La chiesetta dei carbonari, tempio di libertà e di clandestini

di Giancarlo Sacrestano per IL7 Magazine

Arrivo nei pressi della masseria di Restinco e sotto un albero di eucalipto trovo un uomo smagrito e stanco, mi dice di chiamarsi Muhammed, ha 40 anni ed è pakistano. È seduto su una poltroncina di plastica, intorno a lui cerchioni e copertoni di bicicletta, siamo a pochi passi dal Centro di Accoglienza dei Richiedenti Asilo, ma lui con altri cinque corregionali, vive da un anno tra i ruderi della vecchia masseria.

Mi dice di essere arrivato in Europa 6 anni fa e di aver vissuto per due anni a Barcellona, sempre da clandestino. Prima di giungere a Brindisi è stato per diverso tempo a Brescia e Taranto, dove ha fatto diversi lavori come operaio. Da un anno è a Brindisi sostenuto dalla Caritas per l’alimentazione e dalla benevolenza di qualcuno, per qualche minuscolo bisogno. Da Brescia un amico gli ricarica un vecchio telefonino che stringe sempre in mano, è l’unico mezzo che lo tiene in contatto con la famiglia, che oltre alla moglie è composta da una ragazza di 18 ed un ragazzo di 17 anni.

Gli domando quanto gli sia costato il viaggio sei anni fa e lui, con la rassegnazione negli occhi mi dice che, dal Pakistan attraversando Iran e Turchia in auto e in Spagna, con la nave sino a Barcellona, il costo è stato di 3mila euro. Mi dice che la vita in Pakistan non è facile e che ha dovuto lasciare il lavoro di falegname per ragioni politiche. La libertà di trovare un posto dove costruire la propria serenità, gli ha fatto vincere la paura di un salto nel buio della clandestinità, nell’incertezza della solitudine e della illegalità, da cui non sa, se mai, riuscirà a venir fuori.

Lui non sa neppure, che il luogo dove si ricovera è una chiesetta dedicata a Sant’Antonino e proprio il piccolo ripiano dove appoggia le buste di plastica e il contenitore con un po’ di minestra altro non è, che un piccolo altare devozionale a Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, effigiati in un piccolo affresco. I due padri dell’Unità nazionale vestono i panni rispettivamente di San Pietro e San Paolo. L’anticlericalismo dell’anonimo artista, si colloca nella più ampia stagione che condusse alla sconfitta dei Borboni per l’avvento dell’unità d’Italia.

La chiesetta dedicata a Sant’Antonino, (Sant’Antonio da Padova) era una “baracca” (luogo d’incontro) dei carbonari, ovvero si tenevano le riunioni di una “vendita” sillogismo che sta per “propaganda” dell’associazione segreta denominata “carboneria”. La loro clandestinità garantiva la riservatezza del movimento eversivo cui appartenevano. L’Italia borbonica non garantiva i livelli minimi di giustizia sociale e molti erano quelli che ne auspicavano la destituzione. Non ci sono atti che certifichino la dedicazione della chiesetta al santo francescano, ma la presenza di un campanile a vela è una traccia significativa, come pure il fatto che nelle regioni meridionali, il santo di Padova venisse rinominato col vezzeggiativo di Antonino, per distinguerlo da Sant’Antonio Abate.

A frequentare quella “baracca” carbonari, aderenti al movimento politico repubblicano “La Giovine Italia” di cui Mazzini era stato il fondatore nel 1831 e principale protagonista. La sua visione di uno stato laico e repubblicano, si scontrerà, senza scalfirlo, con il percorso istituzionale monarchico che invece durerà sino al 1946. A condividere un tratto della sua strada, Giuseppe Garibaldi, il pragmatico condottiero, che con i forti finanziamenti della massoneria inglese e un manipolo di 1000 uomini rese possibile l’unificazione in un solo regno dell’Italia ottocentesca.

Presso la masseria di Restinco, pertanto, operava un gruppo di idealisti carbonari con idee repubblicane. L’ignoto autore dell’affresco, di non eccelsa fattura, ripropone l’iconografia classica attraverso cui si rappresentano i principali Santi della religione Cristiana. San Pietro, custode delle chiavi del paradiso (la repubblica per l’ideologo Mazzini) e la spada e il vangelo (la battaglia e la testimonianza per Garibaldi). Potendo datare l’affresco nei pressi del 1860 è immaginabile che anche a Restinco, come in altre realtà, i carbonari abbiano vissuto in aderenza con la massoneria italiana che proprio in quel tempo si riorganizzava. L’ esoterismo e la speculazione filosofica erano stati sovrastati dai processi politici e sociali di costruzione dell’unità d’Italia.

Il suo nuovo corso nacque proprio in Sicilia con la scelta di Garibaldi di fondare nel 1860, ovvero appena sbarcato, la massoneria. In una sola seduta fu investito, dal “Supremo Consiglio Grande Oriente d’ Italia di Palermo di rito scozzese antico e accettato di tutti i gradi del Rito Scozzese, dal 4° al 33°), assumendone la guida. Il 18 giugno 1866, Giuseppe Mazzini, sempre a Palermo ricevette l’aumento di luce al 33° grado e la qualifica di membro onorario del medesimo Supremo Consiglio. Forse era questa l’ulteriore prova di affidabilità alla massoneria inglese che fortemente aveva voluto la nascita dello Stato Unitario Italiano.

È altresì possibile che negli anni successivi alla prima ed alla seconda guerra mondiale la chiesetta sia stata adibita a sede di riunioni massoniche di Rito Scozzese Libero ed Accettato. In un quaderno dell’Accademia degli Incolti dedicato alla storia della carboneria, si specifica come riunioni segrete dei carbonari aderenti al partito repubblicano, si siano tenute sino alla metà degli anni ’70 del secolo scorso. Oggi la chiesetta è ridotta a vera spelonca, dell’affresco l’ingiuria del tempo e l’incuria per la memoria, stanno facendo scempio. Mohammed, ignaro clandestino del XXI secolo, che lì dentro cucina bruciando legna e mangia, tutto questo non lo sa.