Insufflazioni di ossigeno per superare i problemi dell’apparato sessuale

di Marina Poci per il7 Magazine

Per più di sessant’anni si è preoccupato della salute ostetrico-ginecologica e sessuale delle donne, prima come assistente e migliore erede del compianto professor Alessandro Perrucci nell’ospedale San Camillo de Lellis di Mesagne (del cui reparto di Ostetricia e Ginecologia è stato l’ultimo primario, prima della chiusura), poi come primario all’ospedale Perrino di Brindisi. Ora che è in pensione da diversi lustri, il dottor Efisio Renato Poddi non abbandona l’idea di continuare a dedicare alla sua specialità medica la passione professionale che lo ha animato per l’intera vita e le sue migliori energie di ottantaquattrenne sempre proiettato al futuro. Con il “Progetto Percorso Donna”, ideato di concerto con la sezione di Brindisi della FEDER.S.P.eV. (Federazione dei Pensionati Sanitari – medici, veterinari e farmacisti – Vedove e Superstiti) e con l’Aisa (associazione che opera nel campo del volontariato sociale e sanitario), promuove un protocollo terapeutico a base di ossigeno e acido ialuronico per la cura dell’atrofia vulvo-vaginale, protocollo la cui applicazione, validata soltanto nel 2018 e non ancora sperimentata in Italia meridionale, rappresenta un’innovazione di grande interesse scientifico per le moltissime donne che soffrono di questa dolorosa condizione.

In cosa consiste il progetto e come è nato?
“La pandemia, facendo di molto diminuire la pratica clinica, ha conciliato l’approfondimento di tante questioni importanti ma forse trascurate. Da circa un anno e mezzo sto studiando questo nuovo protocollo terapeutico che permette di curare la sindrome genito-urinaria nelle donne, i cui sintomi principali sono la secchezza vaginale e l’atrofia vulvo-vaginale e delle basse vie urinarie. Si tratta di una patologia che interessa l’apparato genitale esterno e gli organi urinari, vescica e uretra, causando, tra le altre cose, dispareunia (cioè dolore durante i rapporti sessuali o impossibilità di averne) e cistiti ricorrenti, che rispondono alla terapia antibiotica solo temporaneamente o non rispondono affatto. Le donne ne soffrono o per età (insorge nella pre-menopausa e diventa più grave durante e dopo la menopausa, cioè dopo i sessantacinque anni) o perché affette da condizioni nelle quali le terapie mediche determinano un ipoestrogenismo (ad esempio alcuni carcinomi mammari o ginecologici). Con le associazioni coinvolte, che hanno messo a disposizione una considerevole somma, eleggeremo venti donne a cui offriamo una visita ginecologica gratuita, della quale mi occupo personalmente, e due trattamenti su cinque a carico nostro”.

Cosa comporta l’ipoestrogenismo a livello genito-urinario?
“Comporta un assottigliamento dell’epitelio e una ridotta vascolarizzazione che, a loro volta, causano una debolezza dell’apparato (da qui le cistiti) e una diminuzione del tono della muscolatura, che causa il dolore durante i rapporti sessuali e spesso anche indipendentemente dai rapporti”.

Da questa patologia sono escluse le donne giovani, quindi?
“Assolutamente no. Oltre alle pazienti oncologiche, vengono colpite donne giovani che soffrono di infezioni dell’introito vaginale, vulviti, vestiboliti, candidosi ricorrenti. Il nostro progetto, però, non si rivolge a loro, a meno che non siano pazienti oncologiche operate di carcinoma mammario o all’utero”.

È possibile fare una stima del numero delle donne affette da questa condizione?
“Sono numeri importanti: circa il 90% delle donne ottantenni ne soffrono, mentre per le donne in menopausa si parla di circa il 50%. Purtroppo, nonostante le percentuali siano così alte, sono molto poche le donne che riconoscono il problema e chiedono delucidazioni: non si confidano con i partner, che invece dovrebbero essere i primi a condividere questa sofferenza, e non chiedono il parere né del medico di famiglia né dello specialista ginecologo. Questo fa sì che il problema venga diagnosticato quando ormai resta poco da fare, dal punto di vista delle terapie. Bisogna, invece, intervenire prima che l’atrofia condizioni la vita, non solo sessuale, della donna”.

Quindi, da un lato si fatica a riconoscerla come patologia, dall’altro si accetta passivamente questa condizione perché la si ritiene una normale conseguenza dell’età e di alcune particolari condizioni che diminuiscono l’apporto estrogenico nell’organismo.
“Purtroppo sì. Mi è capitato, in queste settimane, di visitare donne che hanno da sempre avuto vergogna ad esporre la patologia sia al compagno che al medico. Mi capita ogni giorno di ricevere donne deluse, insoddisfatte, amareggiate, che per vergogna si rinchiudono nella patologia e non vivono una vita piena. Ecco, come ginecologo, dico: parlatene, non date per scontato che non si possa curare, non trascurate i sintomi e fidatevi dei vostri compagni e dei vostri medici”.

Normalmente come si cura questa condizione?
“In genere con terapie lunghe, sia locali che sistemiche, a base di estrogeni, che però richiedono una continuità quotidiana a cui non sempre la donna si presta. C’è anche da dire che non tutte le donne vi si possono sottoporre: le operate al seno o all’endometrio, per esempio, non possono assolutamente assumere estrogeni. In questo caso, si tampona il problema con lubrificanti, creme idratanti e lenitive, acido ialuronico, o – nei casi più gravi – si ricorre alla laserterapia o alle terapie con la radiofrequenza”.

Il nuovo protocollo, chiamato Caress Flow, invece, su quali terapie si basa?
“Si basa su insufflazioni di ossigeno ad alta concentrazione (93%) e acido ialuronico a basso peso molecolare direttamente nella cavità vaginale, per la durata di un quarto d’ora. Non ci sono controindicazioni di alcun tipo, è un trattamento completamente indolore e risulta efficace già dalle prime somministrazioni. Quello che è importante dire è che, al contrario di quanto accade con la laserterapia e la radiofrequenza, la seduta non richiede tempi di recupero e l’intero trattamento assicura risultati duraturi nel tempo, addirittura sino ad un anno e in qualche caso sino ad un anno e mezzo dopo. I trattamenti, incluse le visite per candidarsi si svolgono presso l’ospedale Di Summa. L’intero protocollo dura due mesi e mezzo, perché i diversi trattamenti si somministrano a distanza di due settimane l’uno dall’altro”.

Come è possibile essere ammesse al progetto?
“Il progetto si rivolge alle donne in premenopausa, menopausa e post menopausa e alle donne operate di carcinoma della mammella o dell’endometrio (che quindi non possono sottoporsi a terapie con estrogeni) che soffrono di secchezza vaginale e di cistiti ricorrenti abatteriche. Si può prenotare la visita ginecologica gratuita, a seguito della quale viene valutata la candidatura, telefonando ai numeri 0831/090327, 348/7754521, 320/6561190 nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9,30 alle 11,30”.

Qual è lo scopo del progetto?
Lo scopo del progetto, oltre alla cura delle venti donne scelte (una goccia nel mare, ce ne rendiamo conto), è quello di informare il resto della popolazione femminile che questa patologia è curabile specialmente, anche se non solo, con questo nuovo protocollo. Sono convinto della bontà di questa metodica e spero che alle donne arrivi il messaggio che con le associazioni che curano il progetto vogliamo diffondere: si può intervenire, non è un problema che dovete sorbirvi per tutta la vita, fate visite ginecologiche periodiche”.

Secondo lei cosa si può fare a livello di comunicazione e di informazione per migliorare la consapevolezza delle donne in merito alla propria salute sessuale, non soltanto relativamente all’atrofia vulvo-vaginale?
“Bisogna iniziare da molto lontano, è un discorso politico. La società, a partire dalle scuole, dalle famiglie, dalle ASL, compresi i consultori, dovrebbe farsi carico di sviluppare nelle donne la consapevolezza del proprio corpo e la cultura della salute, sin dalla giovanissima età. Ho sempre voluto fare il ginecologo: da più di sessant’anni mi sforzo di favorire nelle mie pazienti questa consapevolezza e non sono ancora stanco di lavorare nell’interesse delle donne”.