Il nuovo D.P.C.M., acrostico che abbiamo cominciato a conoscere da qualche mese, ci obbliga a non uscire dai confini comunali e questo limite, opprime e indispone.
Siamo nel bel mezzo di una pandemia che mette a durissima prova la tenuta sociale, il rispetto delle regole e la speranza che tutto finisca presto.
Cercare e trovare le ragioni della speranza, superare i momenti di sconforto e darci incoraggiamento reciproco, significa avvalersi di un equilibrio che non sempre ci conforta, che non sempre ci appartiene.
L’incontro con i parenti lontani, gli amici, le nuove conoscenze è limitato a qualche video chiamata e già si prefigura un “Natale con i tuoi” tanto esistenziale, che a tavola, bene sarà che viene ospite il gatto di casa.
Non possiamo nascondere il disagio e una certa inclinazione alla nostalgia, di quando, fancazzisti come siamo, da tempo uscivamo, tanto per far morire la noia, perché una gioia, lo sappiamo, mai una.
Il cammino che propongo questa settimana è meravigliosamente semplice e possibile senza lasciare il territorio comunale della città capoluogo della Messapia.
A volerlo fare in bici se non a piedi, non è reato, anzi.
Lasciato il centro cittadino, all’angolo di via Benvenuto Cellini, si percorre facilmente la via per contrada Schiavoni, gustando il sapore antico della toponomastica efficacemente evocativa di un’area urbanizzata di periferia, così la teoria di vie riecheggia mestieri, lavori, e dai contadini ai pescatori è un isolato, e poco più in là trovi via dei palombari per non dimenticare via dei panettieri. Occorrerebbero ore per approfondire, questo amore per il lavoro artigiano e chi lo compie e come si abita in questo scorcio di città, la cui prospettiva non è altrettanto gradevole quanto il richiamo ai lavoratori.
Se c’è una cosa che a Brindisi manca, quello è il lavoro ed il rispetto per chi se lo inventa, lo esercita e lo ama.
Poco fuori città la strada, sempre la stessa diventa di competenza dell’Amministrazione Provinciale e le due corsie diventano Strada provinciale n.80.
La trasformazione della collinetta di rifiuti urbani di tanti anni fa, divenuta area verde con gli alberi che ne fanno corona, pure lei meriterebbe ascolto, come pure la stazione della SNAM del gasdotto nazionale che qui vedrà approdare ben tre condotte di gas provenienti dall’atra sponda del mare ed i cui lavori sono in avanzato stato di avanzamento e che non sono indifferenti al “caminante” che da lì a pochi chilometri, intercetta sulla medesima strada. Da qui i rimanenti tre chilometri dei totali 7 è un seguirsi di campi di vigna ed uliveti.
Una repentina curva a destra e neppure 500 metri e rompe la sequenza di coltivati, un’area boschiva di circa 15 ettari, il cui nome riecheggia se non un mestiere, una missione, quella del prete.
Ci troviamo in un luogo storicamente noto come “Feudo Calone” una proprietà già nota nel 1200 e che riporta la titolarità dei beni alla Chiesa di Brindisi.
Non mi voglio avventurare nella cronaca storica, ma se il nome è derivato dalla finzione dei proprietari, preti per davvero, ciò che colpisce il visitatore, è la composta ospitalità che regala il bosco
Una sbarra, senza lucchetto, invita a non entrare con mezzi a motore, ed una serie di cartelli, spiegano e sollecitano attenzioni alla natura, al suo rispetto, ai comportamenti consentiti o non permessi.
Parrà strano, ma sento lo stesso rispetto reverenziale per un luogo sacro, poso il piede evitando di calpestare fiori e piante, quantunque mi mantenga sul sentiero tracciato e ben manutenuto.
La cura è evidente ed bosco che ti scorre accanto, coi suoi colori, i suoi suoni, i suoi profumi, ti mette a tuo agio e piano piano, il tempo scandito dall’orologio, smette di scorrere, perché qui è la luce e l’ombra, le voci del bosco a farti capire che ora è.
Recuperare il respiro e allontanarlo dall’asfissia urbana è tutt’uno col desiderio di guardare oltre, dentro la coltre di tronchi rami foglie, frutti che, non è retorica, inebriano ed emerge da dentro una sensazione impossibile altrove.
Accostare la mano al tronco di una quercia da sughero e sentire che quello strato morbido e rugoso, non va strappato dal tronco, non è atto remissivo al regolamento, ma consapevole gesto di rispetto. E ritornano le norme di comportamento: è fatto divieto di introdurre nuove piante o animali, com’è pure fatto divieto estirparle o cacciarle.
Non c’è film di avventura, di qualche eroe alla ricerca di qualcosa di perduto, non c’è documentario della Geographic Society che tenga, davanti allo spettacolo, naturale e per niente scontato, che si vede affondando i passi in questo piccolo lembo di terra brindisina che profuma di storia.
Una storia che accomuna quest’area ad altre aree boschive del comune e che sono oggetto di programmazione regionale.
Tra i pannelli divulgativi, uno esaudisce il piacere di sapere dove ci si trova e leggo: “Con il PSR Puglia 2007-2013 Asse II – Misura 227 “Sostegno agli investimenti non produttivi” Azione 3 “Valorizzazione turistico-ricreativa dei boschi”. Interventi di valorizzazione dei percorsi naturalistici presso “Bosco Preti” in agro di Brindisi (BR) è stata istituita, ai fini di tutelare il bosco Preti, insieme al bosco Santa Teresa e al bosco Lucci, per le peculiarità floristiche e la funzione ecologica conservazionistica, la Riserva Naturale Regionale Orientata “Boschi di Santa Teresa e di Lucci” (Legge Regionale 23 dic. 2002, n. 23)
Il bosco Preti, di proprietà regionale si estende su un’area pianeggiante poco superiore ai 15 ettari a circa 50 metri sul livello del mare.
La formazione boschiva di origine naturale rappresenta un relitto dell’antica copertura forestale che un tempo si estendeva su vaste aree della piana della provincia di Brindisi.
I boschi di pianura primevi indicati con il termine di “boschi planiziari”, nella provincia coprono una estensione complessiva di circa 150 ettari costituendo una realtà puntiforme in un contesto territoriale costituito da un tessuto a matrice agricola.
Il particolare valore ecologico-conservazionistico, di alcune formazioni boschive della pianura Brindisina, è dato dalla presenza nella componente vegetazionale della Quercia da sughero, che nel bosco “Preti” rappresenta l’elemento principale della fascia arborea.
L’attuale fisionomia del bosco è ascrivibile ad una formazione a macchia alta in cui prevalgono essenze arbustive tipiche della macchia mediterranea, quali Lentisco, Mirto, Fillirea, Corbezzolo, Cisto, Biancospino, Ligustro.
Tra le essenze di rilievo floristico si segnala l’Erica arborea e l’Erica pugliese, perché pur essendo specie relativamente diffuse nel mediterraneo, nella provincia di Brindisi hanno una diffusione estremamente localizzata e il bosco Preti rappresenta la stazione maggiormente rappresentativa.
I pochi boschi relitti della provincia di Brindisi oltre all’elevato valore vegetazionale, hanno un estremo interesse conservazionistico rappresentando un importantissimo rifugio per la fauna selvatica in ambienti fortemente trasformata dalla presenza antropica.
La fauna presente è quella tipica del bioma mediterraneo, pertanto comprende per di più specie capaci di usufruire e muoversi nei diversi ambienti quali coltivi, macchia mediterranea, boschi, incolti e prati.
Presenti sono la Volpe, specie diffusa sull’intero territori, utilizza diversi habitat per reperire il cibo e gode, tuttavia, di queste aree con presenza di vegetazione spontanea, soprattutto da utilizzare come rifugio.
Sono presenti anche mammiferi appartenenti alla famiglia dei mustelidi quali la Faina, la Donnola e il Tasso. Fra gli insettivori sono diffusi il Riccio, la Talpa e il Topo Ragno.
Il bosco Preti un ottimo rifugio e fonte di cibo per l’avifauna, grazie alla vegetazione fitta e alla varietà di specie arbustive ricche di bacche. Durante l’inverno si popola di piccoli uccelli quali: Merli, Tordi, Pettirossi, Fringuelli. Presenti anche i rapaci notturni quali: Barbagianni, Civetta e Gufo comune.
Ricca la presenza di rettili, quali il Biacco, diffuso in tutto il territorio e rappresenta la specie più comune, il Cervone, il Colubro leopardino, la Natrice.
Tra gli anfibi, si riscontra il Rospo comune e la Raganella”.
Ho percorso i sentieri, mi sono appoggiato alla staccionata, come seduto alla panchina sotto una quercia e notato tra i rami le casette per i volatili, ho sentito alleggerire mente e cuore dalle ansie e dalle preoccupazioni, ma quel che più conta è la facilità istintiva, con cui questa poderosa zolla di terra, sia in grado di trasmettere un messaggio, chiaro e netto: lo sviluppo è una strada non impossibile ma difficile ed il suo grado di difficoltà sta nella quantità di convenienze che ne disturbano il percorso.
Ci si accorge, stando in silenzio, in un bosco, come le ragioni vere, non sono la speculazione di ogni chilometro quadrato di territorio, ma la qualità della vita che ogni chilometro quadrato regala.
L’antico “Feudo Calone” era una vasta area che conteneva le attuali superfici della cittadella ricerca e del centro commerciale Appia Antica a nord per arrivare sino a comprendere i boschi Lucci e Prete, per arrivare sino al cantiere TAP a sud.
Ovvero il diverso ed il tutto, che uno sviluppo possa offrire, e che solo la rispettosa cura degli umani può indirizzare verso il bene o il male.
Appoggiato al bastone che mi guida e mi accompagna, preferisco condividere questo pensiero che dare indicazioni di dove e come si possa costruire uno sviluppo sostenibile. N
on sono un addetto, non ho cugini tuttologi e quel che mi preme è offrire uno spunto di riflessione che non costa altro che una passeggiata, a piedi, in bici, perché ogni brindisino che lo voglia, faccia una passeggiata e si ricongiunga con le proprie radici, ataviche, profonde e ne tragga giovamento e per i polmoni e per lo spirito.
La mente farà il resto.