L’antico rito pugliese della salsa fatta in casa

Preparare la salsa di pomodoro in casa è una tradizione che in Puglia resiste ancora, anzi, è uno dei simboli della nostra civiltà contadina. Una tradizione che resiste e lo dimostra l’impegno di decine di famiglie che si riuniscono attorno alla bollitura delle bottiglie piene di oro rosso.
Un’occasione per riunire, soprattutto, parenti e amici, nonni e nipoti che, per l’estate, tornano dal nord universitario e si preparano a raccogliere i pomodori attorno alla ricorrenza di Sant’Anna il 26 di Luglio ( almeno così ci racconta la storia contadina) e preparare la salsa fino a metà agosto, nel periodo migliore di crescita del pomodoro nel nostro territorio.
A dirigere i lavori, solitamente, sono le donne di casa, la nonna e la mamma, pronte ad impartire gli ordini: lavare i tini, i pentoloni, preparare tavoli, tovaglie, strofinacci, mestoli, bacinelle, macchinetta e a lavare centinaia di vasi di vetro da un chilo.
Sulle sciaje (graticci di canne) cinque, dieci quintali di pomodori a seconda della grandezza del ripostiglio della famiglia o delle famiglie. Senza dimenticare il pacco da spedire al nord al nipote all’Università.
La sveglia suona presto in quei giorni.
I ragazzi lavano i pomodori. La mamma li mette a bollire e, una volta raffreddati, la nonna li passa alla macchinetta, li travasa, li chiude e sistemarli nel pentolone per l’ultima bollitura notturna a fuoco lento.
Tutto perfettamente organizzato.
Oltre alla salsa, molte famiglie erano solite produrre anche la “conserva”, che si otteneva stendendo la salsa su tavolieri di legno (gli stessi utilizzati per fare la pasta fresca) e messa ad essiccare al sole per eliminare i residui di acqua. La conserva si aggiungeva alla salsa per renderla ancora più saporita e gustosa.
Ma la salsa è anche altro. Profumi, aromi mediterranei e ricordi che si mescolano e resistono nel tempo.
RICETTA E PROCEDIMENTO.
Per un litro di salsa servono 2 chili di pomodori. Per una famiglia di 4 persone in media serve un quintale di pomodori per una quantità di salsa pari a 50 litri in un anno.
I pomodori devono essere di prima scelta, di qualità diverse a seconda del gusto e dell’utilizzo.
Dal classico San Marzano al Datterino, al Fiaschetto di Torre Guaceto.
Vanno lavati accuratamente e poi fatti scolare di tutta l’acqua, dopo averli collocati in una cesta ricoperta al fondo da un telo sottile che filtri l’acqua.
I pomodori lavati devono essere immersi in acqua bollente.
Dopo la cottura sono raccolti con un grosso mestolo perforato e collocati in una vasca anch’essa forata grazie alla quale scolano dell’ulteriore acqua residua.
A ricoprire il fondo della vasca c’è un telo in stoffa che filtra l’acqua.
In base al grado maggiore o minore di filtraggio avremo una salsa ricca di acqua e diluita oppure povera di acqua e molto densa. Più si vuole una salsa densa e più povera d’acqua deve essere.
Solo dopo questo passaggio, il tutto si immette in un apparecchio passatutto che spreme i pomodori producendo finalmente la salsa, separando le bucce dalla polpa.
Si possono usare bottiglie lavate e sterilizzate prima, adeguatamente chiuse con tappi nella quale viene inserita una foglia di basilico ( o piccoli pezzi di cipolla) e sale che conferiscono aroma e profumo alla salsa.
Le bottiglie sono chiuse ermeticamente con tappi in metallo e collocate in enormi recipienti.
Vanno disposte in modo da non creare spazi tra una bottiglie e l’altra, vanno incastrate tra loro in vari strati sovrapposti. E’ sufficiente che vi siano urti e le bottiglie possono esplodere al calore.
Le bottiglie vengono fatte bollire tutta la notte a fuoco lentissimo così da sterilizzare la salsa.