La Fontana de Torres compie 400 anni: “quasi” sempre al suo posto

Il famoso libro “Memoria historica dell’antichissima e fedelissima città di Brindisi” fu pubblicato nel 1674 dal padre Andrea Della Monaca, Provinciale dei Carmelitani di Brindisi. Come ben risaputo, quel libro fu plagiato dall’inedito “Antiquita’ e vicissitudini della città di Brindisi” di Giovanni Maria Moricino, medico e filosofo brindisino, morto nel 1604. Del Della Monica, pertanto, risulta originale solo l’XI Capitolo del libro V, l’ultimo, che tratta degli avvenimenti in Brindisi dal 1604 al 1671. Contemporaneo quindi di quegli avvenimenti accaduti mentre la città apparteneva allo spagnolo viceregno di Napoli, Della Monaca ci lasciò questa descrizione, certamente la più antica in assoluto che si ha, della fontana monumentale sita nell’attuale piazza Vittoria:
«Pativa la Città d’Acqua, e sentivano non poco scommodo i Cittadini nel mandare a pigliarla hor d’un Aquedotto, e hor d’un altro, e particolarmente da quello, che presso le mura della Città scorreva… però nell’anno della nostra salute 1618 governando la Città per il Re uno spagnuolo di gran prudenza, bontà, integrità e sopra tutto di gran resolutione, chiamato Pietro Aloysio de Torres considerando tanto difetto in un’habitazione riguardevole, si pose in pensiero di darci opportuno rimedio, che fu di condurre l’acqua dentro la Città, e distribuirla per diversi luoghi per utile de’ Cittadini… però per non aggravare il publico per la spesa, che doveva farsi, la distribuì fra particolari Cittadini, secondo le forze di ciascheduno, segnando di color rosso le giornate nei Muri delle Case, che con ogni puntualità faceva pagare secondo i giorni da lui stabiliti. Si condusse in questa maniera con ogni celerità l’Acqua per nuovi condotti, e si formò la prima Fontana, che menava con due butti d’acqua in una strada maestra per diritta linea della muraglia predetta [Bastione San Giorgio]. Di là ripigliandosi l’istesso camino, la condusse nella Piazza Maggiore [Piazza Vittoria], in mezzo della quale si fabricò il luogo della caduta dell’acque tutto di Marmi, e prima si sollevò una Colonna, che servì per base d’una gran conca di bellissimo marmo, che da quattro teste di Cavalli lavorate di bronzo, gitta abbondantissime acque, e doppo sin’alzò più sù un’altra Colonna benché più delicata della prima, dalla quale scorressero l’acque nell’immediato Vaso grande predetto dalla bocca di quattro mezzi Cavalletti di bronzo col Capitello vagamente lavorato, e cinto d’una Corona Reale. L’iscrizione scolpita in detto Fonte per restar memoria à posteri d’un tanto beneficio è la seguente: Petro Aloysio De Torres…»
L’iscrizione originale, tutt’ora ben leggibile scolpita sull’esterno della bella vasca marmorea, è in latino e tradotta all’italiano è la seguente: “A Pietro Luigi Torres governatore, perché emulando i romani colla sua autorità e perspicacia, e con gli auspici del re Filippo III e del vicerè Pietro Giron conte di Ossuna, nonché coll’opera e col denaro dei cittadini, restaurava l’antico acquedotto rovinato per l’ingiuria dei tempi e di Guglielmo il Malo e, riparando i cunuculi della vecchia conduttura, ne costruiva una nuova, e per via di altre tubature e salienti, per tortuoso camminamento, riconduceva l’acqua nella città: ordina il popolo brindisino, memore e grato per tanta comodità ed ornamento, nell’anno della salute 1618”
La ‘vaga lavorazione’ del capitello, indicata da Della Monaca, si riferisce allo scudo del re Felipe III, solo abbozzato sormontato da tre elmi coronati con un cordone che lo circonda. Sull’esterno della vasca, invece, è chiaramente scolpito lo scudo araldico del capitano De Torres, con cinque torri merlate. La vasca che costituisce il corpo principale della fontana, la gran conca, è di fattura anteriore alla fontana e quasi sicuramente appartenne a un antico fonte battesimale, forse proveniente dal tempietto di san Giovanni al sepolcro, ritenuto essere stato il battistero della vicina Cattedrale di Brindisi edificata nel XII secolo. La più ampia vasca marmorea inferiore, che raccoglie l’acqua che zampilla dalle quattro bocche di bronzo incastonate nella vasca superiore, è racchiusa da una sorta di corona fatta con mezze giare tagliate verticalmente e rinforzate con pezzetti di colonnine, tutte anch’esse di marmo e quasi certamente di riuso da epoca romana.
In quell’anno 1618, re di Spagna era Felipe III, viceré di Napoli era Pedro Giron e governatore di Brindisi era il capitano Pedro Aloysio De Torres. Era sindaco della città Cesare D’Aloysio ed era arcivescovo di Brindisi lo spagnolo Giovanni Falces. Il capitano Pedro Aloysio De Torres, a Brindisi dal 1615, fu probabilmente il migliore dei governatori che la città ebbe durante i duecento anni del periodo vicereale e l’episodio relativo al progetto e alla costruzione della fontana, ne costituisce certamente una buona prova.
In quegli anni, peraltro, Brindisi si era ripopolata e contava con quasi 10.000 abitanti, un picco non destinato a mantenersi troppo a lungo e che dopo un nuovo e pronunciato decadimento sarebbe ritornato solo sul finire del regno napoletano, nel 1860. E nel 1618 mancava solo un anno alla conclusione della costruzione, iniziata nel 1609, della chiesa Santa Maria degli Angioli con l’annesso monastero delle sorelle cappuccine, opere maestose volute e promosse dall’illustre brindisino Lorenzo Russo, il futuro san Lorenzo da Brindisi, già Generale dell’Ordine dei Cappuccini, che doveva morire a Lisbona l’anno seguente, nel giorno del suo compleanno 60.
La fontana De Torres, nome con cui passò alla storia, continuò per secoli a fornire la sua preziosa acqua ai brindisini con due sole interruzioni, e continua a farlo tutt’ora, anche se oggi a solo scopo ornamentale. Nel marzo del 1715 la fontana smise di erogare acqua per qualche mese finché, a fine ottobre, fu ripristinata. Nel 1729 invece, una nuova interruzione del servizio durò molto di più, sette anni, fino al 1736.
Quella indicata dal Della Monaca con il nome spagnoleggiante di piazza Maggiore, all’epoca aveva forma quadrata ma fu, in realtà, denominata in vari altri modi, piazza dei commestibili, mercato, da basso o della plebe o del popolo e poi, nel 1922, demolito un isolato di vecchie botteghe, fu integrata con la adiacente piazza del Sedile, detta anche piazza da alto o dei nobili, per finalmente conformare l’attuale piazza Vittoria.
Avendo deciso di collocare al centro della nuova piazza il monumento ai caduti, il Comune deliberò togliere la fontana dalla piazza e spostarla a piazza Anime. Però, il Ministero della Pubblica Istruzione e molti brindisini si opposero a quel progetto e tra di loro il carismatico e battagliero canonico Pasquale Camassa, papa Pascalinu, il quale riuscì finalmente a impedire che la storica fontana scomparisse dalla piazza emblematica di Brindisi.
Così, nel 1926, il monumento ai caduti dello scultore Vitantonio De Bellis fu eretto nel centro della piazza, di fronte al palazzo delle poste, e la fontana De Torres rimase al suo posto, alcuni metri più in giù rispetto al monumento, ma ci rimase ancora per poco. Quel monumento ai caduti non fu mai inaugurato e fu venduto alla città di Erchie perché ritenuto poco maestoso per Brindisi, mentre il Comune decise commissionarne un altro allo scultore brindisino Edgardo Simone, per essere però collocato in piazza Crispi, oppure in piazza Dionisi.
Liberato così lo spazio centrale in piazza Vittoria, il Comune deliberò nuovamente spostare la fontana De Torres, però questa volta di soli pochi metri, quelli necessari a collocare la fontana nel centro della piazza, proprio nel posto in cui era stato eretto il primo monumento ai caduti. La decisione fu sopportata anche da considerazioni di ordine tecnico, giacché la ampia vasca inferiore della fontana, nella sua posizione originale era molto bassa e perciò restava spesso invasa da fango e quant’altro, convogliati dalle acque piovane e di scolo.
Il canonico Camassa nuovamente volle opporsi alla delibera e, nel mese di maggio del 1928, pubblicò un opuscolo stampato nella Tipografia del Commercio Vincenzo Ragione, intitolato “Una fontana storica” in cui sosteneva la sua posizione, citando a sostegno anche le opinioni di eminenti scientifici, italiani e stranieri, contrari ad ogni eventuale spostamento e concludendo: «Ho creduto opportuno riferire i giudizi che intorno alla fontana De Torres hanno autorevolmente espresso i sullodati insigni archeologi e cultori della storia dell’arte, per dimostrare che, se da un decennio, serenamente affrontando l’impopolarità e il sorriso canzonatorio di alcuni amici, ho doverosamente lottato per la conservazione e inamovibilità dello storico monumento, mi trovo in ottima compagnia».
Ma questa volta papa Pascalinu non ebbe successo: il 10 ottobre 1928, come immortalato dal fotografo Pietro Acquaviva, la fontana De Torres fu traslata dalla sua posizione originaria all’attuale: un po’ più elevata, ma solo pochi metri più in là. E papa Pascalinu – credo – nel suo intimo si consolò sapendo che, definitivamente, aveva comunque scongiurato per sempre ogni eventuale proposito di spostare la fontana fuori dalla sua piazza, che era stato da sempre – credo – il suo obiettivo principale.