Il gusto alimentare è cambiato e lo testimoniano anche i libri di cucina. I cambiamenti appaiono totali anche perché la trasformazione delle abitudini a tavola ha annullato le differenze sociali e non solo dei brindisini, è ovvio. Allora, oggi la cucina brindisina è cambiata? Sicuramente risente dell’arte culinaria internazionale e delle tradizioni proprie delle altre regioni italiane, risente della globalizzazione e dei mass media, ma certamente conserva la sua impronta, la sua originalità e fa parte del fascino della nostra terra. Si cercano le ricette tradizionali e spesso ci appaiono “contaminate” da altre tradizioni, ma ricordo il detto “Mancia a gustu tua e visti a gustu ti l’atri”, per cui si faccia secondo i propri gusti, ma lasciamo salve quelle originali che provengono da famiglie in cui ci sia la brindisinità da quattro generazioni e non le confondiamo con quelle trasformate in famiglia.
Sulla mensa dei brindisini veraci continuano ad essere presenti: pane cotto al forno di pietra, pasta fresca fatta in casa, olio extravergine d’oliva locale, salsa di pomodori fatta in casa, cipolla (più che aglio) o l’una e l’altro insieme, prezzemolo più che sedano, rape e cavoli, vino negramaro e malvasia, legumi, verdure selvatiche, frise (scusate, piscuetti), formaggio pecorino, formaggio ricotta (casuricotta) sulla pasta fresca fatta in casa e, delizia delle delizie, ricotta ašcanti (piccante) e pipu ašcanti.
Il riso, poco consumato in passato, un po’ perché non coltivato nella zona, un po’ perché ritenuto un cibo poco nutriente, per ammalati (risu, n’ora ti manteni tisu, in piedi), era utilizzato essenzialmente nella tajedda ti risu patani e cozzi.
Una cosa è manifesta: Brindisi, città di mare, con un porto ritenuto sin dal tempo dei Romani tra i più sicuri del Mediterraneo, rimane ancora oggi, nell’alimentazione-base, una città con lo sguardo rivolto alla campagna, dunque con un’alimentazione essenzialmente agricola, con pochi piatti a base di pesce azzurro e maggiormente di mitili, peraltro spesso consumati crudi: cozzi neri, cozzi pilusi, tàttuli, rizzi, taratùffuli, crattapuètuli…
Non dimentichiamo neanche le vecchie cucine con camini che occupavano metà della parete; le donne che, soprattutto in prossimità delle feste, lavoravano la pasta e facevano i dolci, parlavano sottovoce e ricordavano odori e sapori di sughi, di fritti di un tempo, di modi di fare e di essere che oggi ci sembrano strani e lontani, come di gente che non appartiene al nostro DNA storico e sociale. Ricette che ci riportano ad antichi popoli che hanno occupato la nostra terra; ricette che fanno parte di tradizioni e di racconti tramandati, per cui spesso non hanno quantità definite tra gli ingredienti. Si era fortunati se le nonne dicevano “na tazza, nu bicchieri”, perché per lo più rispondevano “Fazzu a capu mia”, “Fazzu a uècchiu”, “…No sacciu…nu pugnu, toi…”, “Viti tui…fani puru tui a capu tua. Po’ viti, no? quantu ci ndi voli…” Cioè: Lo decido da sola.
E invitavano ad agire allo stesso modo, come se la competenza del cucinare fosse acquisita per il solo fatto di cimentarsi tra i fornelli o per il solo fatto di essere donna. Le nostre nonne imparavano a cucinare seguendo l’esperienza, l’insegnamento delle loro madri, magari aggiungendo la propria creatività e, perché no?, l’improvvisazione, per personalizzare i propri piatti. Sarebbe stato difficile per loro consultare i manuali di cucina, dal momento che poche sapevano leggere e scrivere.
E chi sapeva scrivere preferiva avere un proprio quaderno di ricette, apprese o tramandate, conservato gelosamente come se fosse un tesoro o un segreto da custodire nel cassetto.
Oggi, davanti ad un piatto tradizionale non possiamo fare altro che degustarlo sensorialmente e mangiarlo con emozione, magari a tavola con amici che sanno apprezzare.
Cena della Vigilia di Natale
Viscìglia ti Natali
Da scegliere: Brotu ti pesci cu la laianedda oppure gnocchetti cu lu baccalai o pasta cu lu pesci a mari (o cu lu pesci fuciutu) o spachetti, agghiu, uègghiu, acciuca e pipu ašcanti o spachetti cu li rapicauli, cunditi cu uègghiu, agghiu e acciuchi
Rapicàuli stufati o rapicauli lissati e cunditi cu uegghiu e limoni
Mugnuli fritti
Scarciòppuli fritti
Puddìca
Baccalài allu furnu cu li patani
Pèttuli, pettuli cu lu meli, pettuli cu l’acciuchi, pettuli cu lu baccalai
Cardi allu furnu
Bocconotti cu la mustarda ti uva
Cacchitieddi
Ncartiddàti e purciddùzzi cu lu meli