Addio a Monsignor Settimio: scomparso a 100 anni il vescovo più amato

Di Alessandro Caiulo per il numero 396 de Il7 Magazine
La notizia è giunta mercoledì, all’ora di pranzo, nelle case dei brindisini ed ha suscitato un moto di commozione sincero: è deceduto a Villa Specchia ad Ostuni, dove si era ritirato all’indomani del suo pensionamento venticinque anni fa, il centenario di età e centesimo in ordine cronologico, Arcivescovo di Brindisi, mons. Settimio Todisco, semplicemente don Settimio, come amava essere chiamato dalle tre generazioni di fedeli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo ed apprezzarlo nei suoi 78 anni di sacerdozio, di cui 55 anni da vescovo. Con i suoi 100 anni, 10 mesi e 22 giorni di età, è stato anche il vescovo più longevo d’Italia.
Qualche cenno biografico appare opportuno per meglio farlo conoscere, specialmente alle nuove generazioni: nacque a Brindisi il 5 maggio, anche se fu dichiarto all’anagrafe cinque giorni dopo, del 1924; dopo aver frequentato il Seminario Diocesano di Ostuni, completò gli studi nel Pontificio Seminario Regionale di Molfetta ed il 27 luglio 1947 venne ordinato presbitero nella Cattedrale di Ostuni, dall’Arcivescovo Metropolita di Brindisi Francesco De Filippis che lo volle subito Vice Rettore del locale seminario; tre anni dopo, a seguito del trasferimento del seminario a Brindisi, di cui fu nominato Rettore, tornò nella città natia svolgendo anche il ruolo di insegnante di religione presso l’Istituto magistrale e di assistente spirituale della F.U.C.I.( Federazione Universitari Cattolici Italiani).
Nel 1957 l’arcivescovo Margiotta lo inviò nuovamente ad Ostuni come canonico teologo, prefetto di curia, delegato vescovile per l’Azione Cattolica ed assistente del Movimento Laureati.
Nel 1962 gli venne affidato l’ufficio di Vicario Generale e, l’anno successivo, ricevette la nomina pontificia di protonotario apostolico. Fu anche arciprete del capitolo cattedrale, insegnante di religione nel Liceo classico e membro della Consulta dell’Istituto pastorale pugliese.
Come sopra accennato, nel 1970 fu ordinato vescovo dal cardinale Ursi, nel corso di una cerimonia tenuta nella Concattedrale di Ostuni e gli venne affidata la sede episcopale di Molfetta dove Don Tonino Bello gli fu successore oltre che amico sincero.
Mezzo secolo fa, il 24 maggio 1975, divenne Arcivescovo Metropolita di Brindisi.
La sua attività pastorale, sempre improntata all’ascolto ed al dialogo, ha dato molti frutti sia all’interno che all’esterno della Chiesa, dal momento che la sua onestà intellettuale, il suo amore per la verità, il suo non tirarsi mai indietro e, soprattutto, la sua apertura al dialogo con chiunque, fu molto apprezzata anche da chi la pensava in modo diametralmente opposto: laici o anche atei che fossero. Inoltre fu uno dei primi vescovi a scendere personalmente in campo e senza remore sia per la tutela dell’ambiente che per quella dei lavoratori e dei loro diritti, in un periodo in cui le cose non erano affatto così scontate come oggi. Molti ricorderanno la sua sincera commozione per la morte, a seguito dell’esplosione dell’impianto P2T, di tre operai del petrolchimico la notte dell’Immacolata del 1977, e come alzò la voce per dire che una disgrazia del genere non si sarebbe mai più dovuta ripetere. Quando nel 1980 venne in visita a Brindisi, anche per ricordare le vittime del petrolchimico, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, i due, anche se venivano da percorsi di vita diametralmente opposti, si trovarono molto in sintonia.
Impareggiabile è stato il suo impegno per le missioni: dopo aver mandato nel 1980 i missionari della Consolata a Marsabit, in Kenia, si impegnò anche per la costruzione di un ospedale e, nel 1990, vi mandò due sacerdoti diocesani, Don Donato Panna e Don Fernando Paladini, sostituiti, qualche tempo dopo da don Giuseppe Satriano – da lui ordinato dapprima diacono e poi presbitero – attuale Arcivescovo di Bari. Si recò anche personalmente in Kenia in visita pastorale. Tale è stato il suo impegno per le missioni che fu anche nominato membro della commissione della cooperazione missionaria tra le Chiese della Conferenza Episcopale Italiana, della quale fu prima segretario e in seguito addirittura Presidente.
Da buon nocchiero ha sempre saputo condurre al sicuro la nave in tempesta e da buon pastore si è sempre preso amorevolmente cura del suo gregge come nell’estate del 1994, quando a Brindisi in località Uggio spopolavano le finte apparizioni della Vergine Maria al falso veggente Paolo Catanzaro (oggi Sveva Cardinale), egli scrisse una precisa e coraggiosa lettera a tutti i parroci della diocesi con cui non solo lo sconfessò apertamente, ma diffidò i fedeli a partecipare a quelle messe in scena.
Il suo stemma episcopale aveva come motto “Corde et Fide” (col cuore e con la fede), in cui la fede era simboleggiata da una semplice croce ed il cuore era rappresentato dal mare e dalla terra, proprio come la amata gente di Brindisi che è da sempre divisa fra terra e mare.
Una devozione a cui non è mai voluto mancare nei venticinque anni di suo episcopato attivo in terra di Brindisi e che lo ha ancor di più fatto amare non solo dai fedeli ma dall’intera popolazione, è stata quella della processione sul Cavallo Parato, nel giorno del Corpus Domini. Tutti quanti hanno superato gli “anta” sicuramente ricordano questo omone sulla bianca cavalcatura portare per le strade di Brindisi, circondato dalle autorità e seguito da una folla immensa, l’antico ostensorio settecentesco in argento con l’Ostia Consacrata.
La speranza è che ora illumini dall’alto il suo successore e lo spinga a salire a cavallo o, quanto meno, fare salire su quel bianco cavallo un suo delegato per riprendere quella che non è certamente una manifestazione folcloristica o una spettacolarizzazione devozionale, ma un qualcosa che incarna, più di ogni altra cosa, l’anima e la fede di un popolo da sette secoli a questa parte.
In conclusione, tranne la parentesi molfettese, dei 78 anni di attività pastorale da lui svolta, ben 73 anni, di cui 50 da arcivescovo, sono stati a beneficio della nostra arcidiocesi. E se è vero, come è vero che don Settimio ha tanto amato Brindisi, è ancor più vero che la sua città ha ricambiato questo amore: il tutto è testimoniato da una sua intervista in cui ebbe ad affermare “è vero, la città mi vuole bene, ed è vero che anche io voglio bene a questa città” ed il suo testamento spirituale può riassumersi in quest’altra frase, pronunciata quando era ormai da anni a riposo a Villa Specchia: “Ho cercato di essere un buon prete, coltivando lo studio, la cultura, le virtù, la vocazione. Cose indispensabili per crescere e per maturare la propria personalità”.