È di pochi giorni fa la notizia che poco al largo delle meravigliose spiagge del Parco Naturale Regionale “Dune costiere da Torre Canne a Torre S. Leonardo”, personale specializzato della società Biosurvey che, in collaborazione con l’Università di Palermo, si occupa, fra le altre cose, di interventi di ingegneria naturalistica applicata al ripristino di fondali degradati, ha provveduto al trapianto di Posidonia oceanica in corrispondenza della foce di Fiume Morelli, su un fondale sabbioso alla profondità di circa 8 metri.
L’area sottomarina interessata da questo trapianto, previsto dal progetto SASPAS – acronimo di “Safe Anchoring and Seagrass Protection in Adriatic Sea”, vale a dire ancoraggio sicuro e protezione delle fanerogame marine (cioè la Posidonia oceanica) nel mare Adriatico – è di appena un centinaio di metri quadri in quanto lo scopo non è quello di compiere un’opera di riforestazione e di ripristino in larga scala della prateria di Posidonia, bensì di un intervento pilota, da monitorare per qualche anno, al fine di testare in concreto la fattibilità tecnica e l’efficacia delle più innovative soluzioni di piantumazione che l’ingegneria naturalistica ha ideato per questa pianta.
Già, perché la Posidonia oceanica, che a dispetto del suo nome trova il suo habitat naturale non negli oceani ma nel mar Mediterraneo, non è un’alga, come molti erroneamente credono per il sol fatto che cresca in fondo al mare, ma è una vera e propria pianta; in quanto tale è provvista di radici, fusto, foglie, ha il suo periodo di fioritura in autunno e produce regolarmente dei frutti galleggianti che, per la forma che hanno e stante la loro essenza assolutamente mediterranea, vengono volgarmente chiamati “olive di mare”.
Da subacqueo di vecchia data qual sono, una tale notizia non poteva lasciarmi insensibile anche perché sono anni che vado predicando, sfruttando anche le pagine di questa rivista, l’enorme importanza che questa pianta riveste non solo per la vita del mare ma anche per la salvaguardia dei litorali, specie quelli sabbiosi.
Cercherò, con le stesse parole semplici con cui a suo tempo lo hanno spiegato a me, di spiegare il perché queste piante sono protette sia da norme nazionali che da trattati internazionali.
Le praterie di Posidonia oceanica costituiscono l’ecosistema più ricco e produttivo del nostro mare: producono ossigeno, forniscono cibo e rifugio per numerose specie e proteggono le coste dall’erosione.
Per ciò che concerne la produzione di ossigeno, il posidonieto rappresenta per il mar Mediterraneo ciò che la Foresta Amazzonica rappresenta per il nostro pianeta: senza l’ossigeno prodotto da questa pianta marina, grazie al suo sviluppo fogliare, il nostro mare sarebbe un mare morto. Si è calcolato che ogni metro quadro di prateria libera nell’acqua ben 20 litri di ossigeno al giorno.
Come ho modo di constatare nel corso della maggior parte delle mie scorribande sottomarine, questa prateria pullula di vita: un solo ettaro può ospitare anche 350 specie diverse di animali marini e, in effetti, si trova davvero di tutto, dai pesci ai cefalopodi (calamari, seppie, polpi, moscardini), dai bivalvi (la maestosa Pinna nobilis su tutti) ai molluschi gasteropodi ed agli echinodermi (ricci, stelle marine, pizze di mare).
Non nascondo che, spesso, sono rimasto per lungo tempo fermo sul fondo ad osservare e fotografare questo vivacissimo mondo che si sviluppa fra i ciuffi di Posidonia: centinaia di pescetti che “svolazzano” pochi centimetri sopra la chioma delle piante e che, ad ogni mio respiro, amplificato dal ribollio dell’aria che esce dall’erogatore, si rituffano in picchiata al riparo delle fronde, salvo far capolino ed uscire pochi secondi dopo, fino al mio successivo respiro che, a causa dell’ondeggiare delle foglie al ritmo dettato dalle correnti appare come il respiro profondo del mare.
Oltre a fornire habitat e nutrimento per moltissimi animali marini, la prateria è una vera e propria “nursery” in quanto offre riparo dai predatori ai giovani di molte specie di pesci anche di interesse commerciale, che trascorrono nascosti fra le foglie le prime fasi della loro vita marina, fino a quando non si sentiranno sufficientemente grandi da poter affrontare il mondo.
Altra funzione importante e, oserei dire, insostituibile è quella di consolidare il fondale sottocosta, contrastando il trasporto dei sedimenti sottili ad opera delle correnti costiere, agisce da vera e propria barriera soffolta, in grado di smorzare la forza delle correnti e delle onde prevenendo l’erosione costiera, al punto che si è calcolato che per ogni metro quadro di prateria di posidonia che viene meno, vengono erosi 15 metri quadri di litorale sabbioso. Non solo, gli strati di foglie morte sulla spiaggia, che molti in maniera ignorante considerano sporcizia, proteggono il litorale stesso dall’erosione attenuando l’azione delle onde e trattenendo la sabbia, specialmente in occasione delle mareggiate invernali.
Se si stilano progetti per la sua salvaguardia, evidentemente questa pianta è in pericolo e, in effetti, in tutto il bacino del Mediterraneo le praterie di Posidonia sono in regressione a causa di diversi fattori, fra cui, sicuramente, l’inquinamento, la pesca a strascico, l’ancoraggio selvaggio, lo sversamento di idrocarburi, l’immissione di scarichi fognari in mare che aumentando la torbidità dell’acqua ostacolano la fotosintesi, la costruzione di dighe foranee e barriere che modificano il tasso di sedimentazione in mare (è esattamente questo che è accaduto sul litorale brindisino dove la costruzione negli anni novanta della Diga di punta Riso ha provocato l’erosione del litorale nord con conseguenti crolli anche della falesia e lo stesso dicasi a Cerano, dove le opere a mare per riparare la centrale termoelettrica Federico II hanno avuto lo stesso nefasto effetto su spiaggia e falesia). Particolarmente dannoso anche il ripascimento delle spiagge a scopo turistico e la rimozione sistematica dall’arenile delle banquettes, cioè degli accumuli di foglie morte che tanta utilità avrebbero se solo non fossero così odiate dai bagnanti.
Infine un altro pericolo viene dalla invasione di alghe tropicali accidentalmente immesse in Mediterraneo, come la Caulerpa taxifolia e la Caulerpa racemosa che presentano una crescita rapidissima ed entrate in competizione con la Posidonia, la stanno soppiantando ma, essendo alghe e non piante, non hanno la sua stessa utilità.
Chiarita l’importanza della Posidonia ed i pericoli che attualmente questa pianta – e con essa, il nostro mare – corre, possiamo apprezzare maggiormente l’impegno del Consorzio di Gestione del Parco Naturale Regionale “Dune costiere da Torre Canne a Torre S. Leonardo” per preservare la biodiversità del mare Adriatico con la realizzazione di un impianto pilota di riforestazione con la Posidonia oceanica.
Nel Parco la Posidonia era già conosciuta e tutelata, come dimostra la presenza di un eloquente cartello illustrativo che fa bella mostra di sè da almeno dieci anni, fra la Casa del Mare e Lido Morelli, in cui si spiega a visitatori e bagnanti l’importanza di questa pianta marina che non va mai considerata alla stregua dei rifiuti in quanto costituisce un elemento importante per la conservazione della spiaggia e delle dune.
Ed è di questo che abbiamo voluto parlare con l’ingegnere ed architetto Angela Milone, direttore del Parco delle Dune Costiere, che ha fra le sue finalità anche quella di conservare e recuperare gli habitat e le specie animali e vegetali protette, salvaguardare i valori paesaggistici, gli equilibri ecologici ed idrogeologici oltre che i beni storico-architettonici, la quale ha aderito fin da subito con entusiasmo a questo progetto.
Direttore, quali sono le ragioni che hanno spinto il Consorzio ad aderire al progetto pilota di trapianto della Posidonia oceanica?
“Le ragioni sono legate allo studio della Posidonia, infatti, non si tratta di riforestazione, ma di cercare di capire se si può riuscire ad accelerare quanto in natura avverrebbe in tanti anni. Mi riferisco all’espansione delle praterie esistenti, per cui si è adottata una tecnica innovativa e compatibile con l’ambiente, perché si sono utilizzati esclusivamente materiali biodegradabili. Il Progetto parte nel 2019, quando sono arrivata al Parco, già a settembre a cura della SELC (dott. Andrea Rismondo) e grazie al preziosissimo supporto della Lega Navale di Ostuni (dott. Carparelli) e alla Capitaneria di Porto (m.llo Punzi) furono eseguite le ispezioni per la scelta del punto in cui si è intervenuti. Alla Orange Public Management (dott. Antelmi) sono state affidate alcune azioni, mentre il Parco ha svolto integralmente l’azione legata al trapianto della Posidionia. Le difficoltà da superare sono state tante, perché il Parco ha grossi problemi legati alle assenze di nomine in ufficio, perciò la sottoscritta ha dovuto salvare il progetto occupandosi delle contrattualizzazioni e degli stati avanzamento lavori (tutte operazioni storicamente svolte da specifici addetti, nominati dalla Giunta), per ciò mi ritengo particolarmente soddisfatta dell’ottimo lavoro da me svolto con i supporti innanzi citati, ciascuno per le proprie competenze, che ringrazio. Chi mi conosce lo sa, che sono una combattiva. Ma i risultati arrivano e questo è l’importante, soprattutto per il bene del Parco e del Territorio”.
Come si sono svolte le operazioni di impianto della Posidonia ad opera dei tecnici e dei subacquei della società Biosurvey e quali altri interventi o operazioni da parte loro sono in programma nei prossimi mesi o anni?
“Le operazioni si sono svolte anche grazie alla Capitaneria di Porto di Brindisi, nella persona del Comandante Coke, che da subito ha compreso l’importanza e lo scopo del progetto SASPAS, tanto da essere presente in loco durante le operazioni e autorizzarle, sulla scorta della documentazione presentata dal tecnico esterno ing. Longo. Le azioni di progetto originariamente prevedevano l’ancoraggio di boe per le imbarcazioni da diporto, ma lo studio e le indagini condotte dalla sottoscritta c/o gli uffici demaniali dei Comuni di Ostuni e Fasano, hanno fatto comprendere che la breve sosta delle imbarcazioni nelle nostre zone, rispetto a quanto avviene per altri partners di progetto, unitamente all’impatto delle stesse boe, potevano far modificare l’intervento, puntando sul trapianto, anche al fine di creare una mappa biocenotica, per lo studio della Posidonia. Il Progetto terminerà nel 2022 (a causa della proroga dovuta alla pandemia), fino a quella data si faranno ispezioni per monitorare l’intervento, ma la maggior parte del lavoro è quasi terminato. La Biosurvay utilizza un brevetto unico e completamente biodegradabile, per questo, tra le aziende presentatesi al bando, ho voluto contrattualizzare loro e fin da subito il risultato è stato soddisfacente per l’ottimo lavoro svolto”.
Lei si trova a dirigere il Parco da circa un anno e mezzo e fra pandemia e dimissioni da oltre un anno del presidente del consorzio che, ancora, non è stato sostituito, si è ritrovata quasi ad essere il nocchiere di una nave in mezzo alla tempesta, eppure sono tante le attività che oltre ad essere programmate riescono ad essere portate a termine. Ci vuole dire cosa bolle in pentola e cosa si sta pensando di fare nei prossimi mesi, anche in previsione della ormai vicina stagione estiva?
“Purtroppo il Parco già da diversi mesi si muove molto male, il “freno a mano” del Parco è rappresentato dall’attuale compagine politica, che mostra totale disinteresse, immobilizzandolo come non mai. Nonostante tutto sono riuscita ad inserire il Parco nel progetto BEST, un INTERREG, che è rivolto alla tutela degli habitat e alla ricostruzione delle Dune, spesso erose dalle azioni meteoriche. Certamente la nomina di un Presidente o Commissario sarebbe una buona soluzione, la Giunta, nominata il 29.06.2020, pur conoscendo le diverse problematiche che il Parco aveva ereditato, si è riunita solo dal 10 luglio al 10 agosto, per sole n. 8 sedute, per un totale di appena 24 ore al Parco. Certo per il progetto SASPAS alcuni componenti della Giunta si sono presentati alla Conferenza stampa, a cui io ho preferito non partecipare in quanto non mi piace prendere in giro i giornalisti e i lettori, facendo credere che tutto vada bene. Come al solito io vado avanti, perciò, per l’estate, sto organizzando una serie di eventi, tra cui in particolare la Notte Verde di Cisternino con l’Associazione Urbi e Terrae (presidente Giuseppe Losavio), che si svolgerà con diversi appuntamenti culturali, ambientali, gastronomici, sportivi uniti a mostre e rappresentazioni teatrali, che evocheranno il Sommo Poeta di cui s’intendono festeggiare i 700 anni dalla sua scomparsa. Si partirà il 10 giugno con la presentazione dell’intera manifestazione nella splendida Masseria il Frantoio di Ostuni (dott.Balestrazzi) e qui assieme ai Rotary Valle d’Itria (avv.Mario Monopoli) e alla partecipazione di artisti internazionali si parlerà del Convivio di Dante per poi continuare con la Divina Commedia nelle tappe successive”.