Il ricco emiro, l’umile nonna Teresa e l’accoglienza dei brindisini

di Giancarlo Sacrestano per IL7 Magazine

Quando il giovane Emiro della dinastia del Qatar, Hamad bin Khalifa Al Thani, si trovò a passare da Brindisi nell’estate del 1997, regnava da due anni e la città di Brindisi era appena divenuta orfana del suo sindaco, l’Avvocato Lorenzo Magi che aveva appena lasciato l’incarico nelle mani del prefetto. Il futuro emiro, forse divertito a girare per le vie, le piazze e i vicoli di Brindisi, si ritrovò nella necessità di un bisogno corporale. L’aneddoto vuole, che a venirgli incontro, fosse la signora Teresa Borsetti, che abita in uno dei bassi di via Thaon De Ravel, offrendosi di ospitare il giovane, con la semplicità e la bonaria ospitalità che è patrimonio diffuso tra i brindisini.
Di anni ne son passati ventuno e di luoghi dove espletare i suoi bisogni l’ex Emiro né ha fin troppi, disseminati lungo il globo terraqueo. Grattacieli e moschee, banche e compagnie petrolifere, maison della moda, hotel di lusso, squadre di calcio e navi militari: Hamad bin Khalifa Al Thani, ex capo della potente dinastia del Qatar è divenuto uno dei player più ricchi del panorama finanziario mondale, seguito nella scia dal figlio. Solo per rimanere in Italia l’Emiro ha investito 5 miliardi in commesse a Fincantieri per sette navi militari.
l’Economist ha definito gli interventi economico-finanziari dell’Emirato, retto dal 2013 dal figlio Tamim bin Hamad al Thani “puritanesimo soft”, secondo l’importante quotidiano economico, l’intenzione del potente Emiro del Qatar esprimerebbe l’esigenza di esportare l’Islam politico in Europa, coniugando sport e religione, arte e affari, cultura e turismo. Da qui gli investimenti stramilardari con l’acquisto di quote e partecipazioni in tutte le grandi società europee, francesi, tedesche, italiane, inglesi, unito al supporto ai Fratelli Musulmani, sia finanziario che mediatico, attraverso i microfoni di Al Jazeera. Non deve sfuggire che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha messo al bando il Qatar, stringendo di fatto attorno all’emirato un cordone di sicurezza per disinnescare la strategia Qatariota di influencer dell’area medio-orientale.
In Qatar, la vecchia e ricca Europa ha “delocalizzato” il circo della Formula Uno ed i mondiali di atletica del 2019 e quelli di calcio del 2022.
L’elenco degli acquisti in Italia della famiglia regnante qatariota, sono ragguardevoli, la maison Valentino, i grattacieli di Porta Nuova a Milano, gli hotel di lusso a Firenze (Four Season, St Regis e Western Excelsior), il Gallia a Milano, il Gritti Palace a Venezia e altri a Roma. Il 49% di Meridiana, oltre a un bel pezzo di Costa Smeralda, è del Qatar. Così come l’ospedale San Raffaele di Olbia e il 30% della Inalca di Cremonini, colosso della carne.
L’emiro ha quote nei colossi francesi Total, Vinci (autostrade), Veolia (acque), Vivendi, Lvmh, Lagardére e nella Société des Bains de Mer, di Montecarlo. Possiede palazzi e hotel a Parigi e a Canary Wharf a Londra, tra cui il grattacielo Shard di Renzo Piano. Quote sensibili di Porsche, Volkswagen, Shell, e in quasi tutte le blue chip del mondo. Investe un miliardo l’anno in opere d’arte e eventi culturali, costruisce moschee ovunque (c’era il progetto di una grande moschea a Barcellona, accanto alla Sagrada Familia), supporta cattedre nei college e centri culturali.
Una potenza economica e finanziaria di primissimo livello, che però nutre un segno di filiale riconoscenza e durante uno scalo tecnico a Brindisi va a trovare la vetusta signora Teresa a cui non manca di portare i ringraziamenti per un gesto compiuto lontano nel tempo.
Al governo della Città, da qualche giorno, Riccardo Rossi, forse neppure messo a conoscenza dell’arrivo in città dell’Emiro.
A Brindisi, per la solerzia e la capacità d’impresa di qualcuno, approdano i mega yatch, una vera e propria opportunità che, come per tantissime altre, Brindisi e noi brindisini, denunciamo una vera e propria carenza di offrire dignità ad una città stracolma di valori e di bellezze. Persino Bari, a poche decine di chilometri, pur non avendo un approdo sicuro per la nave dell’Emiro, si è permessa di ospitare e riverire, portandolo a visitare la chiesa di San Nicola, in un frastuono di precaria sicurezza. La ricchezza dell’arabo si è incontrata con l’opportunismo barese.
Forse l’Emiro non sapeva neppure di approdare a Brindisi, città dove le sue nobili natiche trovarono ristoro nell’umile dimora delle Sciabiche. Forse la polizia locale, i sistemi di sicurezza, sono stati talmente previdenti dall’aver reso la visita privata, una vera e propria carrambata per la signora Teresa, che oggi si ritrova a dover comprare un vestito nuovo che il Natale e il capodanno lo potrebbe trascorrere ospite dell’Emiro in quel ricco paese lontano da Mille e Una Notte. Una storia da favola che arricchisce il desiderio di speranza per un miracolo, ma che avvilisce il percorso di consapevolezza che da Brindisi è passato il principe azzurro, quello che con un gesto della mano sarebbe stato in grado di trasformare una latrina di città, in una reggia del mediterraneo e noi, che la notizia l’abbiamo vista in TV, babbei, babbiamo, non perché non gli abbiamo sfilato il portafogli dalla tasca, ma di non aver consapevolezza di chi siamo.