Da Mesagne a Brindisi, un cammino suggestivo Ma anche rifiuti e una cava

Il cammino necessita di preparazione mentale, ancor prima che atletica e un’idea di viaggio ancor prima del tragitto da percorrere. Fortuna vuole che oggi, ambedue le voci siano soddisfatte dalla mole di emozioni e di suggestioni che sono state raccolte tra gli scaffali delle biblioteche pubbliche e private, nel corso di almeno tre secoli di resoconti in forma di libro, in mappe e carte corografiche.
È perlustrando gli scaffali, raccordando notizie quotidiane ed ascoltando testimoni che approccio all’esperienza di raccontare la esagerata massa di emozioni, storie, memorie, culture, che i pochi chilometri del tratto brindisino dell’Applia raccontano.
Non un cammino esaustivo, ma appunti di una passeggiata che sprofonda le scarpe, ora su un comodo manto di asfalto, ora facendo fatica a non restare infossato in una coltre di fango, dove, e questo accade, il tracciato è nascosto tra i filari di piantagioni e la sua larghezza si riduce ad un sentiero, “rasula” in dialetto salentino.
Con la mappa efficientissima ricavabile dal sito che il MIBACT dedica al “Cammino sull’Appia” e l’assistenza di una antica pagina dell’atlante del Regno di Napoli, realizzato dal corografo brindisino Benedetto Marzolla, mi accingo a vivere e raccontare senza alcuna velleità di esaurire alcun argomento, ma sollecitare sopite voglie, nascoste abilità, tra quanti mi onoreranno della loro attenzione, fosse pure critica, a tratti violenta ed accidiosa, come già mi capita di leggere. A tutti, un solo messaggio: sono impedito da malattia e le gambe e la vista mi fanno dipendere da chi si presta ad accompagnarmi. Pochissimi passi incerti, ancora mi permettono di appoggiarmi ad un bastone per fermarmi a fotografare un particolare, per raccogliere gli appunti di un viaggio, che mi auguro, sia bene accolto, non già per la pietas, ma per il contributo asciutto a volte troppo, sempre emozionato, per riconoscere nostro, un patrimonio che è giusto che diventi Patrimonio dell’umanità.
Il primo tratto che intendo portare all’attenzione, questa settimana, è carico di contrasti e di conflitti emozionali, che in un solo termine definisce il complicatissimo e difficile intrigo tra opportunità e imprevisti, che si contendono la buona riuscita di “APPIA PROJECT”, il progetto cui guardano con attenzione i comuni di Brindisi, Mesagne, Latiano, Oria e Francavilla.
Parto dal punto più distante, ovvero dal confine più occidentale del comune di Brindisi, col comune di Mesagne.
Il percorso è parallelo alla grande arteria SS7 e le si discosta di poche centinaia di metri, rimanendole sempre a sud.
Sono circa 20.000 i passi (unità di misura di un cammino – un passo equivale a circa 60 cm) necessari per raggiungere il luogo terminale, le colonne poste dinanzi al porto e alla suggestione virgiliana e della sua residenza, dove più voci fanno convergere il luogo della sua morte.
Mi volto ad occidente, immaginando che di lì giunsero i romani e quanti, nei secoli, decidevano di giungere a Brindisi, attraverso l’Appia del Console Claudio. La suggestione di un tramonto mozzafiato e due piccoli pilastri alla mia sinistra, posti senza intenzione a marcare il confine riflessi nella pozza d’acqua piovana di fresco piovuta, sono l’ultima occhiata al passato intenso che porta con sé il tracciato. A pochissime centinaia di metri, alla mia sinistra, la Cittadella della Ricerca, patrimonio culturale d’eccellenza che poco è ascoltata dal territorio.
Si chiama Strada comunale n. 16 da questo punto in poi ed è agile la sua percorrenza su piano bitumato di una strada a due corsie. I successivi 1800 passi sono agevoli ed un paio di scarpe comode ai piedi, sono più che sufficienti.
Il paesaggio è punteggiato da campi agricoli ad ortaggi, foraggi, scarsi arboreti ed una bella e rigogliosa macchia arboreaa destra, che amplia il sistema dei boschi brindisini “Lucci-Preti-Santa Teresa”.
Confermo che né i primi, né i successivi passi sono stati eseguiti dalle mie gambe. A passo d’uomo, l’auto su cui sono comodamente seduto, mi permette di perlustrare pensieri ed emozioni ed ogni tanto, scendere a riempire i polmoni e scattare qualche foto.
La faccenda cambia di registro all’incrocio con la strada provinciale n. 80, perché l’ampiezza della strada scende da circa 6 metri a poco più di 3 metri ed il manto non è più pavimentato ma accidentato e a tratti mutevoli, manca di pavimento, ridotta com’è a sentiero o come in alcuni tratti ancora più stretti, a “rasula”.
Fa piacere ripercorrere, come i viaggiatori che avrebbero frequentato questa strada al tempo del “Gran Tour” e tra i tanti me ne sovviene uno che mi sta caro, Carlo Ulisse De Salis Marschlins, che nel 1793 non riservò particolari elogi alla città ed ai brindisini.
Il suo viaggio per le città del Regno, aveva scopi di ispezione militare, ma resta testimone fedele di quello che vide e scrisse.
“Dove volete trovare colonizzatori che accettino volontariamente d’abbandonarsi alla morte, o almeno ad una vita dolorosa e malaticcia?
E con quale giustizia possiamo noi rimproverare ai brindisini la loro indolenza, perché lavorano solo 4 ore al giorno e passano il rimanente della giornata nelle taverne, cercando di affogare nel vino la loro miseria? Quello che è realmente da sorprendere, è come il Governo non abbia sinora mostrato nessun interesse, non abbia pensato a nessun progetto per risollevare la misera città ridonandole la posizione più importante d’Italia, con l’aprirne e ripulirne il grandissimo porto”.
Ripasso la pagina dell’atlante del Regno di Napoli del brindisino Benedetto Marzolla e sorprende come il suo tratto di disegno, pulito e preciso, sia sovrapponibile a quello che le ruote dell’auto sta percorrendo.
Un’avvertenza altrettanto chiara che il disegno evidenzia è che al 1841 la Appia era definita “Strada rotabile naturale” contro la più marcata via salentina che congiungeva Taranto a Lecce che è definita “strada rotabile costrutta”.
Buche larghe e profonde, piene d’acqua, sono l’approccio emozionale più negativo che giunge alla mia mente che, partigiana, guarda speranzosa, alla riscoperta, col Cammino, anche la ragione profonda ed intensa del territorio brindisino.
Scarsi i vigneti, gli uliveti ed i carciofeti, molte le fallanze di terre incolte e quelle destinate alla coltivazione altrimenti orticola, lasciano ammutoliti, per quanto prodotto non raccolto, ora a causa meteorica, ora a causa di un mercato che non remunera i costi di produzione.
L’auto è alta e sconsiglio altro veicolo se non un SUV, alto è il rischio di arrecare danni all’autovettura.
L’incertezza del piano stradale, largo circa 3,50 (!) rilancia un tema lontano, quello della messa in sicurezza del “Cammino” secondo i protocolli già stilati.
Ho appena percorso 1.000 passi dall’incrocio con la provinciale 80 e dinanzi a destra un cancello ampio e chiuso. Il sole sta tramontando e l’orario di lavoro già trascorso. Attorno non ho percepito segni di traffico di mezzi pesanti, eppure, ciò che ho di fronte è una grande cava di argilla e sabbie. Il recinto che delimita la cava fa da confine destro alla via per circa 700 passi, varietà arbustive e giovani alberi, sono il segno di una composta azione di messa in sicurezza del sito nel rispetto anche della preservazione dell’ambiente. È grande la cicatrice che sprofonda, in alcuni punto anche fino a 16 metri e la mente mi invita a pensare che quel materiale estratto è come il frutto di un campo, buono per usarlo così com’è o per realizzare, come con i frutti, pietanze, con argilla e sabbia, manufatti per edilizia. È la cultura del fare, del lavoro di cui lamentiamo la mancanza e questo grande campo coltivato a cava estrattiva, voglio leggerla così è testimone di un difficile rapporto con l’economia del territorio. Non ho visto tracce di pneumatici da autocarro e la cosa mi fa pensare che si possa trattare di assenza di commesse. Assenza di lavoro.
Approfondisco la faccenda e trovo nell’archivio legale più efficiente una narrazione interessante.
Leggo dal Bollettino Ufficiale della Regione Puglia – n. 82 del 13-7-2017, la Procedura di valutazione di impatto ambientale. Proponente Ditta FIMAB al Comune di Brindisi. Il firmatario è l’ing. Gaetano Padula, allora Responsabile settore ecologia, controllo e risanamento ambientale. Al punto “C” della relazione: “nota del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo-Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Lecce, Brindisi e Taranto prot. n.2669 del 22.02.2016, acquisita al nostro prot. gen. n.23895 del 22.03.2016, con la quale rilevando che l’area interessata non contempla beni sottoposti alle disposizioni di tutela di propria competenza, chiede a questa Amministrazione Comunale di accertare la presenza di eventuali zone vincolate ai sensi dell’art. 142 del D.Lgs.42/2004;”. Nella fase di determina dell’autorizzazione si legge al punto “Dall’esame di tutti i pareri pervenuti e sulla base della valutazione complessiva del progetto, delle sue caratteristiche ed alla sua localizzazione e ai possibili impatti derivanti dall’ampliamento dell’attività estrattiva è emerso quanto segue: A. Localizzazione dell’intervento, pianificazione territoriale vigente e matrici ambientali caratterizzanti il sito: La cava in oggetto è in attività dall’anno 2010 ed è coltivata dalla ditta “FIMAB” s.r.l.. E’ situata nel Comune di Brindisi, in località “Albanesi” a circa 4,8 Km dall’ abitato di Brindisi. La cava si raggiunge principalmente percorrendo la S.S. 7 – via Appia, – direzione Brindisi-Taranto; tale collegamento alla struttura viaria principale è consentito attraverso le complanari alla stessa e parte delle aree (quelle identificate nel foglio catastale 142) risultano adiacenti al ponte cavalcavia con svincolo per Sandonaci, posto in prossimità del confine dl Comune di Mesagne, a tal fine si prescrive il rispetto delle distanze dalla viabilità principale e secondaria secondo il Codice della strada e secondo il Codice Civile.
L’azienda è ubicata in pianura con quote altimetriche medie di circa 40 mt sul livello del mare.
Nelle aree vicine all’impianto, è localizzato uno dei più importanti corsi d’acqua della provincia di Brindisi, ovvero il Canale Reale, che dista circa 150 metri a ovest, il quale presenta delle incisioni più marcate. Tutti gli altri corsi d’acqua, come il canale Giancola, canale Cillarese, canale Palmarini-Patri, canale Fiume Piccolo e canale Fiume Grande, si ritrovano più a est.
Secondo quanto risulta dal PRG vigente del Comune di Brindisi l’area in esame è tipizzata come zona “E” agricola e parte di esse risultano interessate dall’ambito esteso di tutela “D” del PUTT – paesaggio”.
Al Comune di Brindisi, pertanto, ma con buona pace di quei tanti che si professano attenti cultori della pavida brindisinità, nessuno aveva provveduto a darsi contezza, ovvero deliberare, l’interesse culturale per un luogo che Paolo Rumiz, già due anni prima aveva mostrato essere di importanza primaria, avendo anticipato, essere il nuovo messaggio di rinascita culturale del Paese. Proprio da Brindisi, proprio qualche ora dopo essersi gettanto nelle acque del porto, alla base della scalinata virgiliana.
Né che, negli anni a seguire, altro sia stato realizzato, se non, sostanzialmente, quello che sta avvenendo in queste settimane, con l’avvio del percorso progettuale di “APPIA PROJECT”, tutto da capire e far conoscere alle realtà locali e che trova ampia corrispondenza, in protocolli interessanti ed attivi, da cui proprio Brindisi risulta fatto marginale e non protagonista principale.
Le iniziative realizzate negli anni sotto il brand “Appiaday” ha sempre visto la partecipazione del Comune di Brindisi in posizione marginale, mancando sostanzialmente gli incontri istituzionali che lo hanno visto l’assente di lusso.
È mortificante verificare che i brindisini che contano e decidono, non abbiamo consapevolezza e la mancata connessione tra cultura e gestione economica del territorio, lo evidenzia in maniera assai evidente, troppo drammaticamente stridente.
La strada è percorribile per ulteriori 650 passi, poi è praticamente impossibile proseguire anche a piedi. La strada comunale 16, sovrapponibile al vecchio tracciato dell’Appia, diventa semplice frammezzo fra due filari di carciofi, la pioggia ha creato un pantano e bisogna attendere una stagione migliore. Sarebbero 1400 i passi, ma occorre fare una deviazione di circa 1900 passi per riprendere il cammino che incontra alla sua sinistra la sede della Comunità di recupero “Emmanuel” prima di proseguire, sempre e comunque stentata e tra piccole sparse discariche, di plastiche indesiderate, per i successivi 3900 passi che ci porteranno, dopo ulteriori 3900 passi, al punto di incontro con l’attuale SS7, ovvero al sottopasso che la attraversa per costeggiare il centro commerciale alle porte della città. L’approdo alle colonne è distante, come la lontananza della realizzabilità di un progetto che affascina e suggestiona, ma rischia di non mettere neppure un passo. Ogni viaggiatore è sognatore e sa che nella realtà, chi gli rema contro, è l’interesse mascherato da millantata cortesia.
(la prossima settimana il tratto della via Appia nel territorio di Mesagne)