Brindisi, la sua provincia e la qualità della vita che non c’è

Col primo freddo di questo autunno inoltrato, arriva anche il gelo che si prova a scorrere i dati del Rapporto sulla Qualità della Vita in Italia, che schiacciano le opinioni e i tanti inquieti dubbi e le tante speranze, alla ferrea legge dei numeri e certifica che a Brindisi, la qualità della vita è insufficiente!
A seguire le invettive e le continue lamentele, non ci voleva domine iddio a capire che non stavamo bene, ma vedersi inesorabilmente ancorati alla bocciatura netta e chiara, aggrava la situazione di chi vorrebbe dire o sperare qualcosa.
Non è un belvedere e i giorni che trascorrono nella inconcludezza e nella rabbia sopita sotto una coltre di perbenistico pudore, che poco ci manca alla delusione si trasformi in una reazione scomposta ed indesiderata.
Il rapporto snocciola numeri, dati, classifiche e parla chiaro, la fonte che assicura certezza di una ricerca scientifica neutra.
Neutra non è la visione di chi si prova a leggere la gran mole di dati.
Neutra non può essere la reazione di quanti denunciano che abbiamo perduto il senso del cammino sociale e ci siamo smarriti in un complicato intrico di faccende che fanno solo immaginare interessi e convenienze.
Nonostante il lavoro statistico minuzioso e preciso, bisogna leggere tra i numeri per comprendere che il disegno del Paese non è più definito da un nord che traina ed un sud che annaspa.
Ironia vuole che le tabelle siano supportate da cartine geografiche le cui colorazioni, quattro sono le medesime che raccontano questo tempo pandemico e che recintano le aree a maggiore o minore contagio.
Le diverse zone “gialla” per le aree dove la qualità della vita è “buona”; verde per dove la vita “accettabile”; rossa, “scarsa” e blu “insufficiente”.
Le macchie recintano le 107 provincie italiane e si mescolano e si intrecciano, allo scorrere dei dati e dei numero e delle tante percentuali.
Occorre guardare con attenzione e si comincia a dipingere, oltre i quattro colori, una realtà composita e complessa che sancisce conferme e rilancia aspettative, queste ultime, a dire il vero, comprensibili, ai più abili ed i meno emotivi.
Scrive nella introduzione il prof. Alessandro Polli, coordinatore del “rapporto”: “Nonostante le minacce alla tenuta macroeconomica, negli ultimi cinque anni, l’Italia ha retto il colpo. E, anzi, c’è stato un costante miglioramento della qualità della vita nelle province italiane. Province in cui appare non più rispondente alla realtà, ormai, la visione dualistica
tra Centronord, da un lato, e Sud a quello opposto. Tuttavia non mancano le prime crepe a questo quadro ottimistico: molte province, rispetto allo scorso anno, sono passate da un livello buono di qualità della vita a uno accettabile, o da un livello accettabile a uno scarso (…) I risultati ottenuti consentono di avvalorare l’ipotesi, formulata negli anni passati, secondo cui deve ormai ritenersi superata la generica contrapposizione tra Centronord e Mezzogiorno, in quanto non rappresenta l’unico paradigma interpretativo per spiegare le differenze nei livelli di qualità della vita tra le province italiane. A tale visione devono affiancarsi una serie di letture trasversali dove province minori, non necessariamente collocate nel Nord del Paese, sono contraddistinte da un notevole dinamismo, non soltanto imprenditoriale, e da condizioni economiche favorevoli (bassa inflazione, valori immobiliari contenuti, buoni livelli di reddito e ricchezza patrimoniale pro capite).”.
Le sei provincie pugliesi condividono il fondo della classifica o come dicono i numeri del “Rapporto”, si classificano nel gruppo 4, ovvero, dove il livello della qualità della vita è insufficiente, in 7 dimensioni su 9 (affari e lavoro, ambiente, sicurezza sociale, istruzione formazione capitale umano, reddito e ricchezza, reati e sicurezza e tempo libero) e nel gruppo 1 nelle restanti due dimensioni (popolazione e sistema salute).
Brindisi si colloca al terzo posto (89^), dopo Lecce (86^) e Bari (88^), prima di Taranto (94^), della BAT (98^) e Foggia ultima (107^).
La posizione nella graduatoria definitiva consente, anche se per pochissimo, a Lecce e Bari, di restare, nella graduatoria delle provincie dove la qualità della vita è definita scarsa.
Brindisi, magrissima consolazione è la meno insufficiente tra le insufficienze d’Italia, il suo punteggio surclassa la penultima delle peggiori, Messina, di circa 70 punti.
Brindisi e la sua provincia non appartengono però sempre e solo alla categoria che raggruppa le 18 peggiori provincie italiane, perché la sua qualità riesce a toccare momenti di accettabilità nella complessa lettura delle “dimensioni” allegate alle nove categorie in cui è suddiviso il rapporto.
Accade così che alcuni dati reclamino attenzione, come la situazione patrimoniale o quella relativa al reddito procapite o al reddito da pensione media, che non la fanno differire di molto dalle aree limitrofe e che da sole non giustificano, l’altissimo tasso di emigrazione che la rende seconda in Italia dopo l’altra provincia pugliese, quella che raggruppa Barletta Andria e Trani.
Rispetto alla classifica dello scorso anno, ancora Lecce è quella che si classifica meglio, ma perdendo ben 5 posizioni, mentre Bari e Brindisi ne perdono 2, Taranto ne perde 5, la BAT ne perde 2 e Foggia, la peggiore d’Italia ne perde 5, prendendo il posto che nel 2019 è stato di Agrigento che si migliora di 5 posizioni.
Un tasso negativo che se letto nel più vasto panorama nazionale, racconta per intero un percorso a sccndere e di quasi abbandono del trend positivo o per dirla meglio, di realistico pessimismo per un futuro su cui grava la ghigliottina della pandemia che conferma quanto sia malata tutta la struttura di sostegno alla salute.
Di qui l’importanza di uno strumento di monitoraggio, che evidenzia nel 22° Rapporto le molteplici sfaccettature del territorio.
La dimensione del sistema salute – si legge nel documento – non contiene più informazioni sull’organico degli istituti di cura e prende in considerazione la disponibilità di posti letto in reparti specialistici e le grandi apparecchiature diagnostiche. La dimensione del tenore di vita, infine, comprende nuovi dati sul reddito medio pro capite e sulla ricchezza patrimoniale ed è stata ridenominata dimensione del reddito e della ricchezza.
Dalla lettura della tabella comparativa, che raggruppa i dati per le 5 macro-aree in cui è stata sivisa l’Italia, appare come la pandemia abbia determinato ovunque un incremento della mortalità nelle fasce più deboli della popolazione, e cioè le persone di 65 anni o più, con valori molto al di sopra della media nazionale nel raggruppamento “Padano”, dove la variazione percentuale rispetto alla media del periodo 2015-2019 oltrepassa il 40%, ma si attesta all’ 1,59% nel raggruppamento denominato “Mediterraneo” si cui fa parte la Puglia.
Il raggruppamento “Mediterraneo” presenta un valore – circa 9 casi per 1.000 abitanti (popolazione residente al 1° febbraio 2020).
La diffusione del contagio, bene si comprende, influenzata da fattori (catturati nelle dimensioni degli affari e lavoro, istruzione formazione e capitale umano, tempo libero) che incrementano la frequenza dei contatti sociali, mentre le differenze riscontrate nei tassi di mortalità risentono evidentemente della differente struttura demografica.
Il mondo intorno si modifica e si plasma attorno a nuovi modelli che la matematica intercetta e nobilita a dato ineffabile.
La piccola e periferica realtà brindisina, non è indifferente a queste mutazioni, ma resta evidente un dato che sotto traccia, attraversa l’intero “Rapporto”.
Brindisi manifesta e manca di senso della responsabilità di essere protagonista delle proprie potenzialità.
È fin troppo chiaro dai dati che il potere economico e finanziario brindisino non lamenta maggiori negatività di quanto non lo facciano altre realtà, verso le quali, persiste una notevole dose di sudditanza psicologica e politica.
Un dato che lascio all’attenzione è quello relativo al valore per metro quadrato di un appartamento censito in zona semi periferica. A Brindisi costa 1173,1 Euro/mq, a Lecce 1042,2, a Taranto 923.6 Euro/mq.
Il patrimonio abitativo pro capite invece vede il tarantino possederne per circa 107mila euro, il leccese per 106mila ed il brindisino per 95mila.
La vicinanza statistica ma la lontananza concettuale del vivere il proprio territorio, fa la differernza in un Salento che manca di qualcosa per un percorso comune, dire che sia Brindisi, questo tassello non è propriamente vero i toto, ma contiene tanta verità.