
Siamo reduci da una straordinaria scorpacciata di emozioni, che hanno costellato la ormai storica iniziativa del Circolo della Vela di Brindisi, la regata velica internazionale, Brindisi-Corfù.
Le mille e mille suggestioni, vissute sul lungomare, tra canti, balli e suoni, profumi odori e colori, ci ha, tutti quanti, risvegliati da un torpore lungo e malefico che ammorba le menti ed i cuori dei brindisini.
Attorno alla “rotta antica-amica” un florilegio di iniziative, talune pertinenti, belle, delicate, emozionanti, talaltre, dal sapore strano, inquietante, come il paguro, che a ragione della sua virtù, tra tutte, la più indecente, ama accoppiarsi a profusione, senza mai lasciare il suo riparo, tanto è pronunciato. Accade così, che a poche ore dalla agognata partenza e su un lungomare a festa. Col suo codazzo di comparse buone a riempire la scena, siano state annunciate buone nuove, tra queste, quella che i maligni hanno teorizzato, che il prossimo anno, la regata Brindisi-Corfù, possa partire dal porto di Bari. Non sarebbe la prima volta e poi, i moli adriatici pugliesi, son cosa sola, come si sente dire spesso negli ambienti paguri. Tanto altro han detto i paguri, ma qui, in questa nota, do voce a Brindisi ed ai brindisini avvezzi all’antica tradizione, di essere vocati dalla legge di Dio ad accogliere, abbracciare e ospitare Santi, ladri, fuggiaschi, eroi e mascalzoni.
La presenza, per le vie cittadine, della banda dei Carabinieri, è divenuta richiamo, al passo di marcia e nel riecheggiare delle sue note, valori condivisi, hanno suonato la colonna sonora cara agli italiani.
Il coro dei nostri figli, nuovi “Fratelli d’Italia” la voglia di esserci e di partecipare, ci ha resi brindisini amici ritrovati, da abbracciare.
La trepidante attesa domenicale è tutta per gli equipaggi ed il momento del distacco dal molo. Il posizionamento, sulla linea di partenza, quasi a sottolineare l’impossibile distacco e l’augurio di “Buon Vento” vede i brindisini assiepare quel waterfront che in altri luoghi è ragione di dissonanze convenienze e strategiche opposte visioni.
Gli occhi non vedono le brutture, le imperfezioni di un porto allo sbando, vuoto e perduto, si concentrano sull’essenza di cento barche, che levata l’ancora stanno per spiegare le vele. “Duc in Altum” recita il motto evangelico di Cristo a Pietro con l’invito a prendere il largo e ricostruire fiducia. Pochi istanti prima della partenza, il sorvolo della P.A.N. la Pattuglia Acrobatica Nazionale, sul cielo terso di Brindisi, stende il più lungo dei tricolori, immortalato da migliaia di scatti, come fosse apparizione.
In quello di Massimiliano Frigione, il tricolore pare sorgere dalle viscere antiche, dando toni e significato alla cattedrale i santi e le colonne. Come eruzione esplosiva di Speranza, (il verde) Sincerità (il bianco) e Passione (il rosso), nel cielo di Brindisi si ricompone il senso e la ragione per ogni brindisino.
Nell’allegoria fantastica che ha disegnato di sé Brindisi, in questi giorni di primavera attesa e sperata, lo spiegamento delle vele, per chi ci crede, si disegna come la risposta petrina alla sollecitazione del Cristo. A noi brindisini dovrebbe dire qualcosa, Pietro rispose infatti: “In Verbo Tuo laxabo Rete” (sulla tua parola getterò la rete), le parole, proprio le stesse, che sono state il motto episcopale dell’arcivescovo Talucci, oggi lette non più dirette e chiare.
La pesca copiosa ed allegorica dei regatanti è nota e si onora della simpatica condivisione col popolo amico della Grecia a cui ci lega un mare accogliente e generoso.
Ancora dovevano aprirsi gli occhi dal sogno, perché quello ci è sembrato questo fine settimana, che la realtà quella quotidiana, si è presentata col lutto di una persona cara, ascoltata mille volte, magari non sempre apprezzata. “Nomen Omen” dicevano i latini, nel nome il destino, ed il suo era di diventare simbolo della “Radio”. La vita, ci offre sempre lezioni da capire, segni da decifrare. Ai parenti, agli amici il cordoglio, alla città il muto e duro risveglio da un sonno troppo lungo, regalatoci da Dario lunedì mattina, è la misura del distacco tra Brindisi, il suo porto perduto, la ritrovata gente, e i paguri, tanti, troppi che infestano i nostri lidi.
Il taglio della nota, sarcastico, ma mai irriverente, è riconoscenza e genera nel portato di quel tratto culturale che gemmò tanti anni fa, nella redazione de “L’Eco di Brindisi” di cui immodestamente son figlio anch’io e maestri di bottega, Lionello Maci e Pino Indini.
Già dipendenti dal “lapsus calami”, avemmo bisogno di dar sfogo alle verità più impertinenti pubblicando “Sango” che riecheggiva “Tango” il settimanale satirico di Sergio Staino.
Risale a quel tempo la scrittura del componimento di Pino “Brindisiade”, sferzato di ironia, della penna intinta nel nero profondo dell’inquieto amore per “Brindisi, bedda mia, Brindisi amata”
Recita l’ultimo verso, che dedico assai voltentieri ad ogni “paguro” (che gli si rivolti nell’ano): “Salve città perversa, infame tanto, dall’animo testardo più di un mulo, io ti saluto al fine del mio canto: Brindisi, addio per sempre, VAFFANCULO!!!