Capire per ripartire, Paola Baldassarre: «Servire e non servirsi per rinascere e costruire insieme»

La terza tappa, del viaggio, tra coloro che possono aiutarci a capire per ripartire è a casa di Paola, una donna che dell’impegno per gli altri, ha fatto una fede, che si alimenta dei valori cristiani e della costante azione di ascolto e di silenziosa attività nel mondo del lavoro e del volontariato, nella costante “ricerca di Dio” nella vita quotidiana.
Responsabile promotore per la Provincia di Brindisi dell’U.C.B.M. (Università Campus Bio Medico di Roma) il entro di eccellenza, per intenderci, dove il primo di febbraio scorso hanno identificato, per primi, la proteina responsabile del passaggio dell’infezione all’uomo del COVID 19, è anche punto di riferimento di un costante processo di formazione, specie tra i giovani, per la costruzione di una società migliore.
Siamo a casa, ognuno la sua, ma l’incontro si nutre di serena conversazione e di reciproca attenzione. “Giancarlo, sai, ho sempre fatto mia l’affermazione di Tocqueville: “La cultura precede la politica e l’economia”; e la cultura quando si radica in un ethos operativo non può né deve ignorare le procedure e le regole che ogni istituzione, deve rispettare”.
Viviamo un tempo sospeso e nonostante tutto appaia fermo, tutto sta cambiando e la politica pare segnare un tempo morto.
“La politica rischia l’afasia quando rincorre i problemi invece di promuovere progetti e percorsi che non vanno mai estrapolati dal contesto spazio temporale, né strumentalizzati per fini che ognuno si sceglie in base alla propria “formazione” e dei quali si assume la responsabilità”.
Paola di politica ne sa qualcosa: già Assessore, provinciale tra il 2009 ed il 2012 alla Cultura; Pubblica istruzione; Università; Beni culturali; Musei; Biblioteche; Vice Sindaco della Città di Brindisi dal maggio 2012 sino a quando si dimise in dissonanza con i colleghi di giunta.
Lei uscì di scena e quando, alcuni mesi dopo, le fu chiesta una opinione, rispose: “In tutta questa faccenda penso che ci sia più responsabilità politica che il resto. La responsabilità di chi ha sostenuto Consales ed ha lavorato con lui”.
La tua è passione indomita, che si nutre di valori indefettibili.
“Si la mia è una passione indomita verso la politica, perché consapevole che la politica quando mette al centro il bene della persona e il bene comune può sublimare dei percorsi che portano alla crescita reale di una città e di un territorio. Servire e non Servirsi, fa la differenza. La politica, che può fare tantissimo, per la cultura fa molto poco, e questa è una realtà incontrovertibile”.
Credo nel fare politica insieme, oggi siamo tuti nelle nostre case e rispettare quanto ci viene indicato, siamo tutti alla finestra, viviamo il tempo d’attesa. Permettimi il richiamo di papa Francesco, ai cattolici italiani. “Non state a guardare dai balconi la vita”. la fede non può non essere “politica”. Io ho fede. Nel silenzio di questi ultimi cinque anni, con tanti altri, sono arrivata a co-fondare con il prof. Stefano Zamagni presidente dell’accademia pontifica delle Scienze Sociali il prof. Leonardo Becchetti docente di economia e presidente della task force del ministro per l’ambiente Costa, Gianni Fontana, Giancarlo Infante, Nicola Graziani e tanti altri, il movimento “Politica Insieme” già attivo nella nostra provincia e di cui è guida spirituale Mons. Gastone Simoni vescovo emerito di Prato.
Molti, in questi giorni, rimettono ordine, alla casa, alle memorie, si rileggono libri e si ritrovano oggetti dimenticati. Cosa fai tu?
“Dal primo istante mi sono occupata dei lavori domestici. Non poter contare sull’ausilio di nessuno mi ha permesso di riappropriarmi della casa, di apprezzare, semmai ve ne fosse stato bisogno, il prezioso e insostituibile valore della collaborazione domestica. Con il lavoro quotidiano prendeva forma una nuova organizzazione scandita dall’esigenza di guadagnare tempo. Il tempo lo guadagnavo rallentando il ritmo, riscattandolo dalle pressioni esterne che abbiamo, temporaneamente, lasciate al mondo. Ho rimesso ordine negli armadi arrendendomi ad una logica della quale in futuro mi gioverò. Ho ripreso a studiare la Dottrina Sociale della Chiesa e saggi di economica sociale, approfondimenti fondamentali per il mio rinnovato impegno politico. Ho acquistato on line , dopo tanto tempo, la puntina del mio vecchio impianto stereo: da giorni ascolto musica con i vecchi ed amati vinili. È stato come ritrovare un oggetto smarrito! Il virus ha colonizzato il nostro tempo e noi abbiamo provato a regolarlo con un ritmo vitale. È ultroneo affermare come questa situazione sia difficile da vivere. Il dolore ha però una forza generativa dalla quale affiorano, come afferma Berger: “specifiche nostalgie: nostalgia della sensazione di sentirsi a proprio agio, di sentirsi a casa nella società, con se stesso e, in ultima istanza, nell’universo”.
Dai balconi e alle finestre, chi canta l’INNO NAZIONALE e chi ha dispiegato il TRICOLORE. Che significato dai a questo fenomeno?
“a paura ed il disorientamento, che hanno caratterizzato le nostre giornate, necessitavano di un orizzonte di senso che potesse mitigare un dolore sconosciuto.
La bandiera e l’inno d’Italia hanno offerto agli italiani la forza per ritrovarsi, per ricostruire un’identità perduta, regalandoci un incremento di umanità. E’ come se il tricolore si fosse accomodato tra l’idea di comunità e l’idea di società. Nella prima il popolo si identifica per una comune cultura, tradizione, storia, lingua; alla seconda chiede giustizia per ottenere, come frutto, la pace, la interpella perché superi quella crisi di integrazione e solidarietà che ha generato insopportabili diseguaglianze economiche e culturali”.
“FERMATE IL MONDO VOGLIO SCENDERE”. Quante volte l’abbiamo detto: quale mondo s’è fermato?
“Si è fermato quel mondo che ha come orizzonte un’asfittica ed infeconda concezione della vita: dominata dall’egoismo, dall’indifferenza, da un’alienazione edonistica e da pigrizia intellettuale, determinando così il degrado della convivenza civile. Si è interrogato quel mondo che non ha contribuito a saldare la complessa sfera tra il pubblico ed privato. Si è fermato quel mondo che attonito piange i suoi morti, che tocca con mano una recessione economica di incalcolabili proporzioni, anticipata da un calo della natalità figlio di una atavica crisi che ha privato il mondo di speranze vitali. Abbiamo potuto drammaticamente certificare una programmazione politica cieca e sorda ai bisogni primari di una comunità: salute, formazione, ricerca.
Il nostro meraviglioso popolo, però, non si è arreso, è andato avanti. Ha trovato insospettabili risorse per un “riarmo morale”: lo testimoniano l’abnegazione dei nostri medici, infermieri, farmacisti, sacerdoti e il personale che ha reso possibile la spesa quotidiana. Abbiamo compreso, voglio augurarmi per sempre, che siamo condannati ad un castigo immanente se non sentiamo di essere parte di un’unica famiglia umana che ambisce a servire, che riscopre principi e valori con l’insopprimibile anelito di creare, condividere e solidarizzare”.
L’abbraccio è l’incontro. L’uno e l’altro sono negati. Quali libertà ci restano?
“La persona è una realtà “costitutivamente comunionale”, la cui realizzazione è sempre strettamente connessa alla relazione con l’altro. Nell’abbraccio si concretizza quell’atto di empatia che, per l’uomo, è linfa vitale. Da un abbraccio fugace e festoso sino ad un abbraccio che accoglie il dolore, la solitudine, la sofferenza, sperimentiamo l’essenza dell’altro ed accediamo, così, al suo vissuto. Quella corporeità ha la forza di scardinare le coordinate spazio-temporali per lasciare posto alla condivisione, alla solidarietà e all’Amore. L’empatia, come ci ha insegnato E. Stein, “serve da correzione alle illusioni che può produrre la sola esperienza individuale”. In questo momento abbiamo la possibilità, più che nel passato, di pensare intensamente alle persone care, di incrementare contatti telefonici o epistolari, di far sentire quanto anche un tempo sospeso e avverso, non abbia la forza di relativizzare o, ancora peggio, indebolire la solida trama delle relazioni umane”.
C’è chi vendeva sogni e chi solide realtà. Che fine faranno le solide realtà?
“Quando si vendono sogni, si toccano sempre delle fragilità di natura, psicologica o materiale, avendo la consapevolezza che il destinatario sperimenta, quotidianamente, l’emarginazione e nuove, e sempre più complesse, forma di povertà e di abbandono. Nel contrabbando di quel simulacro che origina da una “pace letale”, scorre di tutto: il politico disonesto e incompetente che promette lavoro, lo spacciatore che placa il disagio frantumando la forza vitale, le lobbies finanziarie che perseguono un profitto senza servizio, un sistema pubblicitario che induce all’acquisto compulsivo, una mafia che offre protezione sottraendoti il futuro. In questo sistema non v’è traccia di bene né di sollecitudine. La linea di demarcazione tra chi vendi sogni e chi costruisce solide realtà, è la dignità della persona umana. La persona è titolare di diritti originari che nessuna istituzione può certificare né legittimare: l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio. Chi costruisce solide realtà? La famiglia che, seppure delegittimata nel suo ruolo e svuotata della sua rilevanza pubblica, resiste garantendo amore, cura, tessendo quotidianamente relazioni fiduciarie e di reciprocità. I docenti che, innamorati del loro ruolo, garantiscono non solo la trasmissione del sapere ma suppliscono eroicamente a tanti vuoti educativi. Le associazioni di volontariato che non solo rispondono alla grande decadenza morale ed economica della società, ma provano a fondare le relazioni umane su una trama sociale più solida. La buona politica che cerca di riscoprire “il centro perduto dell’intera società civile”. I nostri ricercatori, tanto emarginati eppure tanto preziosi per la nostra esistenza. La Chiesa che da sempre si è fatta carico dei bisogni dell’uomo”.