
Di Alessandro Caiulo per il numero 388 de Il7 Magazine
La nostra terra, tanto amata dal suo figlio San Lorenzo, al secolo Giulio Cesare Russo, conosciuto dai suoi contemporanei come Padre Brindisi, seppur cronicamente povera di beni terreni, si va sempre più confermando ricca di vocazioni e di splendidi esempi di vita cristiana.
Dopo l’avvio della causa di canonizzazione, su impulso dell’allora arcivescovo Rocco Talucci, del giovane Matteo Farina il 19 settembre 2016, già proclamato Venerabile da Papa Francesco il 5 maggio 2020, e, su impulso del suo successore, monsignor Domenico Caliandro, di Domenica Crocifissa Lolli, conosciuta anche al di fuori dei confini della sua Sandonaci come Mamma Nina il 28 dicembre 2018 e della Serva di Dio Antonietta Guadalupi l’8 gennaio 2020, per la quale i plichi relativi alla fase diocesana sono già stati consegnati presso il dicastero delle Cause dei Santi in Roma, una nuova inchiesta, che segna l’avvio della causa di beatificazione, verrà presto avviata anche dall’arcivescovo Giovanni Intini e riguarda una persona che, seppure romagnola di nascita dopo una vita tribolata, ma vissuta sempre all’insegna della fede e della carità cristiana, proprio nel nostro territorio – fra Latiano, Brindisi, San Pancrazio e Mesagne, dove morì il 2 maggio 1922 – visse gli ultimi venti prolifici anni della sua esistenza terrena e l’intera sua vita consacrata.
Si tratta di madre Valeria di San Sebastiano – al secolo Augusta Costanza Succi – nata a Cesenatico il 18 dicembre 1849, fondatrice della Congregazione delle Suore Oblate di S. Antonio da Padova, arcinote a Brindisi come le suore del Casale, Istituzione che fu approvata con decreto diocesano il 28 gennaio 1905 dall’allora vescovo Salvatore Palmieri, riconosciuta nel 1954 di diritto pontificio, che ancor oggi, con lo stesso primitivo entusiasmo, continua ad operare nella chiesa e nella società promuovendo la vita fraterna e il servizio educativo e caritativo non solo in Italia, ma anche in India e in Africa.
La personalità di questa suora umile, ma dall’intelligenza aperta e dal cuore generoso, ha lasciato un’orma di illuminato e fecondo servizio per la promozione della nostra gente, non solo nella vita ecclesiale ma anche nella comunità civile. La Sua vibrante carità la spinse non solo a lasciare il mondo per una vita di maggiore perfezione con la consacrazione a Dio, ma ne sollecitò la creatività nel campo sociale, portando l’attenzione premurosa ai più deboli ed emarginati, affidando alle suore che riunì attorno a sé, quale fondatrice e prima generale, la formazione religiosa, morale, culturale e civile della gioventù, in un periodo, come sono stati i primi venti anni dello scorso secolo in cui, nei nostri paesi, la miseria e l’ignoranza regnavano sovrani.
Per comprenderne la fama di santità, proviamo a riassumerne la vita e le opere.
Nata in un’agiata famiglia borghese di Cesenatico, col padre ricco commerciante che svolgeva traffici con un veliero di sua proprietà, era la più grande di cinque fratelli, A dieci anni fu mandata a studiare in un collegio di suore a Recanati, dove la piccola Augusta sognò la Madre di Dio, accompagnata da uno stuolo di Vergini che le chiedeva di far parte del suo coro e quando lei si offrì a farlo, la Madonna le predisse che prima avrebbe dovuto sopportare una lunga attesa.
A 13 anni il primo evento tragico che segnò la sua vita: la morte del padre nel naufragio della sua nave che la costrinse, per le difficoltà economiche in cui si ritrovò la famiglia a lasciare gli studi per aiutare a casa. Il destino, crudele, continuò ad accanirsi e, due anni dopo, anche la madre, che non si era mai ripresa dal dolore, venne a mancare e il tutore disonesto che gestiva il patrimonio degli orfani lo dilapidò in men che non si dica.
A questo punto, provvidenzialmente, uno zio materno benestante che viveva a Roma, si fece carico di orfani, prendendoli con sé e Augusta potette riprendere gli studi, diplomarsi e cominciare la carriera di insegnante a Cesena. Un nuovo lutto, la perdita dell’amata sorella Elettra, fresca sposa, ne sconvolse nuovamente la vita e, forse per cambiare aria, si trasferì in Francia dove, già trentenne conobbe il suo futuro sposo, il conte Gaspare Paruglia Palatini: i due, anche se la loro unione coniugale non fu allietata da figli, vissero felicemente per 13 anni, fino a quando, nel 1890, il mondo le crollo di nuovo addosso, allorchè rimase vedova. Dopo alcuni anni di solitudine, in cui trovava conforto nella preghiera, il fratello Giovanni la convinse a tornare ad insegnare in Italia: dapprima a Firenze e, poi, a Roma, prima si trasferirsi a Lecce presso il Conservatorio di San Sebastiano gestito dalle Suore Margheritine. Fu qui che l’ardore religioso cominciò a bruciare nel cuore di Augusta, memore del sogno che aveva avuto da bambina e del si che aveva urlato alla Vergine Maria. L’insegnamento non fu più vissuto da lei come un lavoro, ma come una missione a cui dedicarsi anima e corpo, in accordo con la madre superiora, pur non prendendo i voti, cominciò a vestire l’abito di suora, osservando le regole dell’ordine, e dedicandosi, nei momenti in cui non era impegnata ad insegnare, alla preghiera. Aveva scelto anche il suo nome di futura suora: Valeria di San Sebastiano, in ossequio al santo a cui era intitolato all’istituto in cui lavorava che, in quel periodo fu trasformato in orfanotrofio e luogo di accoglienza di ragazze difficili.
La fuga di alcune di queste ragazze, già dedite alla prostituzione, che tornarono alla loro vita di malaffare, fu fatale per il destino delle Suore Margheritine che, accusate di scarsa vigilanza, furono mandate via dalle autorità civile e Valeria Succi si ritrovò, ultracinquantenne, a dover decidere cosa fare della propria vita: diventare suora non le bastava, aveva in mente molto di più: dar vita, coinvolgendo altre donne pie, a un’opera di apostolato che si occupasse dei giovani in difficoltà.
Questo suo sogno, a Lecce, entrava in rotta di collisione con chi già si occupavano di ciò e rischiava di scatenare risentimenti di basso rango, per questo si rivolse al Vescovo di Brindisi Salvatore Palmieri che, seppur affascinato dal progetto, lo riteneva irrealizzabile anche se in una città portuale in grande espansione (siamo negli anni della Valigia delle Indie) vi era un gran bisogno di chi si occupasse della redenzione di tante ragazze di strada.
Valeria ne andò a parlare, nel 1902, al Vescovo di Oria Gargiulo, ottenendo l’assenso a far sorgere un pio istituto con finalità educative a Latiano, la città di Bartolo Longo, all’epoca ancora in vita e alle prese con la fondazione del Santuario di Pompei, ma l’improvvisa morte del presule pose nel nulla l’iniziativa.
A questo punto, convinta più che mai che la meta scelta dalla Provvidenza era Brindisi, vi si trasferì nel 1903 e cominciò a dare il tormento a monsignor Palmieri fino a che questi cedette alle insistenze e il 28 gennaio di 120 anni fa emise il seguente decreto: “Avendo la signora Augusta Succi ripetute volte manifestato il suo vivo desiderio di aprire in questa città di Brindisi un pio istituto di donne, le quali, mentre attendono alla propria santificazione, possano pure giovare all’umanità con l’insegnamento religioso, morale, civile, letterario e di lavori donneschi; e volendo Noi, a cui preme il bene dei nostri diocesani, aderire a si lodevole aspirazione (…) permettiamo che la suddetta suora Succi istituisca in questa Città, od in altro paese di questa Arcidiocesi, il desiderato suo istituto, sotto la protezione del glorioso Taumaturgo Sant’Antonio di Padova. E poiché la suddetta signora Succi già indossa l’abito religioso, che sarà quello delle Oblate del sullodato Santo, ed ha preso il nome di San Sebastiano, permettiamo che possa far vestire medesimamente altra giovane per suo aiuto, finchè non abbia trovato altre donne, come Ella spera, per fondare il desiderato Istituto e queste prendere il nome di oblate di Sant’Antonio di Padova, che riguarderanno suor Valeria come Fondatrice dell’Istituto e vestiranno il medesimo abito. Tanto nel Signore Nostro Gesù Cristo”.
In un colpo solo la nostra Augusta era diventata suora ed era stata autorizzata a fondare un istituto, nella spirito francescano di Sant’Antonio, ma le difficoltà non erano finite, il nuovo vescovo di Brindisi, Luigi Mormando, un anno dopo, a causa della mancanza di vocazioni voleva far chiudere la neonata Congregazione, ma ricevette una bella tiratina di orecchie da Papa Pio X che, in colloquio privato, gli disse non solo di lasciarle andare avanti, ma che avevano la sua benedizione. Da allora il nuovo vescovo non solo non la ostacolò più, ma la appoggio incondizionatamente.
L’Istituto nacque a San Pancrazio Salentino e da lì cominciò ad espandersi in altre realtà vicine, nel 1916 le oblate furono formalmente aggregate all’ordine dei Frati Minori e la loro attività in favore in special modo dei bambini e delle giovani in difficoltà si espanse ulteriormente. Encomiabile fu l’impegno profuso in favore di centinaia di orfani di guerra. Nel gennaio del 1921 le furono concessi, per aprire una nuova casa, alcuni locali presso il Castello Normanno Svevo di Mesagne e fu qui che, il 2 maggio del 1922, Madre Valeria spirò santamente e da allora la sua Congregazione ebbe un fiorire di nuove vocazioni e cominciò ad espandersi ben oltre il territorio di Brindisi.
Risale a subito prima di Natale l’editto con cui monsignor Giovanni Intini, accogliendo il supplex libellus, cioè la richiesta, formulata per conto della Congregazione delle Suore Oblate di Sant’Antonio a mezzo del postulatore reverendo Ettore Capra, dopo aver ottenuto a marzo scorso il consenso della Conferenza Episcopale Pugliese, seguito a luglio dal Nulla Osta della Congregazione delle Cause dei Santi, ha informato la comunità diocesana della sua intenzione di introdurre la causa di beatificazione della Serva di Dio Valeria di San Sebastiano, Fondatrice delle Suore Oblate Sant’Antonio da Padova, la cui memoria è ancora viva oggi ed aumenta, con il passare degli anni, la sua fama di santità. Per questo motivo l’arcivescovo ha invitato i fedeli, a comunicare tutte quelle notizie dalle quali si possano arguire elementi favorevoli o contrari alla fama della detta Serva di Dio e, dovendosi raccogliere tutti gli scritti a lei attribuiti, ha chiesto a quanti ne fossero in possesso, di rimettere alla Curia, in originale o copia autenticata, qualsiasi suo scritto, non solo opere stampate, ma anche manoscritti, diari e lettere.
Nel pomeriggio di martedì 28 gennaio, in occasione del centoventesimo anniversario della fondazione della sua Congregazione, presso la chiesa dell’Ave Maris Stella al rione Casale – il quartiere dove è ubicata la Casa Generalizia e nella cui cappella è tumulata la sua salma – proprio in vista dell’imminente apertura della fase diocesana della causa di beatificazione, si è tenuto un incontro, presieduto da Monsignor Giovanni Intini, per meglio conoscere la vita, le virtù e l’opera di Madre Valeria di San Sebastiano e il contributo della Congregazione delle Suore Oblate Sant’Antonio da Padova – l’unica istituzione religiosa sorta nel territorio dell’Arcidiocesi di Brindisi e Ostuni – alla crescita della comunità ecclesiale e civile.
Si è parlato del carisma di Valeria Succi e delle sue virtù di donna dotata di grande fede, animata da uno spirito di amore benefico rivolto soprattutto verso il mondo giovanile, maestra premurosa e consolatrice nelle situazioni particolari di sofferenza e solitudine, segno di speranza e di rinascita del ruolo femminile nella società, non a caso definita madre degli orfani e degli emarginati.
La sua carità, come è evidenziato nell’editto del 22 dicembre scorso, mirava ad incoraggiare ed aiutare i poveri, i derelitti, gli emarginati, per irradiare quella ricchezza interiore che attingeva dal sacramento dell’Eucaristia, tanto amato nella sua preghiera. Un piccolo riflesso di cosa provava nell’anima Madre Valeria durante la comunione eucaristica ci viene offerto dai pensieri raccolti nel suo diario: “Non so come esprimere la gioia goduta questa mattina nel mio incontro con Gesù. Ho avuto delle dolcezze di intimità così grandi che la penna è incapace ad esprimere. Il Signore, mi è stato presente tutto il giorno. Ho chiuso l’ingresso a tutti i miei pensieri perché non disturbassero i dolci colloqui col Divino Amante. Ho sentito il mio cuore salire in alto, al di sopra della terra per godere i soavi contatti col cielo. A Dio ho promesso di restargli unita nell’amore e nella croce”.
Madre Valeria visse una vera e propria missione educativa, sia sul versante culturale (prima di essere consacrata suora, per più di trent’anni si era dedicata all’insegnamento) sia su quello religioso. Nell’assidua preghiera cercava quella consolazione necessaria per andare avanti e sperare in un avvenire migliore, unica fonte della sua serena apertura all’umanità e della sua accoglienza.
In Valeria Succi la gente della nostra Chiesa riconosce “la santa della porta accanto”.
L’incontro è stato introdotto dalla vice Postulatrice avv. Lory Gioia, che dapprima ha illustrato, punto per punto le tappe della Causa di Beatificazione e poi ha riassunto la vita di questa Serva di Dio, sottolineandone i travagli e le difficoltà che non le hanno mai fatto perdere la speranza di poter adempiere alla volontà di Dio. Dopo di che ha preso la parola la Superiora Generale della Congregazione, Madre Beniamina Sisto che ne ha illustrato le virtù trasfuse nei carismi della comunità da lei fondata, vale a dire la contemplazione dei misteri di Cristo e la missione rivolta all’educazione dei giovani. L’Arcivescovo Giovanni Intini ha sottolineato come Madre Valeria ha vissuto la forza della fede nell’orizzonte della speranza, tenendo sempre lo sguardo fisso su Gesù.
Infine un fuori programma con don Giampiero, venuto appositamente da Cesenatico, la città natale di Madre Valeria Succi, il quale, invitato a prendere la parola, ha espresso tutta la sua contentezza e il suo orgoglio per quanto fatto in vita, ma anche dopo, dalla sua concittadina.
Come anticipato dalla vice Postulatrice, con ogni probabilità, l’apertura formale della fase diocesana della causa di beatificazione avverrà nell’ultima decade di marzo, dopo che saranno trascorsi i canonici tre mesi dalla promulgazione dell’editto arcivescovile.