Cisternino, dove la natura canta e il silenzio suona

di Giancarlo Sacrestano per il7 Magazine

“Gli uomini prima sentono senz’avvertire, dappoi avvertiscono con animo perturbato e commosso, finalmente riflettono con mente pura” (Giovan Battista Vico Libro 1°, sez. II, parag. 53, La Scienza Nuova, ed. 1744)
Frequentare cose sane e sensate, belle e seducenti per riprendere i sensi, lontano dall’anestetico inquinamento che il rumore delle informazioni ci propina ogni giorno. Spazio: sentito, percepito, raccontato, raffigurato, costruito, messo in movimento.
Luoghi privilegiati dove ascoltare riflessioni originali legate al mondo dei sensi. Gite a lenta velocità, esposizioni tattili, biodiversità, pietre, piante, trulli, sensi e alta tecnologia visti con occhi nuovi. Queste sono le prime riflessioni di un viaggio a bordo di un’auto tecnologicamente avanzata, che quando parte, ti domanda tutto e pretende che tu le risponda in senso compiuto, altrimenti non si muove.
È anziano l’autista, un giovane degli 60 quando un soffio alla candela, una pulitina alle puntine dello spinterogeno ed il fugace ma capace motore della 600 arrancava per le strade e di terza ed a tratti di seconda affrontava le colline murgiane per arrivare alla meta di oggi: Cisternino.
È una bellissima giornata di sole, un lunedì di novembre 2021 che tradisce le aspettative della stagione per cedere il passo a suggestioni e serenità fuori dal tempo. Al mattino presto, pioveva e l’idea della passeggiata stava per saltare. Invece appare il sole e la passeggiata a piedi per il borgo più bello diventa fattibile.
Scorre veloce il tempo lungo la statale 379 sino a raggiungere l’uscita per Cisternino che condivide con la località fasanese di Torre Canne.
Nella contrada fasanese di Pozzo Faceto, non paia strano, è collocata la stazione ferroviaria di Cisternino, uno dei borghi più belli d’Italia, che deve il nome a Sturnoi, compagno di Diomede, che dopo la Guerra di Troia avrebbe fondato una città vicina che, in seguito, occupata dai Romani, fu chiamata Sturninum, l’attuale Ostuni. Nonostante nei pressi siano stati rinvenuti importanti testimonianze dell’età del bronzo, il suo nome dal latino “Cis Sturnium” non significa altro che “al di qua di Ostuni”. All’interno della frazione lungo viale dei Miracoli, troneggia una bella fontana pubblica a forma di pozzo dell’acqua e l’erogatore un vecchio secchio di alluminio. Pare una foto risalente a qualche decennio fa, quando a transitare per quelle strade secondarie, traini di cavalli alleggerivano il traffico pedonale per le medio lunghe distanze.
La particolarità di questo centro posto nella parte meridionale della Japigia, non in Terra d’Otranto, né se si preferisce, il Salento, vero balcone murgiano sulla costa adriatica, è che possiede due stazioni ferroviarie. La prima si trova lungo la linea adriatica gestita da RFI, in località Pozzo Faceto di Fasano e distante circa 10 km da Cisternino, l’altra, posta a ridosso della cittadina, lungo la depressione della bella Valle d’Itria, gestita dalle Ferrovie del Sud-Est.
Le particolarità però non finiscono qui, perché al decantato ed incantevole centro storico, della città, un intricato, quanto minutissimo reticolo di viuzze in cui le abitazioni si incastrano, si sovrappongono e si confondono, in una sinfonia urbana che genera da una evoluzione dettata dalle rinnovate esigenze, Cisternino ha diversi borghi satelliti, Caranna a Nord est, Marinelli a nord ovest e Casalini a sud.
La strada provinciale n. 9 giunge ai piedi dello zoccolo murgiano e sale di 200 metri di quota in poco più di 2000 metri. Nel 1976, fu parte, cosiddetta, da montagna, del circuito dei mondiali di ciclismo che si tennero nella provincia di Brindisi, con partenza ed arrivo ad Ostuni. La rigogliosissima vegetazione è un ulteriore viaggio, nel viaggio. Al quadrivio posto alla sommità una pianta di ulivo di ben 600 anni aiuta il viaggiatore ad aumentare il senso di rispetto per una natura che qui si esalta e ti avvolge. La gran quantità di alberi primeggiano sul territorio e ne conferiscono un significativo segno di esaltazione della vita.
Il colore bianco delle costruzioni che spesso prendono forma di trullo, ti cambiano il punto di riferimento che si colloca in alto, in quel punto magico dell’incontro tra la punta del cono, una piccola sfera di pietra ed il cielo, quel luogo dove tutto è possibile e dove tutto s’incontra. Pare strano ma è lì che si concentra lo sguardo ed il punto posto in alto rappresenta l’alta significazione di traguardo e meta dell’attività lavorativa e certamente certosina del maestro costruttore.
Il centro antico è un quadrangolo di circa 200 metri di lato e perdersi, ricercare e ritrovarsi è un gioco che si contamina dei tanti profumi e colori che immergono il visitatore in un altro tempo più che un altro luogo.
L’imponente torre posta a guardia della porta Grande e che sorveglia la valle d’Itria da cui chiara si intravvede a sud ovest, la sagoma di Ceglie Messapica, fa il paio con la bellissima Chiesa matrice di San Nicola, nella cui cripta sono conservate le memorie di un tempo e di una cultura testimoniata mille anni fa.
Nel giardino pubblico che si propone come balcone sulla valle d’Itria, all’ombra di rigogliosi alberi, sedersi alla panchina non è gesto di stanchezza ma di ricercata riflessione, che magari accompagna la memoria storica dei caduti e dei dispersi nelle guerre che il bel monumento ricorda.
Le indicazioni stradali sono chiare e la distanza di 2 chilometri si copre in poco, ma il tempo in cui il luogo ti immerge è collocato in una dimensione tutta da scoprire e da capire.
Caranna è un borgo collocato a poche centinaia di metri dal Monte Pizzuto, la parte più alta e suggestiva di questo angolo di terra brindisina.
Lo sguardo che si gode dal balcone delle murge è di quelli che coinvolgono i cinque sensi. Nel silenzio di una natura generosa la vita mi ha scosso dal baratro del mio abissale tugurio dei pensieri alieni e astucci di preservativi, ai lati del sentiero, appaiono i segnali, che prima di me era passato amore.
Al centro di Caranna, nei pressi della vecchia chiesa, dove pigri sonnecchiano i gatti ed accecante è il bianco della calce appena passata sul tetto dei trulli, suggestiona la presenza di un’opera scultorea. È l’anima del marmo, si chiama, di Walter Loparco, suo dono alla comunità di Caranna e di Cisternino, canto delicato di quella pietra le cui cave vicine, segnano come indelebili ferite, il territorio.
Non abusi, non schiaffi ecologici, ma cave, come memoria antica di un rapporto vitale, duro aspro, ma leale, tra natura e uomo. Un dialogo che la forma a cono delle case, esalta e sublima e che il candore delle architetture spontanee del centro storico, fa diventare colore del quadro più bello. A margine pare giusto rilevare come la principessa della pasta, le orecchiette, vivono un momento di grande esposizione proprio a Caranna con serate di grande partecipazione.
Lascio Caranna a nord prevedendo di giungere a sud di Cisternino sino a Casalini, lungo la provinciale n 17 che prosegue verso Ostuni.
Una meta intermedia e necessaria è però il santuario della Madonna di Ibernia. Il Santuario, in stile romanico, ha origine nel XII secolo, sorto sui resti di un preesistente cenobio basiliano costruito non distante dal tempio romano dedicato alla dea della fertilità Cibele.
Dall’antico culto verso questa divinità deriva la venerazione per la Madonna, detta anche “delle uova”, simbolo della procreazione e dell’abbondanza che secondo la leggenda avrebbe indicato durante un’apparizione il luogo dove costruire questa chiesa.
Il Santuario, ben mantenuto, è il luogo d’incontro tradizionale del lunedì di Pasqua, quando i Cistranesi portano il dolce caratteristico “u chrruchl” che ha il significato di augurare fecondità: infatti è a forma di borsetta con due uova sode per gli uomini e a forma di bambola con un uovo sodo nel grembo per le donne.
L’autista che mi accompagna, mi vuole suggestionare con la visita di un’altra frazione, Marinelli a nord ovest di Cisternino. Una strada ben pavimentata, scarsa di larghezza, conduce ad una corretta gestione degli spazi e degli ambienti. A novembre comincia a germogliare il grano che verdeggia sotto le bellissime ed ubertose querce.
La piccola frazione è una delizia di genuina salubrità, composta gestione del territorio e si chiama Marinelli.
Esisteva in questa zona una masseria con annesso uliveto, detta Marinedd (mare di ulivi). La masseria, di cui oggi sopravvivono soltanto tre coni di trullo, diede il nome alla contrada Marinelli. Agli inizi del ‘900 la piazza di oggi era un bosco di querce: nel 1916 gli abitanti della contrada decisero di edificare una chiesa ai Santi Medici Cosma e Damiano con la vendita della legna del bosco. Tagliarono tutto il bosco e con il ricavato, aiutati dalle offerte degli emigrati in America, riuscirono nell’intento: nel piazzale fu lasciata la pianta più rigogliosa che diede il nome alla piazza attuale. Sotto la maestosa quercia (quercus trojana) per tradizione si riunisce l’attivissima l’associazione Pro-Marinelli “Padre Francesco Convertini”.
Marielli è una frazione di confine col comune di Locorotondo, divenuta con la nascita della provincia brindisina ultima della nostra provincia ai confini con la provincia di Bari.
Nel 1889 nasceva Francesco Conviertini, che nei documenti è citato come abitante di Locorotondo, com’era giusto per il tempo. Francesco Convertini nacque in contrada Marinelli vicino a Cisternino, in provincia di Brindisi.
La sua famiglia era molto povera, e fu costretto a lavorare fin da piccolo. Appena diciottenne fu chiamato sotto le armi a combattere la Prima Guerra Mondiale. Fu catturato dagli austriaci e internato in un campo di concentramento. Alla fine della guerra fu liberato. Guarito dalla meningite, decise di entrare nella Guardia di Finanza. Seguì il capitano, di cui era “attendente”, a Torino e, devotissimo della Madonna, andò a confessarsi nella Basilica di Maria Ausiliatrice. Qui La Provvidenza volle che il confessore fosse don Angelo Amadei, il secondo grande biografo di don Bosco. Don Angelo fu la sua guida spirituale. Dopo averlo invitato a partecipare alla consegna del crocifisso ad undici missionari partenti per l’India disse: “Perché non diventi missionario anche tu?”. Francesco intraprese con fatica gli studi nell’Istituto salesiano missionario di Ivrea e, dopo aver ricevuto il crocifisso da don Rinaldi, il 7 dicembre 1927 si imbarcò per raggiungere l’India. Qui percorreva chilometri per visitare i villaggi, entravando nelle case per raccontare a grandi e piccoli la vita di Gesù. Con difficoltà riuscì a compiere gli studi filosofici e teologici. in Krishnagar ebbe tanti amici, tanti figli spirituali tra ignoranti e sapienti, tra ricchi e poveri. Era uno dei pochi missionari che poteva entrare in una casa indù e spingersi oltre la prima camera d’ingresso. maestro di vita interiore, che possedeva abbondantemente la “sapientia cordis”. Godette fama di santità già in vita, non solo per la sua eroica dedizione alle anime, ma anche per misteriosi episodi che si raccontavano di lui. Fu un apostolo di Maria Ausiliatrice. Morì l’11 febbraio del 1976 mormorando: “Madre mia, io non ti ho mai dispiaciuto in vita. Ora aiutami tu!”. La sua salma fu esposta in Cattedrale, e fu un continuo affluire di persone di ogni razza e di ogni religione. Ora riposa nel giardino adiacente alla Cattedrale di Krishnagar.
Oggi nella sua memoria a Marinelli si tiene il “Festival dei Sensi”, proprio sotto la grande quercia dove si alternano interlocutori di alto profilo, come: Achille Bonito Oliva, Paolo Crepet, Renato Mannheimer e tanti altri, tutti promotori dello stimolo attivo alla promozione della comprensione della vita e dei suoi significati.
Mi siedo su una panca, che come tante altre contrappuntano la piazza della quercia a 392 sul livello del mare, i pensieri si affollano e tutti pronunciano un medesimo canto alla vita, dalla sua bellezza per la cordialità e la bellezza del luogo, per giungere al pensiero alto del Festival dei sensi, dove la vita è esaltata dall’albero che non trattiene, ma protegge, che non soffoca ma esclama l’amore alla vita.
È troppo presto ma riprendo la via, la strada è lunga ed i quattro chilometri, superato il rondò postò sulla provinciale n. 17, scorrono lungo un territorio che ha il sapore della fatica, dei campi realizzati sui terrazzamenti, ricavati con dissodamento fatto a mano ed ogni metro quadrato è frutto di fatica e sudore.
Casalini è una frazione laboriosa, sorta dalla necessità di dare ospitalità agli abitanti dei casali della zona. Vive della cultura dell’olivo e del suo preziosissimo olio. Ci vuole poco a percorrerlo, ma ogni passo, ha il sapore pesante di una tradizione antica ed intima. Sulla porta d’ingresso dell’antica chiesa della frazione, datata 1870, una frase in latino “Haec domus Dei Est et Porta Coeli” (Questa è la casa di Dio e porta del cielo). A pochi passi una ringhiera, come fosse d’un balcone, apre ad una visione che ha il sapore sacro del paradiso, la bella valle d’Itria, che si colora d’un cielo azzurro e punteggiato da tanti schizzi bianchi su un drappeggio di tutte le tonalità del verde, tante sono le varietà di alberi che la compongono.
Come fosse necessario eco, a poche decine di metri, la moderna chiesa parrocchiale dedicata all’Immacolata, che non rinuncia alla civetteria di piccoli trulli, ma che si concede al cielo con un campanile a forma quadrata che sovrasta ed invita a guardare in alto, ma proprio in alto, dove, solo il sacrificio ed il duro lavoro, ti fanno arrivare.
Dal 12 febbraio 2000, il Comune di Cisternino è gemellato col Comune svizzero di Kreuzlingen, sul lago di Costanza, sul confine con la Germania. Un vincolo nato negli anni ’50, quando, uomini e donne lasciarono le famiglie ed il loro paese per cercare lavoro e fortuna in Svizzera.
A Kreuzlingen, nel Cantone Tugovia, molti trovarono una sistemazione, un ambiente ospitale e poi fu un passaparola e iniziò l’esodo.
Ogni famiglia cistranese ancora oggi ha un parente che in quegli anni partì alla volta della Svizzera. Oggi la città conta quasi ventimila abitanti e il 40% è costituito da stranieri, molti dei quali cistranesi, per questo considerata la seconda Cisternino dove la pace si manifesta come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica.

.