L’estate è il tempo della rigenerazione, della cura delle proprie passioni, dei propri desideri. Non ultimo e non certo tra i peggiori, la lettura e la riscoperta di pagine scritte, di cui nutrire, magari al sole della natura, il bisogno dell’anima.
Se esiste un numero di persone dedite al “vizio” di leggere, molte di più sono quelle che sentono il bisogno di accostarsi ad un mondo, ancora inesplorato, ancora cellofanato, come i libri acquistati e mai neppure spolverati.
Sono in continuo evolvere, le iniziative che tendono a colmare la distanza tra potenziali lettori e libri ed ogni formula attrattiva, seppure discutibile e che fa storcere il naso ai puristi della divulgazione letteraria, è buona per l’approccio, sempre che si eviti comunque di dare per oro ciò che, sotto sotto, non è neppure mercato. Chiamale marchette se vuoi.
La stagione si è aperta col famoso premio Strega, vinto da Antonio Scurati, col suo “M il figlio del secolo” romanzo storico che intende ricucire la storia alla sua figlia legittima, la memoria.
A Brindisi, nessun premio letterario, ma un bisogno inesplorato pienamente, di una necessità, che serpeggia ma ancora, timorosa, non mostra la sua vera voracità.
Tutte belle ed utili le iniziative di promuovere la lettura, non ne faccio una questione di qualità, nonostante la città messapica, abbia un bisogno esagerato, di riconnettersi alla propria identità.
E se premio letterario è da istituire a Brindisi, questo sarebbe da titolare, con ironia, alla STREGA SMEMORINA, quella che dimenticando la potenza del suo sortilegio, costrinse la bella a restare addormentata e Brindisi a restare “babbata”.
Sarebbe lunga la serie di autori da citare, per ricordare ai brindisini, chi e quanto abbia scritto della città.
Il variegato mondo della letteratura si è più volte nutrito di brindisinità e se di tanto non si ha memoria, mica è colpa nostra, mai sia! La colpa è della strega smemorina che ci ha costretti a vivere nella indigenza della memoria, nella indifferente traversata dei giorni, ignari ignavi della nostra stessa malattia, che ci fa leggere nel bel libro di Carlo Ulisse De Salis Marchilins nel suo “Viaggio nel Regno di Napoli” in cui non usa termini positivi per descrivere i brindisini. Era il 1789.
Se ad oltre 2050 anni fa, risale l’ “ITER BRUNDISINUM” di Orazio, le cui versioni di latino per i liceali, sono stati una vera sfida, non di meno Virgilio, che a Brindisi era di casa, basterebbero per incentivare un minimo di responsabile necessità di dare continuità ad una storia, che reclama memoria.
La presenza di Brindisi nella letteratura più moderna, vede Alexandre Dumas, padre, elaborare tra il 1844 ed il 1846, il suo “Conte di Montecristo” partendo proprio dalle celle del castello Svevo, dov’era stato ingalerato, dando vita, nella finzione del libro, al personaggio cardine, Edmond Dantes.
Qualche decennio dopo, nel 1872, Jules Verne, scrive il suo celeberrimo “Il Giro del Mondo in 80 giorni”, per celebrare le conquiste della scienza e della tecnica che conferivano alla nuova umanità, la possibilità di muoversi lungo le strade, i mari i cieli del mondo.
Brindisi è il luogo del termine della prima settimana di Viaggio, dove il personaggio principale Phileas Fogg ed il suo fido Passpartout, devono imbarcarsi sul modernissimo vapore che li porterà a Suez. Brindisi è il luogo dove la tecnica viene rappresentata all’apice della sua espressione, nel dialogo tra il servitore ed il suo signore, allorquando, questi chiede se la nave non portasse ritardo e di rimando, si sente rispondere che la moderna nave a vapore della imperiale P&O, la società di navigazione che proprio a Brindisi aveva la sua prestigiosa sede nel Palazzo Montenegro, non è come le navi a vela, che seguono il vento e che quindi non poteva fare ritardo.
Il tempo che a Brindisi viene scandito dalla presenza della “Valigia delle Indie”, affascina anche Carlo Emilio Salgari, che ammalia il pubblico col suo personaggio “Sandokan”.
Salgari descrive luoghi, usi e costumi della Malesia, di cui non è testimone diretto, se non perché li ha potuti percepire nei suoi unici viaggi, che lo portavano lungo l’adriatico da Trieste a Brindisi. Le suggestioni orientali, altro non erano, ammetterà lui stesso, che le fantasie di quanto aveva potuto vedere, in parte a Brindisi.
Non ha mai fatto visita alla città adriatica, il premio Nobel per la letteratura, Ernest Hemingway, che nel suo “Addio alle Armi” scritto nel 1929, parla di Brindisi, in un contesto storico, che egli non immagina: prefigura.
Ad unire le sensazioni, le testimonianze letterarie, si giungerebbe facilmente a comprendere come e quanto sia necessario riconnettere i brindisini con la responsabilità di essere eredi di Brindisi.
Nella proposta di lettura o di rilettura, traguardando per il mezzo dei libri, la geolocalizzazione della nostra antica terra, non dovrebbe mancare, anche se non credo che abbia al suo palmares alcun premio, un libro, “Plenilunio con Pistola” di Francesco Forleo, nato a Torino e morto a Genova lo scorso anno, deputato per mandato, poliziotto di mestiere, che a Brindisi ha ricoperto l’incarico di Questore di Brindisi dal 1994 al 1996. Nel 1995 a Brindisi, fu coinvolto in una sparatoria con dei contrabbandieri, che portò alla morte uno di loro, Vito Ferrarese.
Forleo fu arrestato nel novembre del ‘98, condannato per omicidio colposo. La cassazione ne ha annullato la sentenza nel 2011. In appello, nonostante la richiesta alla pena di oltre 14 anni di carcere, la sua posizione veniva comunque stralciata per una perizia che ne riscontrava “declino cognitivo grave ed irreversibile”.
L’ex onorevole, nonché già Questore di Milano, Brindisi, Firenze, aveva comunque dato alle stampe nel 2003, il libro che ricostruiva i drammatici eventi ed il contesto socio-culturale in cui si erano verificati.
La tenuta narrativa, degna di Gianrico Carofiglio col suo commissario Fenoglio, la minuziosa ricostruzione cronistica, aggiunto ad un principio di analisi, hanno contribuito cosrtuire uno dei primi tentativi di comprensione di un tempo storico, quello di Brindisi “Marlboro City” e di una sub-cultura da cui avremmo dovuto prendere le distanze.
La sudditanza di una sostanziale manovalanza del crimine, di cui, gran parte della società brindisina neppure concepiva la realtà criminosa e deviante.
È sotto gli occhi di ogni osservatore obiettivo, che invece, come si sia sforato il muro della dialettica da cazzeggio emotivamente pregnata di sfiducia civile e di arrogante egolatria, per giungere ad uno stato di malessere sociale, che ci vede tutti, chiusi nel guscio di individui a-sociali.
Tutti capiscono tutto, tranne il necessario: fare silenzio, leggere, ascoltare, pensare, prima di parlare.
Infondo il danno che ha arrecato la strega smemorina è proprio questo, ci ha resi tutti, incapaci di ricordare, che esiste quello che i latini chiamavano rispetto per la “consecutio temporis”, ovvero che la coerenza si legge nonostante il fatto che la si offenda, sperando nella clemenza della dimenticanza.