Capire per ripartire, Gianmichele Pavone: «Costretti a vivere lontani, ma una parola può rendere felici»

La quinta meta del viaggio tra coloro i quali possono offrire la propria esperienza per farci comprendere questo “tempo sospeso” per ripartire e cogliere le migliori opportunità per non rimanere relegati, o imbavagliati nella ossessione di non farcela, è Gianmichele Pavone, avvocato penalista che svolge l’attività forense ad Ostuni.
Di lui non sfugge l’immagine che riecheggia i tratti di Aramis De Vannes, né una forte propensione al dinamismo, non instancabile, ma curioso di conoscere e scoprire.
Da qui la costellazione di interessi e passioni che non ha trascurato neppure in questo tempo di attesa.
Dal 2008 ha collaborato con le cattedre di Diritto processuale penale dell’Università degli Studi “A. Moro” di Bari e dell’Università del Salento (presso la quale ha attualmente la qualifica docente a contratto). Ha tenuto numerose lezioni e seminari, preso parte a vari convegni organizzati da Enti pubblici, società di formazione e associazioni in qualità di relatore e moderatore.
Ha fatto parte del Comitato scientifico della Camera Penale di Brindisi ed è componente dell’Osservatorio nazionale “Scuole Territoriali e Specializzazione” dell’Unione delle Camere Penali Italiane.
Dal 2017 è componente del consiglio di amministrazione della Fondazione dell’Avvocatura di Brindisi, curando l’organizzazione degli eventi formativi per gli iscritti all’Albo.
Al suo impegno professionale, ne aggiunge uno non meno impegnativo, perchè è componente della Giunta esecutiva del Forum della Società Civile di Ostuni e del consiglio direttivo delle associazioni Italia Nostra – Sezione Messapia, G.E.O.S. (Gruppo Escursionistico Speleologico Ostunese) e Amici di Ostuni. Fa parte del M.E.I.C. (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) – Gruppo di Ostuni e del Rotary ClubOstuni – Valle d’Itria – Rosamarina.
Il suo impegno e la sua passione sono anche per la fotografia e le escursioni in natura, partecipando da protagonista, ad iniziative di scoperta e bonifica di grotte ed anfratti sottraendoli al buio e della conoscenza e della fruizione.
Ha pubblicato come autore e curatore numerosi contributi in opere collettanee e monografie, nonché articoli su riviste giuridiche, fa parte, inoltre della redazione di un mensile ed un bimestrale della sua città e dal 2016 è iscritto nell’elenco dei Giornalisti Pubblicisti presso l’Ordine dei Giornalisti della Puglia.
La conversazione con Gianmichele è fluida e spazia veloce e garbata sulla difficoltà che viviamo, ma prima di rispondere alle domande, mi racconta una storia: “C’era una volta in un tempo lontano, lontano, in un posto lontano, lontano… qualcuno che pensava di avere un “diritto esclusivo di calpestio” sulla terra che abbiamo ereditato dai popoli che ci hanno preceduti. Tutti coloro che erano diversi, stranieri o dissidenti vennero “ospitati” in edifici recintati, con alte mura e filo spinato, sotto la cortese sorveglianza di gente armata e in uniforme. Poi lo spazio non bastò più…”.
Un messaggio, la cui interpretazione, lasciamo, di comune accordo, volentieri ai lettori.
Sono i giorni della riapertura, la fase 1 è terminata e si avvia un processo che si profila lungo.
“Già, la modalità di relazionarci tra colleghi e con i clienti, usata in questi giorni di distanziamento, si protrarrà ben oltre il tempo che il cittadino medio si aspetta. Ragioni organizzative fanno pensare che le prime udienze si svolgeranno solo a partire da settembre. Su tutti grava l’impegno di essere attentia al rispetto delle norme di comportamento che ci vengono comunicate”.
Molti, in questi giorni, rimettono ordine, alla casa, alle memorie, si rileggono libri e si ritrovano oggetti dimenticati. Cosa fai tu?
“Da quando sono state introdotte le prime restrizioni agli inizi di marzo in tanti hanno iniziato a vivere in slow motion o addirittura in un tempo “sospeso”, fatto di attese e aspettative: fermi ai blocchi di partenza tendono l’orecchio e poi, al colpo di pistola dello start, ognuno avrà una sua velocità di reazione. Per quanto mi riguarda, invece, non sono mai stato capace di stare fermo ad oziare ed il solo pensiero di trascorrere un giorno chiuso in casa mi faceva rabbrividire. Se avessi avuto a disposizione trentasei ore al giorno non mi sarebbero bastate perché fortunatamente ho un lavoro che mi porta via gran parte della giornata e tanti interessi, questi ultimi spesso sacrificati in poche ore o addirittura messi da parte in attesa di trovare del tempo libero. Allora ho colto in questa situazione una preziosissima opportunità per riprendere fiato, dedicare tempo ed energie agli affetti, smaltire l’arretrato, fare adesso ciò che più mi piace. Dopo i primi giorni di destabilizzazione e riorganizzazione mi sono imposto nuovi ritmi e piccoli rituali quotidiani. Ho imparato ad utilizzare una decina di programmi per partecipare in modalità telematica alle udienze, per fare lezioni, incontrare clienti e frequentare le riunioni delle varie associazioni di cui faccio parte, la cui programmazione e le cui attività non si sono mai fermate del tutto. Scrivo tanto per gli altri e per me stesso e a fine giornata mi piace fissare su carta i miei pensieri per cercare di riflettere su ciò che accade. Mi prendo cura della casa e del giardino: faccio piccoli lavori di bricolage, ho realizzato un orto verticale e aiuto gli agrumi a debellare i parassiti (anche loro portano avanti una battaglia faticosa contro un patogeno). In questo regime di “autosufficienza domestica” ho riscoperto il piacere dell’attesa e dello stupore, delle prime volte e dell’emulazione positiva”.
Dai balconi e alle finestre, chi canta l’INNO NAZIONALE e chi ha dispiegato il TRICOLORE. Che significato dai a questo fenomeno?
“Credo che da sempre la presenza di un nemico comune stimoli la capacità di collaborazione negli uomini: in epoche lontane erano le minacce ai confini del Paese a spingerci a sfoderare il Tricolore,
di recente, qualcuno ha cercato di stimolare l’unità degli italiani puntando il dito verso gli stranieri provenienti dal mare e, in questi ultimi mesi, c’è stato bisogno del Covid-19 per riscoprirci popolo attorno ai simboli più evidenti dell’appartenenza alla nostra nazione. Mai come oggi, l’intera umanità, unita come una grande famiglia, è chiamata a combattere contro il medesimo avversario, senza distinzioni di razza, religione o colore politico e spero tanto che, dopo questa crisi, continueremo a chiamarci “fratelli d’Italia” anche senza il Canto degli Italiani”.
“FERMATE IL MONDO VOGLIO SCENDERE”. Quante volte l’abbiamo detto: quale mondo s’è fermato?
“Si è fermato solo il mondo degli uomini, del lavoro frenetico e compulsivo, che girava ad una velocità superiore rispetto a quella imposta dalla natura. Un mondo che ci costringeva a pensare a tutto fuorché al benessere di noi stessi e dell’ecosistema in cui siamo inseriti. La dimostrazione più evidente è data dalle centinaia di immagini che attestano la rapidità con la quale la natura sta recuperando terreno.
Il mondo che da due mesi ruota più lentamente, invece, è popolato da persone più affettuose (pur nella privazione fisica di manifestazioni di affetto) e più attente al benessere collettivo. L’abbraccio è l’incontro. L’uno e l’altro sono negati. Quali libertà ci restano?
Ci stiamo incontrando in forma diversa, adattandoci a nuove modalità di comunicazione, sfruttando le risorse tecnologiche che ci vengono offerte dal progresso informatico. Restano la libertà di pensiero, di espressione e di parola. Mai come in questo momento è giusto pensare – citando Gorgia – che “la parola è un potente signore, che pur dotata di un corpo piccolissimo e invisibile compie le opere più divine”. Da una parte l’accesso illimitato alle fonti di informazione ci apre ormai orizzonti infiniti di parole allarmistiche, interpretate in autonomia senza competenze tecniche, spesso inutili o, peggio, volutamente false e pericolose, rispetto alle quali è opportuno continuare a preservare la propria libertà di pensiero critico. Dall’altro, costretti a vivere lontani gli uni dagli altri, sappiamo che una sola parola di conforto può rendere felice un parente o un amico, facendogli sapere che lo stiamo pensando. L’incontro delle menti è più potente di tanti abbracci”.
C’è chi vendeva sogni e chi solide realtà. Che fine faranno le solide realtà?
“L’inventiva criminale non smette di sorprenderci neppure ai tempi del coronavirus, sfociando nelle truffe più fantasiose rispetto alle quali la giustizia farà il suo corso. Ma i “venditori di sogni” esistono ed esisteranno fino alla fine dei tempi, perché abbiamo bisogno di immaginare e sperare per guardare al futuro in termini ottimistici e propositivi.
Il consiglio è quello di non nutrirsi di aspettative, perché queste ci rendono soggetti passivi che demandano al destino o ad altri il cambiamento, ma di desiderare, imparando a cercare con passione ciò che ci rende felici. Per quanto oggi tutto possa sembrare instabile, la creatività e l’ingegno ci aiuteranno a ricostruire la realtà su nuove fondamenta più solide e durature”