L’antico sistema difensivo tra passato e presente

La cinta muraria di Brindisi c’è ma non si vede. Ci hanno costruito davanti, sopra, a ridosso come se queste autorevoli testimonianze del passato meritassero di essere occultate. La cultura della valorizzazione dell’antico è sfuggita agli amministratori di un passato non troppo lontano, responsabili di aver permesso la costruzione di edifici senza il dovuto rispetto per le aree di rilevante interesse storico-artistico e monumentale.
Le prime tracce dell’impianto difensivo della città risalgono all’epoca messapica (VIII-III sec. a.C.) riconducibili con i resti della mura presenti nella zona tra corte Capozziello e via Camassa. Il centro urbano era racchiuso in questa cinta muraria sulla collinetta che si affaccia sul seno di ponente. I romani prima e i bizantini poi ripresero e rafforzarono queste antiche strutture difensive, le differenti dimensioni dei conci e la tecnica di costruzione permettono di distinguerne le diverse epoche. Oggi queste mura meriterebbero un più degna illuminazione e magari utili pannelli informativi che ne evidenzino la presenza ed il loro valore storico.

Con i normanni la città continuava ad essere limitata nel solo pianoro di Ponente, interamente circondata da una fortificazione ad anello quasi perfettamente circolare; una immagine della città tra le mura fu raffigurata nel XIII secolo sulla lastra d’argento sbalzato del reliquiario di San Teodoro. Toccherà a Federico II di Svevia estendere ed includere nella nuova cinta muraria le altre zone dell’area urbana oramai estesa, un progetto in buona parte rimasto incompiuto ma che mirava all’integrazione della zona a levante. Ricadono in questo piano, oltre al Castello, l’elevazione del torriore di San Giacomo, poi ristrutturato e ampliato nel XVI secolo, e la costruzione di una entrata trionfale, oggi Porta Mesagne, completata nel 1243 e divenuta ingresso principale del centro urbano. Gli angioini edificarono due torri ai lati di quello che oggi è Canale Pigonati con funzioni di sbarramento all’ingresso del porto: la torre maggiore posta sul lato di ponente era collegata alla minore da una catena di ferro, come si evince in diverse litografie d’epoca. La catena è ora custodita nella corte interna del Castello Svevo.

Il timore di un’invasione turca, soprattutto dopo la presa di Otranto (12 agosto 1480) determinò l’evoluzione e la ricostruzione delle fortificazioni: tra il XV e il XVI secolo, gli Aragonesi allargarono il perimetro del sistema difensivo con nuove mura a sud della città. Nel 1484 furono costruiti il Torrione dell’Inferno a forma tondeggiante e la cortina – originariamente merlata – che lo collega al Castello Svevo. Questo tratto di muro ci è giunto quasi integro, completo di camminamento di ronda e di feritoie, ma andrebbe maggiormente valorizzato. Inoltre furono innalzate altre mura a sud della città e per questo furono demoliti il transetto e l’abside della chiesa del Cristo, con l’apertura di quella che poi divenne Porta Lecce. Anche la parte marittima fu murata con l’impiego di torrette e il varco di Porta Reale, disposto in asse con l’imboccatura del porto. La porta fu distrutta durante i lavori di sistemazione del porto compiuti da Andrea Pigonati ma alcune di queste strutture furono ritrovate durante i recenti scavi sul lungomare (2012-13).
La diffusione dell’artiglieria moderna portò all’ulteriore ristrutturazione della cinta difensiva, l’imperatore Carlo V nel 1516 inviò a Brindisi l’artefice delle nuove e straordinarie fortificazioni, l’architetto militare Ferdinando di Alarcon, nominato castellano generale di Brindisi dal 1516 al 1549, anno della sua morte. L’abile generale nonché attento studioso di tattica militare, progettò e realizzò quello che fu definito “un autentico gioiello dell’architettura militare cinquecentesca”, rendendo imprendibile la città e in particolare il suo porto, scoraggiando il programmato attacco turco previsto per maggio del 1537, dapprima rinviato e poi fortunatamente non più concretizzato. Tra queste opere rientrano la realizzazione dei Bastioni di San Giacomo e di San Giorgio (demolito nel 1865), i fortilizi e le cortine laterali di Porta Lecce. Molte di queste opere furono “firmate” dal generale con l’apposizione del proprio stemma affiancato a quello dell’imperatore Carlo V. Lo scudo araldico dell’ufficiale è ornato di 18 cannoni e 5 bandiere a rappresentare il suo valore militare: gli elementi sono stati aggiunti per privilegio reale in seguito ad un episodio di guerra contro i francesi quando, senza subire perdine, Alarcon catturò le bandiere di guerra e i 18 cannoni che da allora figurano sul emblema.

Il muro di cinta che collegava Porta Mesagne, il cui bastione fu ripreso e completato nel 1551 dall’ingegnere militare Giovanni Battista Loffredo, con il torrione dell’Inferno è oggi visibile solo su un breve tratto di via dè Carpentieri, dove adesso vi è un parcheggio: realizzato nel 1677 con l’innalzamento di un terrapieno ottenuto con il materiale di riporto dello scavo del fossato che correva parallelamente lungo tutto il fronte (rimane visibile attualmente la parte a nord delle cortine di via dei Mille), attualmente si presenta quasi del tutto integro ma inglobato e sovrastato su entrambi i lati dalle costruzioni che qui si poggiano e ne occludono la visione.
Anche le mura tra il Bastione San Giacomo e Porta Lecce sono state interamente soffocate dai fabbricati, edifici postumi che hanno occupato persino lo straordinario spazio di protezione antistante Porta Lecce, un pregevole esempio di architettura militare dove l’ingresso alla città era difeso dalle cortine che avanzano parallele verso l’esterno, rendendo l’area sicura ed imprendibile.
Il percorso si completa con l’ultimo tratto di mura che collega l’antico accesso con il Bastione di Levante: le mura sono ben individuabili dalla piazza alta nei pressi della chiesa del Cristo, molto meno dal basso poiché “nascosta” dietro i condomini presenti su via del mare. L’ultimo tratto tra il bastione di Levante e il porto era sprovvisto di mura, infatti era costituito da semplici terrapieni rinforzati con fascine e da due baluardi oggi non più esistenti, come il “Torrion Aruinado” (nei pressi dell’attuale passerella pedonale in acciaio e cristallo di via del mare) e i bastioni ”Espontone” e del “Escorciatore” ancora più avanti, come indicato sulla mappa spagnola del 1739.