L’amore per la poesia supera il Covid: l’editore s’ammala e regala i libri

Da un blog nato nel 2014 per promuovere e divulgare la poesia (contemporanea, del ‘900, edita e inedita, italiana e straniera) ad una casa editrice che pubblica esclusivamente poeti, attraverso quattro collane (Interno Libri, Interno Books, Interno Novecento e Interno Classici). Dalla piccola e tranquilla Latiano, in cui ha vissuto sino ai 19 anni, alla spumeggiante Milano, capitale italiana dell’editoria, passando per la dotta Bologna, dove si è laureato in Filosofia e ha mosso i primi passi nel mondo del lavoro.
Lontano (che più lontano non si potrebbe) dalla figura del letterato abbarbicato ai volumi giusti e dell’intellettuale altezzosamente rinchiuso nella torre d’avorio del sapere, Andrea Cati, 36enne fondatore e curatore del progetto editoriale “Interno Poesia” è, al contrario, uno che si sporca le mani e non ama parlarsi troppo addosso. Sul suo profilo Facebook, infatti, ai versi degli autori che pubblica e dei più grandi poeti mondiali, si intrecciano le riflessioni personali su politica, storia, società e cultura e persino racconti di famiglia e confessioni “sanitarie”: Cati, che vive a Milano da qualche anno, nei primi giorni del mese di marzo ha accusato, oltre ai classici sintomi influenzali, sintomi più specifici, quali la perdita del gusto e dell’olfatto, che gli hanno fatto sospettare di avere contratto il Covid-19.
Da eccezionale divulgatore quale è, nel corso degli ultimi due mesi Andrea Cati, malgrado la malattia, si è fatto promotore di due iniziative culturali meritorie: all’inizio ha consentito di scaricare gratuitamente una ventina di titoli dal catalogo della sua casa editrice (“un modo per cercare di essere vicino a chi doveva sopportare l’isolamento della quarantena”, dice con semplicità); dopodiché, quando le misure di contenimento si sono leggermente allentate, ha stabilito che il 50% della vendita di ogni libro edito da Interno Poesia sarebbe stato devoluto alla Croce Rossa Italiana a sostegno delle attività dell’ente (“un modo per ringraziare chi si prende cura di noi”, continua).
“Adesso sto bene, posso dire di essermi completamente ristabilito. La situazione in quelle settimane in Lombardia era talmente caotica che, nonostante mi sia segnalato al mio medico di base e al numero della Regione dedicato all’emergenza, non sono stato sottoposto a tampone. Ma io credo proprio di essermi beccato il virus, visto che per un paio di settimane mangiavo ma non riuscivo a distinguere una fragola da un cioccolatino!”.
Che Milano ha visto in questi mesi di isolamento e come vedeva Latiano e la Puglia da Milano?
“Ho visto una Milano più pulita e più silenziosa, ma anche più triste e più spenta: forse in qualche modo aveva anche qualcosa di poetico, ma tristemente poetico. Milano è le sue attività aperte, le persone che la animano, gli eventi che vi si organizzano. In questi mesi mi è sembrata come un paesino del Sud alla controra della domenica pomeriggio, quando la gente sonnecchia sul divano dopo il pranzo. Aveva molto del fascino dei nostri piccoli centri, ma vederla così mi ha ferito profondamente”.
In queste settimane lei ha raccontato con molta schiettezza i suoi problemi di salute. Oltre le brutture e le storture che tutti abbiamo letto e visto in questi mesi, esiste un modo “poetico” di vivere la malattia?
“Non so se esista un modo poetico universale di affrontare la malattia, questo è semplicemente il mio modo, appartiene a me, è qualcosa di più intimo. Il raccontare della mia salute ha avuto per me una sorta di funzione catartica, perché nella condivisione con altre persone, che a loro volta mi raccontano i loro dolori, c’è un aiuto a sopportare meglio la sofferenza che ognuno vive. Penso che il racconto che si fa attraverso i social possa essere un mezzo per mettere successivamente in versi l’esperienza del singolo, è materia poetica viva che poi porta al gesto poetico vero e proprio”.
Andando controcorrente rispetto ai librai e agli editori, lei si è espresso contro la riapertura delle librerie a partire dal 14 aprile, sostenendo che la riapertura obbediva alla logica della libreria come luogo di consumo, mentre la libreria è luogo di incontro e di scambio.
“Quando ho espresso contrarietà alla riapertura delle librerie, andando anche contro ai miei interessi da editore, eravamo in una fase in cui secondo me era utile tenerle chiuse. Nel momento di massimo contagio, era impensabile paragonare la libreria al supermercato o alla farmacia. Adesso è diverso, il settore deve ripartire. Ma riaprire non basta e non basterà neanche in futuro. Se pensiamo che adesso, per entrare in libreria, bisogna aspettare il proprio turno e rispettare una fila, capiamo bene che la gente che potrà entrarci sarà dieci volte di meno di quella di prima. Per un settore che già aveva molte difficoltà, è veramente dura. Sia chiaro che tratta di una difficoltà che non riguarda soltanto il mondo dei libri, ma anche la ristorazione, il turismo e tutti gli esercizi commerciali in genere, mondi sicuramente distanti dal mio ma con i quali condivido le ansie della riapertura. P
erché, vede, sfatando anche un po’ della mitologia che gira intorno all’editoria, tengo a precisare che noi editori non siamo più belli degli altri e non ci aspettiamo un trattamento di favore: mettiamo in commercio un prodotto speciale che sicuramente è utile per la cura dell’anima delle persone, ma anche un buon piatto di pasta, se ci pensa, è una ottima cura per l’anima. Quindi il problema è generale e non può essere risolto preferendo un settore rispetto ad un altro, o immaginando di avere diritto a misure privilegiate soltanto perché pubblichiamo o vendiamo libri”.
Per ciò che attiene al settore dell’editoria, perché il sistema (che è oggettivamente in crisi) funzioni, quali correttivi specifici dovrebbero essere apportati per limitare i danni della pandemia nel lungo periodo?
“Questa è una domandona, non ho delle formule precise a riguardo. Io credo che lo Stato possa e debba fare quello che già sta facendo e cioè indebitarsi ancora di più: dare incentivi agli editori per la distribuzione, per la promozione, per implementare i canali sul web. Le faccio qualche esempio spicciolo. Prima o poi riprenderanno le fiere del libro: ecco, un buon punto di inizio sarebbe ridurre le quote di partecipazione degli editori, altrimenti essere a Roma, a Milano, a Torino per una piccola casa editrice diventa un vero e proprio salasso che non vale la pena affrontare. Continuando, mi domando come mai in Italia il mondo del libro è l’unico settore artistico e culturale che non percepisce sostegno di alcun tipo, cosa che invece accade per il cinema e per il teatro. Se non è possibile beneficiare di contributi diretti, ci auspichiamo almeno che sia varato un programma di sgravi che ci faccia lavorare con più tranquillità. Noi editori spediamo migliaia di libri tutto l’anno, ai privati e alle librerie, sopportando spese salatissime: è possibile che non si riesca a raggiungere un accordo equo con il servizio postale italiano, in modo da alleggerire i costi?”
Prima ha fatto riferimento ai canali sul web: mi piacerebbe sapere quante gliene hanno dette quando dal blog è passato alla casa editrice… L’hanno definita più pazzo o più illuso?
“Pazzo, decisamente. Le posso fare l’elenco completo di tutto quello che mi è stato detto? Sei un pazzo, sei soltanto un sognatore, chiuderai dopo pochi mesi, la poesia non si vende, non legge nessuno, ma chi te la fa a fare… In molti hanno provato a scoraggiarmi, famigliari, amici e persino addetti ai lavori: critici, poeti, giornalisti.
Per fortuna non ho dato loro ascolto. Mi permetto di dire che Interno Poesia in pochissimi anni è diventata una realtà editoriale della quale sono orgoglioso. La mia ambizione non è semplicemente quella di occuparmi di poesia in un momento storico difficile per il genere. La mia ambizione è quella di pubblicare libri belli da sfogliare, di ideare una collana che abbia senso, di promuovere un autore che si è fidato del mio modo di intendere la poesia”.
In effetti l’argomento “la poesia non si vende”, con il quale hanno provato a scoraggiarla, non è così spendibile se circa 2000 persone in poco più di un mese hanno scaricato gratuitamente libri dal sito di Interno Poesia: forse un bisogno di poesia c’è, bisogna soltanto saperlo intercettare.
“Assolutamente sì. Questo bisogno esiste e non si evince soltanto dal numero di volumi scaricati o comprati attraverso il sito internet (sulle vendite online noi siamo storicamente forti, perché nasciamo come blog, perciò non mi sorprende il risultato). È un bisogno che io ho toccato con mano quando abbiamo deciso di portare Interno Poesia alle maggiori fiere di settore (Salone del libro, Più libri, Più Liberi e Book Pride) e abbiamo osservato la curiosità della gente mentre si avvicinava al nostro stand. Un conto è restare sul web, dove c’è già una massa di lettori fidelizzata, o partecipare ad una presentazione con i soliti noti che conoscono il tuo lavoro. Altra cosa, completamente diversa, è vivere le fiere di settore, dove arrivano persone sconosciute che non sanno nulla del tuo progetto editoriale e si incuriosiscono leggendo i tuoi volumi. C’è interesse per la poesia e, in particolare per progetti editoriali nuovi e indipendenti”.
Poesia di Crocetti, la più autorevole pubblicazione in materia di poesia in Italia, si è occupata di alcuni poeti pubblicati da Interno Poesia: cosa significa per un giovane editore vedere alcuni dei suoi autori recensiti da una rivista che nel comitato di redazione ha anche premi Nobel per la Letteratura?
“È un risultato che non soltanto mi rende fiero, ma mi emoziona moltissimo. Non mi vergogno di dire che la prima volta che è successo ho fatto i salti di gioia! Poesia di Crocetti è stata la rivista di formazione culturale per eccellenza per tutta quella generazione di ragazzi, nati tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, che sono cresciuti con l’amore per la poesia. Quando leggi una rivista sin dall’adolescenza e poi ritrovi gli autori che hai deciso di pubblicare su quella rivista, è come se tutto il lavoro che c’è dietro alla tua scelta all’improvviso avesse senso. Noi siamo una realtà aziendale e mentirei se negassi che il nostro principale obiettivo è la vendita, ma oltre alla vendita c’è altro: c’è la certezza di avere lasciato un segno del proprio passaggio nel mondo. Ecco, questo per me ha significato il riconoscimento dato da Crocetti ai miei autori”.
Interno Poesia, dopo la pausa forzata, torna a maggio con la prima uscita di questa primavera. Ci dà un’anticipazione?
“Usciremo con l’opera prima di Gerardo Masuccio, classe 1991, intitolata “Fin qui visse un uomo”. È un autore giovanissimo, ma ha già molta esperienza, perché è il curatore della collana di poesia CapoVersi di Bompiani ed ha appena fondato una casa editrice di narrativa e saggistica che avvierà le pubblicazioni a settembre. C’era un progetto su Fernando Pessoa, a cui tenevamo molto, ma si tratta di qualcosa di molto ambizioso che coinvolge una traduttrice brasiliana che vive all’estero, quindi abbiamo deciso di rinviare al 2021. Dovevano uscire altri libri, specie in concomitanza con la partecipazione agli eventi fieristici, ma la pandemia ha scombinato i nostri programmi. In ogni caso, ripartire con la pubblicazione di Masuccio significa dare, a noi e al settore, quel briciolo di speranza di cui abbiamo bisogno”.
Interno Poesia ad aprile ha compiuto sei anni. Se potessimo leggere il biglietto di auguri di Andera Cati alla sua casa editrice, cosa ci troveremmo scritto?
“Tanti auguri, amore mio. Per me la casa editrice Interno Poesia è un figlio: lo cresco e cresco insieme a lui”.