di Alessandro Caiulo per il7 Magazine
L’inizio dell’autunno, almeno dalle nostre parti, per chi ama osservare gli animali nel loro ambiente naturale, non corrisponde assolutamente alla fine delle belle, lunghe e salutari passeggiate in campagna o nei boschi, ma tutt’altro, anche se la pace di cui si vorrebbe godere al cospetto della natura è spesso interrotta dal tuono delle doppiette di un numero impressionate di cacciatori (oltre cinquemila) se rapportati alla esiguità delle potenziali prede presenti nel nostro territorio provinciale.
Da un paio di settimane, infatti, è riaperta la stagione venatoria e fino alla fine del mese di gennaio, nelle giornate fisse di mercoledì, sabato e domenica, le specie stanziali cacciabili e quelle migratorie che per loro sventura solcheranno i nostri cieli o cercheranno ristoro e riposo nelle nostre campagne, nei nostri stagni o all’ombra delle chiome dei nostri alberi, dovranno fare i conti oltre che con i loro abituali nemici naturali, con un predatore assai più temibile, in quanto armato di uno strumento sputa fuoco che lascia ben poche possibilità di scampo, l’Homo venator captor.
Pur essendo la caccia consentita dalla legge e chi è munito di regolare licenza di uccidere e di arma regolarmente dichiarata, nel rispetto della scarna normativa in materia, può recarsi a caccia nei luoghi in cui ciò è consentito, non riesco, tuttavia, a capacitarmi che si trovi divertente togliere la vita scientemente, con un clic – assai diverso da quello della mia fotocamera – sul grilletto, ad un altro essere vivente.
Per questo faccio un tifo sfegatato per gli animali e ogni volta che sento, in lontananza, lo sparo di un fucile, spero ardentemente non solo che quel colpo sia andato a vuoto ma anche che, per il successivo, si inceppi l’ingranaggio.
Chiusa la doverosa parentesi sulla caccia legale, ci occupiamo di quella illegale, cioè del bracconaggio, che, tecnicamente, altro non è che l’esercizio venatorio compiuto in tempi o luoghi o modi non consentiti o senza regolare licenza e che è un fenomeno assai più diffuso, anche dalle nostre parti, di quanto si sia portati a credere.
Non dobbiamo dimenticare, a questo proposito, che ai sensi della legge n°157/1992 art.1 “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale” il che significa che la regola generale, che ammette pochissime eccezioni, è che nessun animale può essere ucciso o prelevato in natura.
Anche chi è munito di regolare porto d’armi e licenza di caccia, deve sottostare a tutta una serie di regole che va ben oltre il solo rispetto del calendario venatorio, in quanto in ogni caso vige il divieto assoluto di caccia nei parchi e nelle riserve naturali, il divieto di caccia relativamente a svariate specie protette, il rispetto delle distanze minime, che sono di almeno 100 metri da macchine agricole in funzione, o da fabbricati o immobili ad uso abitativo o di lavoro, e di 150 metri da strade e ferrovie”, il divieto di caccia nelle ore notturne, per cui anche il cacciatore in regola con la licenza ed il porto d’armi, che non rispetti queste regole, viene considerato alla stregua di un bracconiere, cioè, lo ripetiamo, è tale chi caccia in maniera illegale.
Nella nostra provincia vi sono importanti aree naturali protette dove è vietato cacciare, dalla Riserva Statale di Torre Guaceto, ai parchi regionali delle Dune Costiere e delle Saline di Punta della Contessa, di cui fa parte a pieno titolo anche Fiume Grande, dall’Oasi di Protezione di san Biagio sui colli ostunesi, all’invaso del Cillarese, fino ai Boschi di Cerano e Tramazzone e quelli di Santa Teresa, dei Lucci e dei Preti, facenti parte delle Riserve Naturali Regionali Orientate.
Si tratta di zone che, negli anni, ho percorso a piedi in lungo ed in largo, spesso documentando anche fotograficamente ed esaltando non solo le bellezze naturalistiche dei luoghi, ma anche la fauna selvatica ivi esistente ed ho personalmente constatato che è tutt’altro che raro rinvenire per terra i bossoli di variopinte cartucce da caccia, anche in gran quantità, in estate come in inverno, segno evidente del passaggio di bracconieri che non hanno avuto scrupoli a violare le leggi.
Per anni a fare da argine a questo fenomeno ci hanno pensato, congiuntamente, la Polizia Provinciale, dotata di uomini motivati, ben addestrati e perfettamente integrati nel territorio di cui conoscevano ogni centimetro quadrato, ed il Corpo Forestale dello Stato, con il suo specifico ed efficientissimo Nucleo Operativo Antibracconaggio. Ma le frettolose ed in larga parte incompiute riforme volute dal Governo Renzi, spazzarono via, in un amen, queste due efficientissime realtà, demansionando la Polizia Provinciale ed abolendo i Forestali, che furono fatti confluire nell’Arma dei Carabinieri.
Della Poliza Provinciale ricordo gli appostamenti notturni nelle paludi o nei boschi nei pressi di trappole e richiami piazzati dai bracconieri per coglierli in flagranza all’alba; il coraggio nell’affrontare o inseguire gente priva di scrupoli ed armata; l’ottimo rapporto di stima e amicizia con gli abitanti delle zone rurali, che fungevano da sentinelle per segnalare le azioni sospette dei malintenzionati, ma anche la fattiva collaborazione con i cacciatori ligi ai regolamenti (che sono la maggior parte) e le associazione venatorie, per combattere un fenomeno che gettava una cattiva luce sull’intera categoria.
Fortunatamente, dopo un periodo in cui il vuoto si è fatto sentire e per altre impellenti necessità gli uomini provenienti dal Corpo Forestale furono utilizzati prevalentemente per il perseguimento e la repressione di altri reati in materia ambientale (rifiuti, emissioni inquinanti, discariche abusive, ecc.) oltre che per servizi più prettamente amministrativi e addirittura per sanzionare la gente nel periodo del lookdown, si è deciso di tornare a puntare fortemente sulla lotta al bracconaggio e ad una presenza sempre più costante di pattuglie sul territorio, specialmente nei luoghi più sensibili a questo antico fenomeno, come ai margini delle zone protette.
Va tenuto presente che, approfittando proprio del periodo in cui la stagione venatoria è aperta, per cui non danno nell’occhio i gruppi di uomini in tenuta mimetica e armati di fucili che alle prime luci dell’alba (e spesso anche di notte) si muovono a bordo di grossi fuoristrada, capita che, parcheggiate le auto ai margini delle zone dove è vietata la caccia, penetrino nelle riserve, nei parchi e nei boschi per assicurarsi un buon bottino, certi che, se poi verranno fermati per strada potranno sempre fingere di aver cacciato altrove, abituati come sono a delinquere, a mentire e farla franca, senza scrupoli di sorta.
Grazie a Dio, invece, sono ripresi i pattugliamenti e la presenza massiccia sul territorio dei carabinieri forestali è tornata a farsi sentire, se è vero, come è vero, che già nei primi giorni di apertura della caccia legale, hanno avuto modo di intervenire fattivamente, bloccando e sanzionando chi la caccia la stava praticando in modo illegale, gettando in tal modo anche discredito sull’intera categoria dei cacciatori, la stragrande maggioranza dei quali sono, invece, rispettosi della legge.
Ad esempio due bracconieri sono stati sorpresi dopo il tramonto dai carabinieri forestali, insospettiti dalla presenza di un’auto nascosta fra la vegetazione, mentre cacciavano lepri nei pressi dell’invaso del Cillarese, che è zona di ripopolamento dove vige il divieto di caccia; i fucili sono stati loro sequestrati ed è scattata anche la denuncia penale alla locale Procura della Repubblica.
Inoltre, nel corso di un’operazione, denominata “Saline sicure”, con la partecipazione di pattuglie delle stazioni dei carabinieri forestali di Brindisi ed Ostuni e del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale di Brindisi, per il contrasto all’attività venatoria nelle ore notturne nel Parco Regionale delle Saline di Punta della Contessa e zone limitrofe, a sud del capoluogo, sono state intercettati due diversi gruppi di bracconieri, in altrettante autovetture, intente ad abbagliare lepri con torce alogene, metodo assolutamente illegale anche fuori dal parco, per ammazzarle più agevolmente e senza lasciare loro scampo, compiendo una vera e propria mattanza. In questo caso oltre al sequestro dei fucili e delle torce ed alla denuncia penale, sono sati sequestrati gli automezzi i cui fari venivano utilizzati illecitamente per accecare le vittime.
Un’altra pattuglia ha invece intercettato un soggetto che aveva appena ucciso una lepre in località Restinco, non lontano dal Centro di accoglienza per richiedenti asilo, in una zona dove non vige il divieto di caccia, ma in un giorno di chiusura dell’attività venatoria, anche per lui è scattato il sequestro di arma e munizioni, oltre che della povera lepre ormai abbattuta, e la denuncia all’autorità giudiziaria.
Vittima di un’altra sortita di contrabbando è stato un bell’esemplare di Fagiano maschio dai variopinti colori, ammazzato prima che fosse aperta la caccia per questa specie di animale. Il cacciatore è stato fermato nelle vicinanze del Parco Regionale delle Saline di Punta della Contessa, da una pattuglia dei carabinieri forestali, subito dopo l’esplosione dei colpi di fucile, anche in questo caso si è avuto sequestro di arma e munizioni oltre che del povero uccello esanime ed il responsabile è stato denunciato a piede libero.
Sono questi solo alcuni degli episodi che sono stati segnalati e che dimostrano in maniera lampante che reprimere e ridurre ai minimi termini un fenomeno odioso come è quello del bracconaggio è possibile quando a farlo c’è gente motivata, preparata e ben addestrata e, a questo proposito, i Carabinieri Forestali , a volte ancora a bordo delle vecchie Fiat Panda verdi, per anni spauracchio dei malintenzionati, continuano ad essere un valido baluardo a difesa della natura, dell’ambiente e della salute dei cittadini, che sanno sempre a chi rivolgersi con fiducia e su chi contare in caso di necessità. A questo proposito voglio segnalare che “è operativo il numero di emergenza “1515” per quei cittadini che chiedono il rispetto delle norme, anche in relazione agli orari di caccia, alle distanze minime, all’ ingresso in campi coltivati, al rispetto dei confini delle aree naturali protette e per ogni altro genere di intervento a difesa della natura e della fauna selvatica.