Il giorno della Memoria e il dovere di ricordare

Per non incappare in errori di forma e di sostanza, riproduco il testo della Legge 20 luglio 2000, n. 211 – “Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 2000
Art. 1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Art. 2. In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere.
La legge accomuna ed affianca tre aspetti che reclamano una sola riflessione. Il 27 gennaio di ogni anno, in Italia, sono organizzate iniziative e quant’altro per ricordare lo sterminio del popolo ebraico, la persecuzione degli italiani, civili e militari italiani e quanti a rischio della propria, hanno salvato la vita altrui.
Il legislatore non definisce una graduatoria, bensì un contesto di soggetti da ricordare, onorare, omaggiare, tenere a testimonianza.
L’argomento è assai complesso e si presta a facili confusioni, peraltro già evidentissime, come quella che vede la recrudescenza dell’odio razziale, l’antisemitismo, (l’odio raziale verso gli ebrei) l’antisionismo, (il diritto di esistere dello Stato di Israele) il negazionismo della shoah, letteralmente “Tempesta devastante”, il collaborazionismo di chi ha favorito o omesso di ostacolare le azioni di odio, di sterminio o di deportazione.
Ricordare, pertanto, non è azione che si possa esercitare un solo giorno, pochi minuti o poche volte. Ricordare è un’azione costante nel tempo, che la memoria deve esercitare rinnovando la consapevolezza della conoscenza.
C’è un bellissimo libro-testimone dalla mia carissima sorella di “profunganza” Carolina, che ne cesella i contorni in un racconto dai tratti aspri, resi meno sdruccioli, grazie ad alcune “gocce di latte” brindisine, poche, ma sufficienti perché si lubrifichi facilmente la macchina della memoria.
La conoscenza della storia, dei suoi testimoni, dei suoi luoghi, ha un dovere: non dimenticare!
Chi dice di avere conoscenza, pertanto, deve ricordare, deve fare visita ai luoghi, deve incontrare i testimoni, perché, con prudenza, quel sogno interrotto cruentemente in chi è morto, violato o mutilato, non si fermi, ma prosegua il suo cammino di speranza, anche se, sulle gambe di chi riceve la responsabilità della conoscenza.
Il richiamo della legge è chiaro ed evidente!
Solo così si può comprendere quale significato profondo ed indelebile rivesta il 27 gennaio, quel cancello di Aushwitz a cura delle guardie rosse sovietiche e non come vorrebbe la versione ignorante che ad aprire i cancelli del campo di sterminio siano stati i soldati statunitensi.
A Brindisi, città, solo apparentemente piccola e marginale, si concentra una testimonianza che rischia di perdersi o finire col rendere ancora più torbida ed iniqua la conoscenza storica dei fatti.
Sono molti gli ebrei, che dopo la fine della Seconda guerra mondiale, sono passati da Brindisi per raggiungere il neocostituito Stato i Israele; sempre Brindisi affonda la propria radice di città ospitale ed accogliente, tutt’altro che razzista, antisemita, antisionista, visto che a centinaia di migliaia sono giunti al porto beneaugurale.
È Brindisi la città che, rarissimo caso, deve assumersi la responsabilità di una testimonianza necessaria: Ricordare il proprio ruolo, la propria funzione di cerniera tra la necessità ed il sogno di una vita migliore carezzato da centinaia di migliaia di profughi che alle sue sponde hanno bussato.
A Brindisi sono state abrogate le tanto vituperate leggi razziali, alla pari Brindisi deve riconfermare il proprio diritto al sogno e alla speranza.
In un tempo di crisi valoriali che offendono le più elementari regole del vivere civile, molto bene farebbe la comunità brindisina realizzare un “Memoriale dell’ospitalità e dell’accoglienza”.