Da San Vito a Parigi: il fantastico cammino di Lanza del Vasto

di Alessandro Caiulo per il7 Magazine

Il luogo che mi è piaciuto visitare questa settimana, nel corso di una salutare camminata all’aria aperta, mi è stato suggerito da una serie di iniziative di inizio autunno del Comune di San Vito dei Normanni in commemorazione dei 120 anni dalla nascita dell’illustre concittadino Lanza del Vasto, al secolo Giuseppe Giovanni Luigi Enrico Lanza di Trabia-Branciforte, di nobile progenie, come suggerisce l’altisonante nome, e la cui casa natale si trova nella contrada Specchia di Mare, a Sud-Est della città, non lontano dal tratto della Statale 16 collega Brindisi a San Vito.
Anche a voler limitare la conoscenza di questo personaggio alle prime parole che si leggono su di lui attraverso una ricerca lampo su Wikipedia, se ne intuisce subito la grandezza: “La sua personalità eccezionale riunisce caratteristiche disparate: poeta, scrittore, filosofo, pensatore religioso con una forte vena mistica, ma anche patriarca fondatore di comunità rurali sul modello di quelle gandhiane e attivista non violento contro la guerra d’Algeria o gli armamenti nucleari”.
Alcuni anziani del paese, con cui ho avuto modo di scambiare qualche parola e che ricordano sue visite di quaranta/cinquant’anni fa, lo ricordano come un tipo strampalato, vestito da santone indiano, che parlava di pace e non poca fu la loro sorpresa nel sapere dalla viva voce di don Antonio Chionna, prelato e grande uomo di cultura di San Vito dei Normanni (da poco scomparso e che pochi anni addietro ebbe anche a lanciare l’idea di una Fondazione per far conoscere oltre che la musica di Leonardo Leo e le cripte di San Biagio e San Giovanni, anche la figura di Lanza del Vasto, il suo pensiero e le sue opere), che Lanza del Vasto era cristiano e cattolico fino al midollo e che aveva scoperto che il metodo gandhiano della non violenza si sposava perfettamente con il messaggio di Gesù Cristo.
D’altronde negli anni trenta e quaranta, ma anche dopo, ha sempre alternato pellegrinaggi in India, divenendo realmente discepolo prediletto di Gandhi ed in Terra Santa, dove lui stesso diceva che andava per convertirsi alla sua stessa religione in quanto, fino all’ultimo, a chi gli chiedeva se fosse cristiano rispondeva: “sarebbe presuntuoso da parte mia dirlo, ma tento di esserlo”, inoltre amava dire “Il Vangelo è la Magna Carta della nonviolenza occidentale”.
D’altronde è noto che almeno tre grandi papi, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, furono suoi estimatori, in quanto lo riconoscevano, così come lo aveva chiamato lo stesso Mahatma Gandhi, “servitore della pace”.
Basti pensare che, durante la Quaresima del 1963, nel periodo in cui si teneva il Concilio Vaticano II, Lanza del Vasto iniziò un digiuno di preghiera, durato poi ben quaranta giorni, per sollecitare la Chiesa a spendere una parola forte ed inequivocabile per la pace nel mondo. Poco dopo il trentesimo giorno, il Segretario di Stato Vaticano, inviato dal Papa Buono (ora San Giovanni XXIII), consegnò a Chanterelle, la moglie di Lanza del Vasto, il testo della nuovissima enciclica papale “Pacem in Terris” affermando con sicurezza: “dentro ci sono cose che non sono mai state dette, pagine che potrebbero essere firmate da suo marito”.
L’originalità del suo pensiero sta nell’aver esteso la non violenza ad ambiti che potrebbero sembrarle estranei: all’economia non violenta, all’educazione, alla medicina, alla spiritualità. Il che lo rende estremamente moderno anche oggi, a quaranta anni dalla sua morte, nella nostra società, troppo conflittuale in ogni campo.
Tre erano le parole che Lanza del Vasto pronunciava, sempre, al termine di ogni incontro, discorso e conversazione: Pace! Forza! Gioia!
Certamente qualsiasi cosa io possa dire di lui in questa sede sarebbe estremamente limitativa, stante la levatura di quest’uomo, per cui suggerisco, a chi volesse approfondirne la conoscenza, di leggere le sue opere.
Occupiamoci, allora, brevemente della passeggiata a Specchia di Mare alla ricerca della sua casa natia. Avendo solo un’idea approssimativa di dove potesse essere, provenendo da Brindisi, ho lasciato l’auto nel parcheggio di un grande supermercato all’ingresso della cittadina normanna e mi sono diretto, a piedi, in una stradina di campagna quasi parallela alla Statale 16, percorrendola in direzione del capoluogo.
La giornata soleggiata e piacevole, la vista della bella campagna sanvitese con i suoi prati fioriti anche alle porte dell’inverno, villette patronali con bei giardini e, soprattutto, cosa che raramente ho incontrato in centinaia se non migliaia di chilometri percorsi a piedi nell’intero territorio provinciale, niente cumuli di rifiuti in giro, niente onduline di eternit contenenti amianto abbandonati nelle campagne, nessuna carcassa di animale a bordo strada, nessuna costruzione diroccata a fare brutta mostra di sé, il che, sinceramente, ha contribuito a riconciliarmi con l’umanità e mi ha dato un senso di pace che è difficile da poter spiegare a chi non lo prova.
Dopo una decina di minuti di cammino, o poco più, un cartello giallo con su scritto “Specchia di Mare” mi invita a deviare a sinistra, continuo a camminare convinto che non mi sarebbe sfuggita alla vista la grande villa, che avevo visto in foto, meta di questo mio pellegrinaggio e, invece, dopo aver percorso quasi altri due chilometri, giunto ad un bivio che a sinistra portava verso Apani e, a destra, verso la Statale, mi rendo conto di essere andato sicuramente molto oltre ed essere giunto quasi in agro di Brindisi.
Non mi resta che telefonare al mio amico e collega avvocato Antonio Santoro, che è anche vice sindaco di San Vito dei Normanni e grande ammiratore del pensiero di Lanza del Vasto, per chiedere lumi al riguardo e, in effetti, avevo superato da tempo la casa di Specchia di Mare, invisibile dalla strada in quanto circondata da un parco di imponenti piante secolari che la nascondono allo sguardo.
Forte è stata l’emozione quando mi sono ritrovato al cospetto di quella stessa scalinata che conduce al primo piano della costruzione settecentesca, arricchita nel secolo successivo da colonne e capitelli in stile neoclassico, dove Lanza del Vasto è stato fotografato da piccolino e, anche, nel corso delle sue ultime venute a San Vito dei Normanni, dopo quasi sessanta anni di assenza.
Purtroppo mi sono dovuto accontentare di visitare solo gli esterni del fabbricato e di passeggiare nel parco dove insistono grandi alberi, monumentali agavi e spinosi cactus, dal momento che gli interni, appartenendo la villa a privati che stanno provvedendo a ristrutturarla, non è visitabile; il senso di pace che pervade questo luogo ha reso comunque molto suggestiva la passeggiata e, sulla strada del ritorno, non facevo altro che immaginare che fonte di ispirazione aveva tratto da quei luoghi il piccolo Lanza del Vasto quando ci viveva con la madre ed i fratellini, prima di trasferirsi, non ancora adolescente, a Parigi.
Ed è proprio all’avv. Antonio Santoro che ho, poi, rivolto qualche domanda per meglio comprendere il rinato legame fra questo grande uomo di pace e la Città di San Vito dei Normanni, che merita di diventare sempre più saldo e più profondo.
Lanza del Vasto – non me ne voglia il musicista Leonardo Leo, illustre figlio della stessa terra normanna – è probabilmente il sanvitese più conosciuto al mondo e fra i figli più illustri della terra di Brindisi; nella sua città natale ora sono intitolati a lui una scuola ed una piazza e, nella Biblioteca Comunale, una intera sezione è dedicata alle sue opere, eppure, fino a 50 anni fa quasi nessuno qui aveva la minima idea di chi fosse e che facesse. Puoi raccontarci come fu recuperato il rapporto fra Lanza del Vasto e la sua San Vito dei Normanni?
“Dopo essere nato nella masseria di Specchia di Mare e aver vissuto la sua infanzia a San Vito, Lanza del Vasto intorno agli anni 20 del secolo scorso si allontana per andare a studiare prima in Francia e poi a Pisa, dove consegue la laurea in filosofia. Successivamente, pur conservando il ricordo della sua San Vito, si trasferisce prima in Germania e poi a Parigi fino a quando, durante in suoi numerosi viaggi, approda in India dove conosce Gandhi e, folgorato dal suo pensiero, si ferma a vivere con lui. Da lì riprende a viaggiare per il mondo e diffondere il suo pensiero, senza più avere rapporti con San Vito. Si deve all’avv. Giuseppe Roma, storico e ricercatore sanvitese, la riscoperta di Lanza del Vasto, tant’è che, su invito dell’allora amministrazione comunale, nel 1972 Shantidas, appellativo ricevuto direttamente da Gandhi, dopo 46 anni da quando lasciò per l’ultima volta la sua San Vito con queste parole: “Addio luce, addio polvere della strada, addio argento degli oliveti cangianti sino all’orizzonte del mare”, vi fa ritorno. Durante quella permanenza di una settimana, soggiorna nella sua casa natale insieme alla moglie Chanterelle, incontra autorità e gente comune, tiene conferenze ed incontri e partecipa alla messa solenne e alla processione del Corpus Domini che allora, come da antica tradizione interrotta alcuni anni fa forse con troppa leggerezza, attraversava sotto il sole del mezzogiorno il centro storico di San Vito passando davanti le case bianche delle nostre “stratodde”. Tornerà nuovamente a San Vito nel 1974 e nel 1976, e poi ancora nel 1977 e nel 1980 partecipando ai campi che i suoi seguaci organizzavano nella sua casa natale di Specchia di Mare”.
Grazie anche alle tue preziose indicazioni sono riuscito a scovare nelle campagne sanvitesi di Specchia di Mare la casa natale di Lanza del Vasto, circondata da un bel parco secolare, provando una certa emozione a vedere i luoghi dove visse la sua infanzia e dove tornò a più riprese negli ultimi anni della sua vita; credo che sarebbe stato il luogo ideale per un museo didattico a lui dedicato. È questa una missione impossibile o si potrebbe ancora recuperare all’uso pubblico questa importante e suggestiva struttura?
“Circa 15 anni fa la masseria di Specchia di Mare fu venduta dagli ultimi eredi di Lanza del Vasto ad un privato che, fortunatamente, fino ad oggi ne ha conservato la struttura praticamente intatta, preoccupandosi innanzitutto di mantenerla in buone condizioni strutturali, così scongiurando pericoli di crolli e preservandola da atti di vandalismo. La casa natale di Lanza del Vasto però, ancora oggi, rimane meta di tanti peregrini stranieri e non che inseriscono nei loro pellegrinaggi proprio quella tappa al fine di “respirare” i luoghi in cui è nato e cresciuto Lanza del Vasto. Si tratta di un luogo magico, che trasmette emozioni a chi semplicemente vi si avvicina anche dall’esterno. Sarebbe bello e giusto poterla, innanzitutto, recuperare conservandone intatte la struttura, l’identità e il valore storico-culturale, nonché poterne fare non solo un museo didattico dedicato a Lanza del Vasto ma anche un centro studi a lui dedicato. Ovviamente questo che, ad oggi, è un semplice desiderio della nostra amministrazione potrà diventare anche un obiettivo strategico laddove si riuscirà, di concerto con il proprietario che non è assolutamente contrario ad un discorso di pieno recupero dell’immobile nell’interesse della comunità non solo cittadina, a far rientrare questo luogo nell’orbita del patrimonio storico-culturale della nostra città”.
Andando un po’, ma non troppo, sul personale: per ragioni di età puoi ricordare davvero poco di quei momenti, ma dai racconti di chi era presente e mi riferisco, in particolare a tuo suocero, il dott. Vincenzo Carella, grande uomo di cultura e che a quei tempi fu anche sindaco di San Vito dei Normanni ed ebbe modo di stringergli la mano e parlargli, che rappresenta per te e, più in generale, per i sanvitesi di oggi, Lanza del Vasto?
“Sul piano personale non ho ricordi diretti di Lanza del Vasto. Ciò che conosco l’ho appreso dai numerosi articoli e volumi a lui dedicati dal “Il Punto”, un periodico sanvitese di cultura e informazione fondato dal compianto don Antonio Chionna e arrivato ormai al suo 51° anno di pubblicazione, nonché dall’archivio e dalla biblioteca personale di mio suocero, dove ho potuto trovare e approfondire moltissimo materiale e studi su Lanza del Vasto. Per me, ma sicuramente per tutta la nostra comunità sanvitese, Lanza del Vasto, insieme a Leonardo Leo, rappresentano il patrimonio più grande che abbiamo, la nostra ricchezza e probabilmente la nostra fortuna. Il 29 settembre di quest’anno ricorreva il 120° anniversario della nascita di Lanza del Vasto e la nostra amministrazione, insieme alle scuole cittadine e ad altre stimolanti realtà associative presenti sul territorio hanno organizzato eventi, mostre, intitolazioni di targhe toponomastiche e festival finalizzati a farne conoscere la figura ed il pensiero. Per il futuro, il nostro impegno non potrà che essere ancora maggiore e, chissà, finalizzato ad una piena fruizione e valorizzazione delle case natali sia di Lanza del Vasto sia di Leonardo Leo, affinché i figli più illustri della nostra città possano in qualche modo tornare ad abitare le case in cui sono nati e vissuti insieme all’immenso patrimonio storico e culturale che, grazie a loro, ha portato il nome di San Vito in giro per il mondo”.