La casa di Pollicino: a Latiano un rifugio per gatti in difficoltà

Di Marina Poci per il numero 369 de Il7 Magazine
In casa ha sempre avuto (e continua ad avere) cani, poi l’incontro con Pollicino, un gatto randagio che ad appena sessanta giorni di vita si è ammalato di ipoplasia cerebellare, ha cambiato la sua prospettiva: “I gatti vengono spesso considerati animali di serie B rispetto ai cani. C’è la convinzione che siano indipendenti, in grado di provvedere a se stessi autonomamente. Ma anche loro hanno bisogno di aiuto. Quindi ho pensato che ci fosse bisogno di una struttura in grado di occuparsene”. È stato così che Michele Argentieri, giovane latianese con la passione per gli animali, impegnato nel volontariato da quando aveva 14 anni, ha deciso di fondare, circa un anno e mezzo fa, dopo la morte del suo amato felino Pollicino, un rifugio per gatti in difficoltà. Con altri amici volontari, animati dallo stesso spirito di abnegazione, ha scelto di costituire un’associazione con lo scopo di offrire cure e sostentamento a gatti che, per le loro condizioni di salute o semplicemente perché randagi e impossibilitati a procacciarsi cibo da soli, difficilmente sopravvivrebbero per strada. Il rifugio era un sogno che coltivavano da tempo: hanno preso in locazione un’abitazione alla periferia di Latiano e hanno aperto La casa di Pollicino odv (organizzazione di volontariato), attrezzando l’appartamento con quanto necessario per l’assistenza agli animali e suddividendo gli spazi a seconda delle esigenze diverse dei gatti. “Tutti noi soci fondatori dell’associazione da sempre accogliamo nelle nostre case i gatti in cattive condizioni, ma le nostre case hanno uno spazio limitato. Per questo è nato il rifugio. Naturalmente l’obiettivo è far sì che i nostri amici vengano adottati, consideriamo la permanenza da noi soltanto temporanea”, racconta con semplicità.
Chi era Pollicino?
“Il vero ispiratore di questo progetto. Era uno dei gatti che ho adottato, l’ho recuperato sotto un ulivo grazie ad una segnalazione. Era appena nato, aveva ancora il cordone ombelicale attaccato. L’ho portato a casa per allattarlo, poi si è ammalato e i veterinari ci hanno subito detto che non avrebbe avuto una vita lunghissima. Nonostante questo, era un animale coraggioso, socievole, giocherellone. La disabilità non l’ha mai fermato. Non è stato il primo gatto che ho adottato, ma è stato quello che mi ha dato la spinta per non mollare quando ero molto demotivato e non sapevo se fosse opportuno fare il passo di affittare l’abitazione e di fondare l’associazione”.
Lei ha salvato Pollicino, ma in qualche modo ne è anche stato salvato.
“Sì, senza Pollicino probabilmente avrei continuato ad accogliere gatti in casa senza un vero e proprio progetto. Grazie a lui esiste il rifugio”.
Siete un’organizzazione di volontariato: come riuscite ad affrontare le spese di sostentamento e cura dei gatti che ospitate?
“Non abbiamo contributi pubblici di nessun tipo né donazioni da enti. Però l’attività del rifugio, grazie ai social, piano a piano ha iniziato ad essere conosciuta e siamo molto sostenuti dai privati in tutta Italia. Le persone più vicine vengono a portarci direttamente l’occorrente per la gestione del rifugio. Chi è più distante ovviamente ci sostiene economicamente attraverso accrediti sulle nostre carte ricaricabili o bonifici. Anche i nostri adottanti, una volta che scelgono di salvare uno dei nostri gatti, non si dimenticano della Casa di Pollicino. Alcuni ci sostengono mensilmente. Per il resto, tutti noi soci mettiamo a disposizione non soltanto il nostro tempo, ma anche il nostro denaro”.
In quanti siete? Come vi organizzate per la gestione quotidiana delle attività del rifugio?
“Come soci fondatori siamo otto, ma i più assidui frequentatori del rifugio sono quattro. Tutti noi abbiamo altri lavori e dobbiamo incastrare le nostre professioni e le nostre vite private con l’impegno associativo. Io, per esempio, lavoro in un negozio di animali e riesco ad essere presente soprattutto nel pomeriggio. Quando non lavoriamo, le attività nel rifugio occupano gran parte della quotidianità”.
Che tipo di attenzione registrate dal punto di vista politico e istituzionale alla problematica del randagismo e dell’accudimento degli animali in difficoltà?
“Purtroppo molto scarsa. I privati cittadini dimostrano molta più sensibilità dei politici su questi temi”.
Che tipo di animali ospitate?
“Qualunque animale in difficoltà può essere nostro ospite. Abbiamo gattini appena svezzati (a cui provvediamo nelle nostre abitazioni e che poi trasferiamo in rifugio), gatti adulti e gatti anziani. Ma cerchiamo di aiutare soprattutto gattini appena nati, che per strada avrebbero vita breve, e gatti più grandi con patologie importanti che ne minano l’autosufficienza. Gli animali disabili spesso rischiano l’eutanasia, perché le persone preparate, in grado di occuparsene, sono poche, per cui si opta per la soppressione, che è la via più semplice. Noi cerchiamo di salvarli e di offrire loro una vita dignitosa. Al momento in rifugio ci sono sessanta gatti, alcuni molto gravi: un bell’impegno per noi volontari”.
Com’è organizzato l’appartamento?
“Abbiamo alcune stanze dedicate ai gatti già sani, che hanno concluso la profilassi sanitaria e sono lì in attesa di adozione. Poi c’è una stanza per gli animali più gravi, che hanno esigenze mediche e alimentari particolari (ad esempio, non riuscendo ad urinare da soli, vanno aiutati con la spremitura della vescica). I più piccoli sono ospitati in box da degenza. Ovviamente nel corso della giornata sono liberi e spesso escono nel piccolo spazio antistante il rifugio”.
Progetti futuri?
“Il sogno è riuscire ad avere una casa più grande, con un giardino recintato, in modo da fare stare i nostri gatti in uno spazio più ampio e più sicuro. Ci piacerebbe creare un’oasi nella natura, per garantire ai nostri animali la libertà di cui hanno più bisogno. Poi speriamo di coinvolgere le scolaresche, magari per riuscire ad avere l’attenzione dei più giovani e renderli partecipi della nostra realtà. Infine, sicuramente cercheremo di impegnarci ancora di più sul tema della prevenzione, sensibilizzando le istituzioni e i privati alla sterilizzazione. È una pratica medica costosa, ma alla lunga lo è molto meno di quanto ci costi mantenere e curare i gatti che vengono alla luce senza controllo e rischiano la vita per strada”.
Come è possibile sostenervi?
“Abbiamo l’iban dell’assicurazione e una lista su Amazon attraverso cui tutto quello che è acquistato viene recapitato direttamente al nostro indirizzo. E poi naturalmente è possibile portare cibo e altri prodotti direttamente al rifugio, cosa che ci fa molto piacere, perché così conosciamo personalmente gli amici che ci sostengono”.
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