Il matrimonio emozionante tra Evans e Monsurat: da Lampedusa a San Pancrazio

Si sono sposati vestiti entrambi di bianco, il 26 febbraio scorso, nell’aula consigliare del comune di San Pancrazio Salentino, il luogo che li ha accolti e che da circa quattro anni chiamano casa. Sono arrivati in Italia nel 2016, tenendosi per mano, innamorati e fiduciosi, a bordo di un barcone proveniente dall’Africa e approdato a Lampedusa. Dopo una breve sosta a Roma e una più lunga a Termoli, Evans Omeiop e Monsurat Ganiyu, nigeriani di 28 e 25 anni, sono stati “smistati” allo Sprar del piccolo centro della provincia brindisina (espressione tristemente feroce, eppure utilizzata dalla legge per indicare il processo di collocazione dei richiedenti e dei titolari di protezione internazionale dai centri di prima accoglienza ai centri di seconda accoglienza). Dallo Sprar (acronimo di Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) sono andati via da un anno, una volta che il tirocinio formativo che il giovane Evans ha svolto presso un’impresa del posto si è trasformato in un vero e proprio contratto di lavoro. Frutto di questo sentimento profondo e tenace sono le piccole Vittoria e Giulia, nate in Italia, ma condannate da una normativa barbara e anacronistica a non poter essere riconosciute cittadine italiane.
Chi era presente racconta di un matrimonio emozionante, persino commovente: una cerimonia semplice, celebrata nel più rigoroso rispetto della vigente normativa anti-contagio, alla presenza degli operatori dello Sprar, degli amici più cari della coppia (testimone di nozze di Evans è stato il suo datore di lavoro!), di diversi dirigenti e dipendenti del comune di San Pancrazio e di un’interprete e mediatrice, la signora Vera Paul, che ha tradotto le formule matrimoniali dall’italiano al Pidgin English, un idioma derivante dalla commistione tra l’inglese e la lingua indigena del luogo di provenienza degli sposi.
Per telefono la voce di Evans, incredulo per l’attenzione suscitata e grato a questo piccolo paesino della Puglia per l’opportunità di migliori prospettive di vita offerte alla sua famiglia, suona squillante, spontanea, affabile. Quella della moglie, più timida e stentata all’inizio per via di una conoscenza non ottimale della lingua italiana, nel corso della conversazione diventa mano a mano più fiduciosa. Mentre Evans racconta del suo arrivo in Italia, si sentono in sottofondo la televisione sintonizzata su un programma di intrattenimento pomeridiano, le prime lallazioni di Giulia, nata a Brindisi un anno fa, e le frasi di Vittoria, che ad un certo punto si intrufola nella telefonata e, ricevendo i complimenti per come era vestita al matrimonio dei suoi genitori, risponde in perfetto italiano “Buonasera a tutti. Grazie. È stato bello”.
“Non è stata una decisione semplice quella di abbandonare la Nigeria, ma non abbiamo avuto alternative: non c’erano possibilità di lavoro lì, l’unico modo per non morire di fame era cercare qualcosa di meglio dall’altra parte del mondo”, ricorda il giovane. “Laggiù ho lasciato mia sorella, che ha 19 anni e studia ancora: lei era fortemente contraria alla nostra partenza, temeva che il tragitto fosse pericoloso, ma più forte della paura del viaggio per me è stata la voglia di venire in Europa. Qui sono tutti bravi e disponibili, abbiamo trovato la nostra pace. Nessuno è stato cattivo con noi”.
Del suo passato di povertà, conflitti familiari, precarietà lavorativa, maltrattamenti e sfruttamento Evans non parla volentieri, preferisce porre l’accento sulla solidarietà che i sanpacraziatesi gli hanno riservato e sulla voglia di far crescere le sue bambine in un posto nel quale non debbano patire la fame. Vittoria, la maggiore, è nata nel centro di prima accoglienza di Termoli, ha 4 anni e frequenta la scuola dell’infanzia a San Pancrazio Salentino: con le famiglie dei compagni di classe della figlia, Evans e Monsurat hanno ottimi rapporti, avendone sperimentato in più di un’occasione la gentilezza e la sensibilità.
Trapelano orgoglio e commozione dalle parole di Salvatore Ripa, sindaco di San Pancrazio Salentino dal 2011 e, nell’occasione, officiante del rito matrimoniale: “Nel nostro comune lo Sprar è nato circa quattro anni fa. Eravamo in un momento molto delicato per le problematiche relative all’immigrazione e il prefetto di Brindisi ha chiesto la collaborazione dei sindaci della provincia. Come amministrazione comunale di centro-sinistra, abbiamo sentito il dovere di venire in soccorso ai rifugiati e di dare loro una risposta in termini di ospitalità. Ci siamo accreditati presso il Ministero dell’Interno e abbiamo promosso un nostro bando vinto dall’ARCI di Brindisi, presieduto da Vincenzo Catamo, che adesso gestisce la struttura. Evans e Monsurat sono stati tra i nostri primi ospiti e devo dire che li abbiamo immediatamente adorati. Si portano dietro un fardello pesante e triste, ma hanno nel cuore la gioia, ecco perché la loro storia è diventata la storia di tutti. Il matrimonio è stato un momento molto significativo, il giusto coronamento di un percorso di integrazione durato quattro anni e al quale tutta la comunità sanpacraziese ha partecipato attivamente, incluse le responsabili dell’Ufficio Anagrafe e dei Servizi Sociali, che hanno seguito gli sposi passo dopo passo. Non posso affermare che tutto sia sempre rose e fiori: in ogni comune in cui c’è uno Sprar, ogni tanto si verificano fenomeni di intolleranza. Ecco, per noi stare vicini a Evans e Monsurat è anche l’occasione per difendere la nostra scelta di solidarietà di fronte a qualche brutta provocazione”.
Nel suo Paese di origine, Evans faceva il fabbro. A San Pancrazio è stato avviato ad un percorso di formazione e lavoro presso l’impresa gestita dai fratelli Salvatore e Mimmo Simone, che si occupa, tra le altre cose, di realizzazione di strade, di scavi e movimento terra, di demolizioni edili e di raccolta e recupero di materiali provenienti dalle attività di scavo e demolizione. Insieme alla signora Grazia, un’amica di Monsurat, Mimmo Simone è stato testimone di nozze: “Siamo stati contattati dallo Sprar, ci hanno chiesto se vi fosse la possibilità di inserire in un progetto di formazione un loro ospite. In quel momento avevamo bisogno di operai e abbiamo dato la nostra disponibilità. Alla fine del progetto, eravamo talmente soddisfatti che lo abbiamo assunto. La nostra impressione è stata positiva sin da subito. Evans è un ragazzo umile, educato, disponibile e intelligente. Siamo diventati amici, così mi ha chiesto di fare da padrino di battesimo alla sua prima figlia, Vittoria, e poi da testimone al suo matrimonio. Sono stato felice della sua fiducia e spero di continuare ad essere presente nella loro vita”.
Il grande ruolo di collante tra il territorio e la coppia è stato esercitato dallo Sprar di San Pancrazio Salentino. “Per noi operatori il matrimonio di Evans e Monsurat rappresenta il punto più alto dell’integrazione sul territorio. Appena sono arrivati da noi, abbiamo cercato di favorire il loro inserimento nel paese valorizzando le loro qualità personali”, ricorda Anna Franza, responsabile del progetto Siproimi, che poi continua: “La prima questione da risolvere era quella linguistica, per cui hanno immediatamente frequentato il corso di prima alfabetizzazione che offriamo, anche perché in Nigeria, vista la situazione di povertà nella quale vivevano, avevano conseguito soltanto la licenza elementare. Solo in un secondo momento è iniziata l’integrazione lavorativa: Evans ha svolto il tirocinio nell’azienda Simone, mentre Monsurat si è iscritta a corsi di ristorazione e ha conseguito anche l’attestato HACCP. Non lavora ancora, ma spera di poter cominciare una volta che la loro bimba più piccola, Giulia, sarà cresciuta un po’. All’inizio abbiamo lavorato in collaborazione con il nostro Ufficio Servizi Sociali, in particolare con la dottoressa Giordano, assistente sociale. A cadenza mensile organizzavamo incontri con le maestre della scuola di Vittoria, per agevolare Evans e Monsurat, provenienti da una cultura così diversa, nella comprensione delle dinamiche scolastiche e favorire i loro rapporti con le altre famiglie. Adesso sono felice di poter dire che sono totalmente autonomi: li abbiamo aiutati a cercare un’abitazione in affitto e sono usciti dal progetto. Questo è il nostro più grande trionfo: rendere indipendenti i nostri ospiti e far sì che riconquistino la loro libertà nell’integrazione e nell’inclusione”, conclude la Franza.
Integrazione è la piccola Vittoria che racconta che sì, la scuola le piace, sta imparando a scrivere il suo nome e Rosanna è la sua “amica preferita”. Inclusione è Monsurat che per il sobrio rinfresco delle sue nozze prepara un menu misto, metà italiano e metà nigeriano, perché tutti gli ospiti si sentano accolti nella casa che lei e suo marito hanno preso in locazione e per restituire all’Italia un po’ della solidarietà che lei e Evans hanno trovato una volta giunti a San Pancrazio. La solidarietà che sta consentendo, a loro e alle loro bimbe, di costruire quel sogno di emancipazione e benessere che in Africa non sarebbe stato possibile.