tanto da impedirgli di rinunciare al gusto che deriva dal restituire nuova vita a qualcosa che viene comunemente dato per spacciato o, qualche volta, persino smaltito in pattumiera senza troppe cerimonie. Come le due magnifiche, coloratissime, concertine del Settecento dipinte a mano, i pezzi più antichi presenti nel laboratorio, del quale lo sprovveduto proprietario, liberandosene, non aveva evidentemente riconosciuto l’immenso valore storico. A vederle, su quel ripiano di legno chiaro incuneato in una nicchia di muratura a vista, ci si sente catapultati indietro di tre secoli, al tempo in cui i giullari di corte si esibivano a beneficio dei nobili nei palazzi antichi delle città. Pezzolla non ne ha ancora iniziato il restauro, ma il solo pensiero di poggiare le mani su tali gioielli di artigianato lo emoziona profondamente: “Hanno la cassa interamente in legno, un mantice doppio, più grande rispetto a quello delle comuni fisarmoniche, e grazie a questa cassa di risonanza producono un suono unico. Una volta rimesse a nuovo, nelle mani di un professionista sensibile, sarà uno spettacolo ascoltarne la musica”.
Per quanto le concertine siano il pezzo forte del laboratorio, il suo cuore di musicista, innamorato degli strumenti a fiato, batte forte per un piccolo sax marchio Buescher (azienda che ha fatto la storia del jazz) e per un sax contralto con la campana placcata in oro, entrambi americani, entrambi del 1920, che esteticamente mostrano orgogliosamente i loro anni, ma meccanicamente sono stati messi a punto con la pazienza e la competenza che, da circa un decennio, Pezzolla dedica a ciò che ama di più.
La prima nota l’ha suonata a cinque anni e non sarebbe potuto essere diversamente: padre insegnante, concertista e fondatore di una banda musicale; sorella, Serena, architetto e diplomata in Clarinetto; fratello, Paride, insegnante e diplomato in Fisarmonica. La musica è, dunque, per i Pezzolla un affare di famiglia: “Siamo cresciuti tra le note. Mio padre ci ha trasmesso la passione ed è stato naturale per tutti e tre noi fratelli frequentare il conservatorio e diventare professionisti. Oltre a questo, con la nostra associazione musicale, “Note nel Pentagramma”, teniamo corsi di musica, svolgiamo attività concertistica e abbiamo fondato una banda musicale, la “Banda Giovanile Majorettes & Sbandieratori Città di Mesagne”, che è stata dichiarata di interesse nazionale. Ci sono nostri giovani allievi, professionisti e collaboratori non mesagnesi. Le trombe suonate dagli sbandieratori, ad esempio, sono state costruite da me: sono trombe particolari, lunghe, perché vi si appenda la bandierina, e hanno soltanto un pistone”, sottolinea Gabriele Pezzolla con l’orgoglio tipico degli artigiani.
La natura gli regala manualità e fiuto per la meccanica, lui mette a frutto i doni costruendosi i giocattoli da solo e diventando autosufficiente nella manutenzione del suo strumento. È cominciata proprio così la sua passione per il recupero e per il restauro, rimettendo a nuovo il suo flauto, quando ha quindici anni, è ancora un allievo del conservatorio e non può permettersi di attendere i tempi biblici dell’unico tecnico in grado di intervenire: “Ci rivolgevamo ad un musicista di Lecce, perché qui in zona il servizio di riparazione e assistenza è praticamente inesistente. Significava attendere, per ogni revisione, non meno di un paio di mesi. Quindi un giorno ho preso quei pochi attrezzi che avevo in casa e ho cominciato a lavorare sul mio flauto. Da allora non mi sono più fermato”.
È così che il “puffo inventore”, come lo chiamano in famiglia per via delle sue abilità, è diventato un giovane uomo capace di restituire agli strumenti musicali di cui si occupa il loro antico splendore estetico e la lo loro piena funzionalità.
Gli strumenti che restaura o ripara li acquista nei mercatini o, più raramente, in rete (“ma su internet è facile essere truffati, spesso mi è capitato di denunciare i venditori perché il prodotto acquistato non corrispondeva alla descrizione o non mi è mai arrivato, per questo ormai preferisco comprare di persona”), li osserva, li smonta, sostituisce pezzi, ne studia l’interno e ne decora l’esterno con incisioni originali ideate da lui o realizzate su richiesta dei clienti.
Una fase estremamente soddisfacente del suo lavoro, secondo Pezzolla, è proprio la personalizzazione degli strumenti in base alle esigenze del musicista. Gli è capitato di adattare strumenti per persone disabili o per bambini le cui dita erano troppo corte per le normali dimensioni dei tasti o delle chiavi: il piacere che prova consentendo a qualcuno di suonare, facendogli superare i limiti fisici, lo appaga e lo motiva a continuare nell’attività che, per quanto appena iniziata, già può contare su di un bacino di clienti che si estende ben oltre i confini regionali pugliesi.
Alla domanda se si senta più artista o più artigiano risponde senza tentennare: “Sicuramente più artigiano. Anzi, adesso che ci penso, mi sento proprio un meccanico degli strumenti. Da questo punto di vista, sono la pecora nera della famiglia, visto che ho abbandonato da un po’ l’attività concertistica per dedicarmi al progetto della rigenerazione degli strumenti e per poter investire tempo ed energie nel laboratorio”. E da meccanico ragiona quando dice che “Uno strumento musicale è come una macchina: ogni anno ha bisogno di manutenzione ordinaria, ogni cinque o sei anni ha bisogno di un intervento un po’ più drastico. Io non ho mai sopportato il concetto di strumento “usa e getta” e trovo sbagliato che in conservatorio ci venga insegnata la musica ma non come prenderci cura dei nostri strumenti. È questo il motivo per il quale spero di poter realizzare, in un futuro non troppo lontano, dei laboratori mirati proprio alla formazione in tema di minima manutenzione, in modo che ogni musicista sia autonomo”.
Ma non si ferma qui, il sogno di Gabriele Pezzolla: timidamente, azzarda di poter brevettare e vendere in tutto il mondo i piccoli “allenatori” per chi suona la tromba, da lui progettati e poi costruiti con la stampante 3d per aiutare i trombettisti ad esercitare la flessibilità del labbro e i muscoli delle dita. In modo ancor più esitante, fantastica di produzione artigianale di strumenti musicali, sul modello delle vecchie fabbriche che adesso in Italia non esistono più: “È ancora troppo presto per parlarne, ma quanto sarebbe bello se riuscissimo a rendere Mesagne un centro di riferimento a livello musicale? Io ci spero”, conclude.