Canile comunale, il lager è soltanto un ricordo: ma le adozioni restano ancora poche

Autorizzato da chi di dovere e con la guida di Luana Mia Pirelli, consigliere comunale con delega speciale al benessere animale, che mi ha fatto da cicerone, ho avuto modo di visitare, anche al suo interno, il Canile Comunale di Brindisi, in contrada Santa Lucia, posto a margine della via per Villanova, circa quattro chilometri a sud dell’abitato di Brindisi.
Si tratta di una grande struttura di proprietà del Comune di Brindisi ma in cui opera, per quanto di sua competenza, anche il Servizio Veterinario della Azienda Sanitaria Locale.
La gestione del Canile spetta alla Multiservizi, la società in house della stessa Amministrazione Comunale che si avvale, all’uopo, non solo della collaborazione di alcune ditte che, in subappalto, offrono i loro servizi, ma anche dell’opera instancabile dei volontari e delle volontarie della LEPA (acronimo di Lega Protezione Animali) e della Fondazione Virio, due associazioni che si danno davvero un gran da fare per assicurare agli animali, ospiti loro malgrado della struttura, le migliori condizioni di vita possibili, pur nel chiuso di quattro mura e di un recinto.
Dal momento che da sempre i cani che accolgo nella mia casa sono trovatelli di razza incerta, salvati dalla strada oppure presi in adozione dal canile, sarei quasi tentato di dire di conoscere vita, morte e miracoli delle varie strutture che si sono succedute negli anni per accogliere, a migliaia, cani randagi o abbandonati da chi se ne sarebbe dovuto prendere cura, intere cucciolate con o senza madre al seguito e chi più ne ha più ne metta.
Da quando i cani erano ospiti del dismesso macello comunale del rione Paradiso, passando per il vero e proprio lager di contrada San Giorgio (che salì agli onori – si fa per dire – della cronaca nazionale nel giugno del 2003 non solo per le condizioni assurde ed i maltrattamenti cui erano sottoposti gli animali, ma anche per la mega truffa subita della AUSL e dal Comune di Brindisi, che continuavano a versare le rette anche per circa seicento cani deceduti; nel corso delle indagini si scoprì che pur di coprire i vuoti e continuare a percepire le ricche prebende, le celle venivano riempite anche con cani rubati ai proprietari o da questi ceduti al canile. Ciò che sconvolse maggiormente le forze dell’ordine che operarono il sequestro della struttura furono le condizioni pietose in cui versavano i cani, ridotti pelle ed ossa per l’assoluta insufficienza del cibo e per le percosse. Il titolare dell’azienda e quattro dipendenti furono anche arrestati), fino a giungere all’attuale struttura comunale, ne è passata di acqua sotto i ponti.
Le condizioni in cui si trovano ad essere accuditi oggi gli animali sono un segno evidente anche della evoluzione della specie umana che, almeno a livello istituzionale ed anche per ciò che concerne una vasta parte della popolazione, ha smesso di vedere l’animale d’affezione come un oggetto da usare e gettare, ma come essere senziente portatore di propri diritti, almeno per ciò che concerne un’esistenza tranquilla e dignitosa.
Eppure fino a pochi anni fa anche il Canile Comunale di contrada Santa Lucia era sovraffollato, dal momento che era arrivato ad ospitare anche ottocento cani, in gran parte malnutriti ed i problemi di gestione non mancavano, anche per l’assenza di acqua potabile, non arrivando le condutture dell’acquedotto fino a lì, il che creava non pochi problemi anche dal punto di vista igienico, ovviati poi con l’installazione di un potente depuratore e, da ultimo, con il collegamento con l’acquedotto stesso.
Fu allora che, proprio dal Canile Comunale di Brindisi, venne fuori un toccante reportage della brava fotografa Claudia Canepa, “Silenzio Assordante”, volontaria operante all’interno della stessa struttura, che trovò ampio spazio sulla stampa nazionale, ma che fu pressocchè ignorato da quella locale, che, con le immagini, assai più che con le parole, illustrava in maniera meticolosa le condizioni abiette in cui erano costretti a vivere ammassati fra loro, tantissimi cani. Mi piace riportare un brano tratto dalla presentazione che l’autrice stessa ne fece: “Silenzio Assordante è un reportage fotografico che racconta la drammatica realtà dei canili nati come strutture temporanee o luoghi di transizione in grado di fornire riparo, cibo e cure e divenuti, in tantissimi casi, prigioni perenni perché, nonostante gli sforzi e la dedizione del volontari o del personale, si deve fare i conti con la mancanza di domande di adozione. I motivi del disinteresse dei cittadini rispetto a questo tema, sono l’insufficienza di informazione e sensibilizzazione nei riguardi della materia”.
L’augurio di Claudia era che gli scatti dedicati a tragiche mancanze dell’uomo nei confronti dei deboli e degli indifesi potessero un giorno sfatare il vecchio adagio popolare “occhio non vede, cuore non duole”, l’alibi perfetto per chi non intende preoccuparsi dei problemi che non gli appartengono. E, tempo al tempo, così, a mio avviso, è stato.
Da allora una serie di campagne di sensibilizzazione che hanno spinto la gente ad adottare i cani, una compagna di sterilizzazione che ha ridotto il numero delle nascite “indesiderate”, ma anche la disponibilità di alcuni volontari a tenere in stallo, in attesa di adozione, gli animali più piccoli, ha fatto si che il numero degli ospiti man mano diminuisse gradualmente, fino ai minimi storici di questi giorni. Una maggiore attenzione da parte dell’Amministrazione Comunale verso l’igiene ed il benessere degli animali, poi, ha fatto il resto anche se, ovviamente, un canile non sarà mai un bel posto per i nostri amici a quattro zampe.
Fatta questa doverosa premessa, immergiamoci, guidati, come accennato prima, da Luana Mia Pirelli, nel Canile Comunale di Brindisi, per farlo conoscere ai nostri lettori anche perché, trattandosi di una struttura pubblica, mantenuta con i soldi di tutti, è giusto che si conosca a fondo.
Innanzi tutto una cosa apparentemente poco significativa, ma in realtà fondamentale proprio in chiave di conoscenza pubblica, è stata l’installazione, negli ultimi anni, di idonea segnaletica che da viale Arno e via Fermi, indica la strada da seguire per giungere alla struttura: il che oltre ad evitare che la gente si perda lungo le varie stradine comunali che partono dalla Zona Industriale, ha fatto anche si che tutti quanti venissero a conoscenza dell’esistenza stessa di un canile di proprietà comunale.
Giunto nel parcheggio antistante il canile a metà mattinata di un normale giorno lavorativo, noto subito una famiglia in trepidante attesa di poter conoscere dal vivo il cagnetto richiesto in adozione (un bel setter dall’aspetto giovane e vigoroso) ed un’altra famiglia, già con il suo bel cane al seguito, che aveva acquistato per donarlo ai quattrozampe più sfortunati una gran quantità di cibo per cani in scatola, molto adatto per il nutrimento degli animali più anziani: due belle scene che mi hanno fatto passare il magone che sempre mi assale quando penso alle condizioni di vita delle bestiole recluse. Intanto nella zona alberata dedicata allo sgambamento dei cani, un’altra bellissima scena: una volontaria che coccola una cagnetta con cui gioca allegramente.
All’ingresso mi soffermo qualche minuto presso l’infermeria felina, quella parte del canile che dall’inizio del 2019 è dedicata ai gatti, dove trovano cure ed assistenza sia i mici feriti, raccolti per strada, che i cuccioli abbandonati.
Qui incontro con piacere il veterinario che per conto del Comune di Brindisi, si occupa della salute degli animali, il dott. Pietro de Rocco, fresco di ritorno dal viaggio di nozze dopo il matrimonio, a cui posso fare di persona gli auguri, dopo averglieli già fatti, in maniera virtuale, tramite social.
L’altro veterinario che opera all’interno della struttura, ma per conto dell’ASL, è il dott. Donato Sole ed il lavoro di entrambi è davvero encomiabile sotto tutti i punti di vista, in quanto si tratta di due professionisti che si approcciano agli animali con lo spirito giusto, un po’ missionario.
Nel passeggiare all’interno del canile, nella zona dove ci sono i vari box, gli ambienti sono puliti, anche se l’atmosfera resta surreale, trattandosi pur sempre di un luogo di detenzione coatta, riconosco molti degli animali che anche tramite le pagine de il7 magazine abbiamo proposto in adozione, alcuni di essi sono, purtroppo, lì da anni in quanto specialmente i cani di grossa taglia adulti difficilmente vengono scelti: è il caso di David, un bel cagnone bianco e nero con un occhio marrone ed uno azzurro-magnetico, ma riconosco anche Ricciolo, un barbone nero di taglia media davvero problematico, in quanto al suo ingresso in canile era estremamente mordace e non lasciva avvicinarsi da nessuno e che ora, seguito attentamente da un’educatrice cinofila, il cui ingaggio è stato reso possibile grazie ad una campagna di adozioni a distanza per gli animali più difficili, sta compiendo passi da gigante verso la normalità tant’è che oltre che rispondere positivamente alle sollecitazioni della istruttrice ha accettato anche la compagnia di un suo simile nel box che lo ospita.
A proposito dei box, va evidenziato che ognuno di essi, dotato sia di uno spazio interno, che di uno esterno, dove gli animali possono godere dei raggi del sole e di aria fresca e pulita, ne sono ospitati al massimo due, a differenza di anni fa quando in ragione del sovrappopolamento ve ne erano anche cinque per box e si era pensato addirittura di costruirne altri: cosa che ora, grazie a Dio, non è più necessaria.
Luana mi dice con soddisfazione che i cani attualmente ricoverati sono appena 167 – tre volte di meno rispetto a tre anni fa e cinque volte in meno rispetto all’epoca del reportage fotografico “Silenzio Assordante” – e tra questi ce ne sono una mezza dozzina provenienti da San Vito dei Normanni, comune non dotato di un proprio canile e che per ovviare a questa mancanza, ha in essere una convenzione con quello di Brindisi. I gatti sono al momento otto, ma fino a pochi giorni fa, complice la presenza di alcune cucciolate, ce ne erano più di venti.
Un velo di tristezza quando constato la presenza di alcuni cani anziani che hanno passato l’intero corso della loro vita rinchiusi fra queste mura e che, a differenza dei cuccioli e dei cani giovani, hanno ben poche possibilità di essere tirati fuori.
A dire il vero un qualche successo ha avuto l’iniziativa dello scorso inverno – e ancora in essere – denominata “Dammi la zampa” che prevede, per le persone che hanno superato i sessanta anni d’età, l’adozione agevolata di cani e gatti che hanno più di sette anni, con lo scopo di favorire le adozioni per gli animali più anziani che altrimenti sarebbero destinati a restare in canile con poche possibilità di essere scelti da famiglie adottive, in cambio il Comune fornisce assistenza veterinaria gratuita attraverso il canile e la sua infermeria e le provviste di cibo fino al termine della vita dell’animale.
A breve ricominceranno anche le campagne di adozioni presso l’area di sgambamento del canile, bruscamente interrotte da tempo per via del lockdown, dove i cittadini possono vedere da vicino gli animali ed interloquire con volontari e le volontarie che se ne occupano. Comunque, per chi fosse interessato ad un’adozione o anche, più semplicemente, a farsi una chiacchierata per meglio capire come funziona il semplice iter burocratico per poter prendersi cura di un animale, cane o gatto che sia, ospitato nel canile, è possibile farlo tutte le mattine, dal lunedì al sabato.
Verso la fine della passeggiata Luana mi mostra, con malcelato orgoglio, la zona dove avrebbero dovuto essere edificati trenta nuovi box per ospitare cani e che non sono stati più realizzati non già per una qualche inefficienza della macchina burocratica, ma in quanto la loro costruzione è diventata superflua, visto lo svuotamento costante della struttura, tant’è che si sta pensando di utilizzare quell’area per realizzare un impianto inceneritore per gli animali deceduti, da utilizzare non solo per gli ospiti del canile, ma anche per gli animali di proprietà, dal momento che esiste il problema dello smaltimento delle carcasse che, ad oggi, non è semplice né economico. Si sta pensando anche ad una parte dell’area che possa fungere da piccolo cimitero per le urne contenenti le ceneri o le ossa degli animali domestici e anche ad una piccola area esterna, ben recintata ed immersa nel verde, per ospitare i gatti dal momento che è triste vedere, specie quelli più grandicelli, stazionare per settimane, se non per mesi, nelle pur accoglienti gabbie dell’infermeria felina.
Luana sogna che l’affollamento del canile possa scendere ulteriormente fino ad assestarsi sotto la quota di cento animali e, come accade per le strutture del nord, con sosta molto breve in quanto si trova agevolmente chi se ne prenda cura.
Chissà se accadrà: certo è che solo quattro anni fa, quando erano più di cinquecento i cani ospiti della struttura comunale, nessuno avrebbe scommesso nemmeno un soldino che si sarebbe potuti scendere a meno di un terzo di quella cifra e invece, grazie all’impegno, davvero, di tutti quanti – enti, volontari, semplici cittadini, organi di stampa, social – ruotano attorno al mondo variegato della tutela degli animali, questo è stato possibile e gli ottimi risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Una via virtuosa che, certamente, è stata già intrapresa ed il cui tracciato è bene che non si perda mai di vista negli anni a venire.