
Scrive l’architetto Andrea Trebbi nel 2009, partecipando ad un concorso relativo alla realizzazione di un Centro servizi polifunzionali / Aree Portuali, per la riqualificazione dell’area Sant’Apollinare di Brindisi: “La rappresentazione grafica enuncia l’indagine, la strategia e l’organizzazione funzionale richieste dall’esercizio dell’attività portuale e indicate dal documento preliminare di avvio alla progettazione: la prestazione di riabilitazione dello storicizzato ex capannone Montecatini, lo investe del ruolo di fondamentale interprete della vita del nuovo porto di Brindisi e, parallelamente, la calibrata tessitura del suo esteso spazio esterno intende esprimere l’opzione della versatilità di potersi eventualmente conformare anche alla programmazione alternativa di eventi espositivi e fieristici”.
Di anni ne sono trascorsi 10 da allora e quello appena citato, è uno delle decine di studi, che hanno lastricato di speranza la strada per il rilancio del porto. Dall’idea alla realizzazione, però, siamo ancora al pensiero, anzi all’incubo!
In un decennio, così, per dire, la Cina, ha investito in infrastrutture una media del 10% del PIL; è entrata di prepotenza nel novero delle potenze mondiali; si è impadronita del maggior quantitativo di merci trasportate del pianeta; ha dichiarato guerra commerciale a tutti.
In questa ottica ha aggredito i mercati, asiatici, sia quelli del pacifico dove è in rotta di collisione con gli Stati uniti, in una guerra di dazi incrociati, sia sulle rotte dell’oceano indiano, acquisendo posizioni di privilegio in Africa orientale e nel mediterraneo, proponendosi partner persino degli importanti moli di Haifa in Israele.
Nei mesi scorsi, dalla posizione di maggior rilievo, ha offerto anche all’Italia un pezzo di torta, del grande traffico che si muove sulla rotta marittima della “Via della Seta”, guardando al porto di Trieste e Venezia, ma lasciando i porti del basso adriatico e dello Jonio, primo Gioia Tauro, a bocca asciutta.
Eppure, accade che Brindisi sia divenuta, per la sua posizione privilegiata, approdo di uno strano ma assai redditizio mercato, quello delle merci contraffatte, provenienti proprio dalla Cina e che ogni giorno registra, mutevoli quantità di sequestro, grazie all’efficienza della Guardia di Finanza.
Accade anche che, il più importante quotidiano francese, Le Monde, senta il bisogno, di dedicare al porto di Brindisi, una pagina, informando che il nostro è diventato il primo approdo nel mediterraneo del contrabbando cinese, aggiungendo che questo diventa nuova linfa per la malavita locale di rigenerarsi dopo la sconfitta subita dallo Stato Italiano, con l’operazione primavera del 2000, quando le forze dell’ordine debellarono l’attività di contrabbando di sigarette.
I dati ufficiali, dicono che il porto di Brindisi è comunque sempre meno attrattivo e per il transito regolare di merci e passeggeri.
È in questa doppia dinamica, quella illegale in forte espansione e quella regolare in costante calo, che si inserisce la tensione, mai sopita, tra coloro i quali sarebbero impegnati nel governo del porto e delle sue attività. La variegata ed eterogenea compagine, a sua volta, è in evidente conflitto con realtà sociale, che cerca risposte occupazione e certezze di sviluppo, che nessuno sa offrire.
Accade allora che si polarizzino posizioni e che ognuno finisca per parlare per sé o per interessi divisivi.
E come quel consulto di medici dubbiosi, incerti ma saccenti, chiamati al capezzale del malato, finiscono per farlo morire, a Brindisi, tutti gli attori, comprimari, comparse e guitti compresi, convocatisi al capezzale del porto in agonia, incapaci di saper leggere la rivoluzione del sistema trasportistico marittimo, che reclama per Brindisi ben altra terapia, oltre al placebo “Bla-bla-bla”.
Nella sua storica funzione, il famoso capannone risalente a circa 90 anni fa, provvedeva allo stivaggio di merci sfuse, anche del carbone.
Parte di quel carbone finiva nelle case dei brindisini a far da concorrenza alla “craunella” (la carbonella) che per le campagne locali producevano “lu craunari” (i carbonari)!!!
Nella retorica storica, carbonari erano detti i rivoluzionari che diedero vita alla Carboneria, che tanta parte ha avuto nella nascita dello Stato Unitario.
E’ difficile immaginare che esista a Brindisi una consorteria rivoluzionaria, che traguardi quel nuovo tanto auspicato, ma lontano da venire. Ben più pervasiva è la presenza di piccoli gruppi di interessi o porzioni di rappresentanze pubbliche, che pur vestendo i credibili panni dei custodi del bene comune, celano, per volontà o per inerzia o persino per incapacità, l’identità di chi non può o non sa dare un futuro al porto e alla città.
Il porto è luogo dello scambio, di approdi, di accoglienza di opportunità. Il porto, come il mare, non può stare fermo, indicargli una direzione è come volerlo imbrigliare in una logica che non gli appartiene.
Punta delle Terrare è il luogo del primo insediamento, Sant’Apollinare è luogo della memoria sentimentale dei brindisini, il Capannone, il luogo dei traffici tollerati. A noi tutti, mi piace dedicare una citazione “È tutto perfetto nel passato. Tranne come ci ha portato al presente” (Homer Simpson – ep. 8 stag. N 23). La nostalgia resta una canaglia, che ci benda gli occhi e non ci fa vedere il futuro.