Il tesoro delle torri costiere e il paradosso di Mattarelle

di Alessandro Caiulo

Lo spunto per il reportage odierno mi è stato dato da una famiglia di turisti altoitaliani a bordo di una monovolume che lo scorso fine settimana, mentre ero nei pressi della Masseria Villanova, sulla litoranea sud, poco lontano dal canile comunale, mi ha chiesto indicazioni riguardo Torre Mattarelle, che avevano invano cercato di raggiungere seguendo dapprima i cartelli turistici presenti in città e, poi, affidandosi al navigatore satellitare “google map” che li aveva fatti giungere ai limiti di un lungo e profondo fossato non oltrepassabile nemmeno a piedi, essendo invaso dai rovi, e il punto di arrivo segnato sullo schermo non era, come sarebbe stato ovvio, sulla linea di costa bensì in mezzo alla campagna, distante dal mare, con vista sulla centrale a carbone di Cerano.

Sinceramente ho provato una certa vergogna a dover spiegare che, in barba alla segnaletica nuova di zecca, quella antica torre costiera era rovinata in mare già alla fine degli anni settanta, per cui mi sono limitato a dire che, purtroppo, aveva subito dei crolli a seguito dell’erosione della falesia e perciò il luogo non era accessibile ed ho spiegato loro quante altre cose avrebbero potuto vedere a Brindisi, dai castelli al museo, dalle colonne terminali della via Appia alle splendide chiese ed al tempio di San Giovanni al Sepolcro, suggerendo anche un giretto in motobarca (in realtà ho detto battello per renderlo più appetibile alle orecchie dei turisti) per salire sulla cima del Monumento al Marinaio d’Italia e godere di un panorama mozzafiato che nessuna ruota panoramica potrà mai dare. Ci siamo salutati e mi sono sembrati soddisfatti delle spiegazioni, avevano anche preso degli appunti e stavano tornando verso Brindisi attratti dalle meraviglie che avevo appena descritto. L’onore della mia città era salvo!
Torre Mattarelle era una delle dieci torri costiere del Distretto di Brindisi della Terra d’Otranto -poste a pochi chilometri l’una d’altra in modo che si potesse comunicare con segnali di fumo di giorno e luminosi di notte – facenti parte del sistema difensivo di avvistamento creato per arginare e porre rimedio alle sanguinose incursioni dei predoni turchi e saraceni che fra il XV e XVII secolo spargevano terrore nel meridione d’Italia e, in particolare, lungo le coste salentine.

A presidiare le torri vi era un capo torriero e tre guardiani, che avevano in dotazione un vero e proprio arsenale di armi da fuoco composto da cannoni ed archibugi ma anche alabarde; vi erano, poi, i cosiddetti cavallari, che perlustravano costantemente il litorale fra una torre e l’altra.
Una volta cessate le esigenze difensive grazie al trattato di pace firmato sul finire del XVIII secolo tra il Re di Napoli Ferdinando IV e il Pascià di Tripoli, le torri furono vendute ai privati o finirono abbandonate: il tempo, l’incuria, l’azione erosiva del vento e del mare e l’inciviltà, laddove non ci sono state contromisure adeguate da parte di chi di dovere, hanno fatto il resto, per cui una buona parte di questo patrimonio è andato distrutto o rischia di perdersi nell’arco di questa generazione.

Partendo da nord, da quello che segnava il confine fra la terra d’Otranto e la Terra di Bari, troviamo Torre San Leonardo, in agro di Ostuni, località Pilone, ora di proprietà privata che è stata riadattata a dimora signorile in un punto davvero suggestivo della costa adriatica; procedendo verso sud incontriamo Torre Villanova, nell’omonima località, che era più di una semplice torre di avvistamento, quasi un piccolo castello, dato che ospitava pure una piccola guarnigione di soldati a difesa del villaggio, più giù c’è il rudere di Torre Pozzelle, inserito in un contesto naturalistico e geologico davvero suggestivo, fra basse e frastagliate scogliere, piccole insenature e tanta macchia mediterranea.
Entrando in territorio di Carovigno incontriamo la bellissima Torre Santa Sabina, da cui prende il nome la rinomata località turistica e che ha una strana forma ottagonale come un cappello di prete.

Al confine con la marina di Brindisi troviamo la famosa Torre Guaceto, cuore della omonima Area Marina Protetta, che versa in buone condizioni in quanto fatta oggetto, nel tempo, di adeguati restauri, anche se uno dei suoi lati è deturpato da una posticcia costruzione a forma di parallelepipedo addossata al piano terra della torre stessa.
Scendendo più a sud, lungo la costa brindisina, la situazione si fa drammatica: incontriamo dapprima il rudere semidiroccato ed a costante rischio di crollo di Torre Testa, costruita su un’erta scogliera alla foce del canale Giancola in un punto davvero strategico da presidiare in quanto la foce di quel fiumiciattolo era utilizzata dai navigli per approvvigionarsi di acqua dolce.
Proseguendo in direzione sud si entra nel Parco Comunale del Serrone dove troviamo un’altra torre costiera che, anche se versa in condizioni migliori rispetto alla precedente, è comunque inagibile ed il fatto che sia aperta e che è possibile, di fatto ed in barba ai divieti, salire fino al tetto, la rende un pericolo costante per gli incauti frequentatori e per gli scavezzacollo.

La città di Brindisi non era presidiata da una specifica torre costiera in quanto, data l’importanza strategica e militare oltre che la conformazione del suo porto, si fortificò, all’epoca, un’intera isola, quella di Sant’Andrea, che era a sistema con le citate torre costiere e quelle poste ancora più a sud, vale a dire la non più esistente Torre Cavallo, la cui costruzione a pianta circolare era precedente di tre secoli rispetto alle altre torri costiere e di essa rimane solo qualche traccia oltre che le tante leggende ad essa legate, mentre al suo posto e con parte dei suoi materiali, nel secolo scorso sono state erette altre costruzioni militari, a presidio dell’ingresso sud del porto di Brindisi.
Nei pressi di Cerano vi è la fantomatica Torre Mattarelle, la cui unica parete rimasta in piedi, a precipizio sulla scogliera, le fa assumere un aspetto davvero spettrale.
Andando ancora più a sud, lungo la marina di Torchiarolo, fino ad un centinaio di anni fa si ergeva Torre San Gennaro, di cui ora residua solamente il nome dato alla omonima località turistica.

Quando si tratta l’argomento delle torri costiere non si può non pensare all’impegno per la loro tutela e salvaguardia che da tanti anni ci sta mettendo un gruppo di appassionati brindisini e, fra questi, abbiamo sentito Danny Vitale il quale, essendo anche una guida turistica, ha ben chiare sia la situazione attuale in cui versano le nostre torri che le potenzialità se solo le si rendessero fruibili.
Sappiamo dell’impegno tuo e del gruppo Archeo Brindisi da te diretto per la tutela delle antiche torri costiere di Brindisi: a oltre dieci anni di distanza dal grido di allarme che lanciaste, poco sembra essere cambiato. Puoi riassumere la situazione?
“L’interesse per le torri costiere nacque in me quando ero ancora ragazzo. Come molti miei coetanei ero solito frequentare Torre Testa o Torre Punta Penne quando si marinava la scuola e nelle giornate soleggiate. A quel tempo non esisteva ancora internet, non vi erano molte pubblicazioni per poter fare degli studi specifici e non sapevamo con esattezza di cosa si trattasse, per cui mi era rimasta una sorta di ossessione. In seguito, crescendo, ho potuto mettere insieme un po’ di studi fatti e una dozzina di anni fa, con gli altri membri del gruppo e col socio fondatore Antonio Mingolla, abbiamo cominciato una campagna per la loro tutela, mettendo striscioni, facendo articoli sui giornali, organizzando visite guidate e realizzando anche un documentario che presentammo a Palazzo Nervegna, con l’intervento di vari studiosi ed anche della Sovrintendenza. Queste manifestazioni ebbero un certo successo e si creò un interesse particolare, ma poi, dopo un primo intervento di messa in sicurezza su Torre Testa a Giancola, realizzato ai tempi in cui Mauro D’Attis svolgeva le funzioni di sindaco. In realtà fu solo un palliativo in quanto dopo pochi anni i pali in legno sono crollati e la situazione è nuovamente critica. Fino a qualche decina di anni fa questa torre era ancora in piedi, per cui il degrado è degli ultimi decenni in cui, tranne quel piccolo intervento, nulla si è fatto nel susseguirsi delle varie amministrazioni. In periodo elettorale tutti i candidati si ergevano a difensori delle torri, ma poi, a conti fatti, non si è fatto proprio nulla, a differenza di quel che è avvenuto in altre province dove si è riusciti a restaurarle in diversi modi”.

Si sente parlare di grandi progetti per la zona di Giancola, dove insiste Torre Testa e per il Parco del Serrone, dove si erge Torre Punta Penne, ma gli interventi non sembrano riguardare direttamente le antiche torri. Dipendesse da te, cosa proporresti di fare?
“Non conosco, nel dettaglio, i progetti e, di conseguenza, non posso esprimermi al riguardo ma, da quel che sento, non includono le torri e questo è un vero peccato perché da qui a poco andranno completamente distrutte. Proponemmo già in passato, in particolare per Torre Testa, di valorizzare completamente tutta l’area, tenendo presente che quella è un’area naturalistica, archeologica perché vi sono reperti e strutture romane ed è importante anche dal punto di vista preistorico come pure per la presenza della torre di avvistamento, quindi ci sarebbe un po’ tutto per essere una zona di alto interesse. Dipendesse da me, ovviamente, lì ci sarebbe un’area attrezzata che sfrutterebbe tutte queste risorse che ho citato ed anche la spiaggia ma, a quanto pare, va tutto molto a rilento”.

Ultimamente sono apparsi in città decine di cartelli stradali che suggeriscono il percorso turistico delle torri costiere: Torre Testa e Torre Penne sul litorale nord e Torre Mattarelle su quello sud. Specialmente la segnalazione di quest’ultima ha un po’ sorpreso in quanto rischia di veicolare la gente verso il nulla sia in quanto la torre è quasi del tutto crollata in mare mezzo secolo fa, sia in quanto la zona è impervia, di difficile accesso, su un tratto di costa dove la falesia si sbriciola in continuazione e lontano dalle strade percorribili in auto. Cosa pensi di questa iniziativa dell’amministrazione comunale?
“A me non piace, per carattere, essere polemico e distruttivo, ma quella che faccio è una constatazione: è paradossale aver messo adesso questi pannelli quando le torri sono in stato di completo abbandono. E’ come un autogol: portiamo il turista che arriva a Torre Punta Penne, ci sale su, si fa male e fa anche una denuncia, il che non è un bel vedere. Lo stesso per Torre Testa, mentre è paradossale, al limite del ridicolo e dell’assurdo, la questione di Torre Mattarelle: è inaccessibile e non c’è più, per cui il resto delle considerazioni ognuno le può trarre autonomamente”.

Le visite guidate alle torri costiere di Brindisi, incluse anche quelle della provincia, sono inserite nei tour che organizzate e trovano
sufficiente gradimento da parte dei turisti e dei visitatori o si potrebbe fare qualcosa di più per renderle più interessanti e coinvolgenti?
“Soprattutto nella fase iniziale abbiamo fatto tantissime visite guidate anche perché eravamo un punto di riferimento per tutti gli appassionati e, comunque, per tutta la gente che aveva a cuore le torri costiere di diverse aree. Siamo stati tra i primi a chiedere l’intervento per la salvaguardia delle torri e quindi, lo ripeto, sono arrivati da tutte le province pugliesi e anche da fuori regione. Paradossalmente quanti hanno iniziato dopo di noi, nei loro paesi, hanno ottenuto il risultato di far restaurare le loro torri che ora sono operative ed attraggono visitatori e turisti mentre noi, ahimè, non ci siamo riusciti Per quanto riguarda la loro valorizzazione, già ne parlammo nel 2009, l’idea era ed è quella di creare un collegamento ciclabile e pedonale fra una torre e l’altra e magari fornire le torri stesse delle infrastrutture necessarie anche, ad esempio con delle biciclette o, visto che ora sono più attuali, con dei monopattini per far percorrere questo tratto, valorizzando tutte le zone intorno, anche con parcheggi, bar e punti ristoro. Penso che sia abbastanza palese tutto quello che si può fare, una volta che le torri siano state rese agibili, accessibili ed operative”.