
Di Alessandro Caiulo per il numero 373 de Il7 Magazine
Nei giorni scorsi, a margine di una diatriba di carattere politico, che in quanto tale non mi appassiona più di tanto, ho avuto modo di leggere le esternazioni del consigliere comunale Roberto Quarta riguardo l’esito del bando relativo alla gestione della Masseria Villanova, di proprietà del Comune di Brindisi, che sarebbe stata assegnata ad una Associazione di Promozione Sociale, la VEGA, il cui legale rappresentante è il sig. Sandro Colucci, priva di codice fiscale in quanto mai richiesto all’Agenzia delle Entrate e, per di più, secondo quanto elevato a sospetto da Quarta, vicina ad un ex amministratore comunale.
La cosa mi ha incuriosito e l’ho ritenuta degna di approfondimento, non per le implicanze politiche, ma perchè la Masseria Villanova è un manufatto di notevole rilevanza storica in quanto, come ci testimonia ricorda il prof. Giacomo Carito, era originariamente l’Abbazia Greca di Santa Maria de Ferulellis, già nota nel XII secolo, poi inglobata nella masseria, con al centro un’antica torre di guardia che rende il suo aspetto simile ad un vecchio maniero. Essa fu acquisita dal Comune di Brindisi nel 2013 quando era ridotta quasi ad un rudere, sgomberata ed interessata, nel 2015 da costosissimi lavori di ristrutturazione del costo di quasi un milione di euro di fondi pubblici gestiti dal Comune, andati sprecati in quanto, la struttura non è stata mai utilizzata e, lasciata abbandonata a se stessa e incustodita, è stata fatta oggetto di furti, depredazioni, beceri atti vandalici di ogni sorta ed abbandono indiscriminato di rifiuti.
Due anni dopo, il Commissario Prefettizio Santi Giuffrè aveva previsto ulteriori 150.000,00 euro di fondi per risistemarla ma, insediatasi la nuova giunta, quella a guida Riccardo Rossi, l’assessore al ramo, l’arch. Roberta Loparco (nomen omen), si rese conto dell’inutilità di una tale ulteriore spesa senza un’idea relativa non solo alla sua gestione, ma anche alla sua guardiania h24, indispensabile per evitare di ricadere nello stesso errore e lasciare nuovamente la masseria in mano a ladri, predoni, vandali e balordi.
Eppure, andando di qualche anno indietro nel tempo, a quando il Sindaco Mimmo Mennitti ottenne, in forza di una convenzione sottoscritta con la Regione Puglia, la gestione del Parco Regionale delle Saline di Punta della Contessa, l’Amministrazione Comunale di Brindisi decise di acquisire quell’antica torre e la masseria cresciuta attorno, per farne il Centro Visite del Parco che, nel frattempo si sarebbe dovuto munire di una struttura altamente professionale in grado di gestirlo, a partire da un Consiglio di Amministrazione, affidandone la direzione a un soggetto altamente qualificato, regolarmente iscritto, come previsto dalla legge, all’Albo Nazionale dei direttori di parchi ed aree protette.
Di fatto, fino ad oggi, nessuna delle amministrazioni che si è succeduta ha mosso un dito in questa direzione e, nonostante quest’area sia meta prediletta di fauna selvatica appartenente anche a specie rare e protette, oltre che di innegabile bellezza, tutto è ai minimi termini e di essa se ne occupa il responsabile del Servizio Parchi ed Aree Naturali protette del Comune, che ha già tante altre gatte da pelare, l’agronomo Giovanni Nardelli. Non vengono effettuati controlli di polizia faunistica né verifiche periodiche sulla condizione dei luoghi, non esiste una cartellonistica aggiornata, quella apposta anni fa fu vandalizzata e poi asportata, anche i capanni di legno per l’osservazione degli uccelli sono in condizioni pietose, numerosi sono anche gli episodi di bracconaggio che si consumano al suo interno. Né, tampoco, sono stati creati appositi percorsi, nel rispetto della tranquillità dovuta alle specie selvatiche che vivono in questo habitat, utili ai visitatori che si devono improvvisare giovani marmotte o emuli di Indiana Jones, per affacciarsi in sicurezza agli stagni costieri.
Fatta questa breve ma doverosa premessa, torniamo a disquisire della gara che fu indetta nel marzo scorso nell’ambito di “Riusa Brindisi” – il programma per l’affidamento in gestione del patrimonio pubblico per progetti di comunità; quello stesso, per intenderci, con cui sono già stati dati in gestione Palazzo Guerrieri, l’ex Convento Scuole Pie, il Bastione San Giacomo di Porta Mesagne, ma anche l’ex supermercato del quartiere Perrino – espressamente per l’affidamento in gestione dell’immobile Masseria Villanova, ubicato nel Parco Naturale Regionale Salina (rectius Saline) di Punta della Contessa.
Leggendo e rileggendo l’avviso pubblico attraverso cui si cercavano le candidature alla gestione, non vi sono dubbi che l’oggetto dell’avviso era quello di dare in affidamento esclusivamente la concessione in uso dell’immobile di proprietà comunale denominato Masseria Villanova (fg.catastale n.117, particella 193, subb.1 e 2) ubicato nel citato parco regionale, della superficie di mq.373,97 coperti, oltre mq.2003 di aree esterne delimitate da recinzione muraria. E la finalità di detto avviso era espressamente ed inequivocabilmente quella di gestire e far conoscere la masseria, rendendola fruibile alla collettività. Per agevolare ciò ed essere, quanto meno dal punto di vista teorico, in linea con lo strumento giuridico utilizzato per l’affidamento dei beni comunali in disuso a realtà private e del terzo settore, l’Amministrazione Comunale, nell’ultimo piano triennale delle opere pubbliche, ha stanziato ben 250.000,00 euro per gli interventi necessari a rendere fruibile la masseria.
Senonchè, dal momento che, come recita il vecchio adagio popolare, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, negli atti successivi allo scadere dei termini di presentazione dei progetti di partecipazione, quello che doveva essere un bando per l’affidamento in gestione dell’immobile comunale Masseria Villanova ubicato nel Parco Naturale Regionale delle Saline di Punta della Contessa, veniva trasformato, con un colpo di magia, in avviso pubblico per l’affidamento in gestione dell’immobile comunale “Masseria Villanova e Parco Naturale Regionale Saline di Punta della Contessa”.
Da lì in poi, da quanto è dato leggere negli atti ufficiali, fino alla comunicazione formale dell’esito della proceduta, datata 31.7.2024, a firma della Dirigente Comunale del Settore Programmazione Economia e Sviluppo, dott.ssa Gelsomina Macchitella, indirizzata alle quattro associazioni partecipanti (il Parco Culturale Gruppo Fortis-Rete Imprese, l’ASP Vega, l’ASP Poseidhome e l’ASP il Giunco) nonché al Segretario Generale del Comune di Brindisi, dott. Francesco Rosario Arena ed ai dirigenti del Settore Gestione Patrimonio Immobiliare, arch. Marina Carrozzo ed a quello del Settore Lavori ed Opere Pubbliche, arch. Fabio Lacinio – che è stato anche il Presidente della Commissione Giudicante, di cui faceva parte anche il sopra citato dott. Giovanni Nardelli, responsabile del parco – si è continuato nell’equivoco, per usare un eufemismo, dell’affidamento della gestione sia della Masseria Villanova che del Parco Naturale Regionale delle Saline di Punta della Contessa.
Il tutto, senza aver interloquito minimamente, al riguardo, con l’Ufficio Parchi della Regione Puglia, che è l’Ente proprietario del Parco e che certo non gradirebbe che lo stesso fosse dato, in tal modo, in sub-gestione, senza le suddette garanzie di un consiglio di amministrazione e di un direttore titolato ed iscritto al relativo albo.
Dal momento che si sarebbe potuto trattare di un semplice refuso dovuto ai cari copia e incolla ripetuti pappagallescamente nelle varie comunicazioni successive, ma forte del detto di andreottiana memoria “a pensar male si fa peccato, ma spesso si azzecca”, è valsa la pena approfondire ulteriormente la vicenda e, carte alla mano, i dubbi relativi alla legittimità della procedura anziché diminuire, come speravo, sono aumentati fino a diventare quasi certezze.
L’associazione risultata poi aggiudicataria, l’APS VEGA, già in data 29.4.2024 ha presentato – a differenza di altri partecipanti che si sono attenuti alla richiesta di affidamento della masseria, come da avviso pubblico – un progetto oltre che per l’installazione di un Osservatorio Astronomico e Planetario nella masseria, anche per la gestione dell’Area Protetta Regionale “Parco Saline Punta della Contessa”.
E che non si tratta di un refuso è testimoniato dalla circostanza che nella idea progettuale presentata al Comune e risultata vincitrice è detto espressamente, a proposito dell’attività inerente l’area protetta del Parco Regionale delle Saline di Punta della Contessa, che “si intende attingere a finanziamenti per il miglioramento della qualità ambientale mediante nuove e specifiche piantumazioni, sia autoctone per la ricostruzione (parziale) degli antichi boschi quali leccete, pinete, sugherete, macchia mediterranea ed altri autoctoni unitamente alla tutela del reticolo idrografico superficiale. Per la costa si può prevedere di intervenire per la tutela del cordone dunale relitto, la difesa della spiaggia emersa e sommersa dagli incipienti fenomeni erosivi in atto, possono essere attuati mediante bandi regionali e finanziamenti PNRR. La progettazione di Ciclovie – piste ciclabili, da realizzarsi sulla rete di strade comunali e da integrarsi con una rete regionale e nazionale più ampia, ad es. ciclovia Adriatica”. Mentre vengono indicati come possibili partner economici (probabilmente a loro stessa insaputa) i grandi gruppi industriali situati nell’area industriale di Brindisi, ai limiti dell’area protetta, che dovrebbero intervenire a supporto dei progetti che verranno presentati ai vari Enti Istituzionali per intercettare i finanziamenti delle opere necessarie al rilancio paesaggistico-ambientale, nonché strutturale e infrastrutturale dell’area protetta “Parco Naturale Regionale Salina di Punta Contessa”.
Alla luce di queste prime evidenze, su cui sono necessari approfondimenti in ogni opportuna sede sia in ambito comunale che regionale, essendo stata la Regione Puglia tenuta del tutto fuori da questa procedura che appare di sub affidamento di un Parco Regionale, di una procedura sicuramente viziata dal punto di vista amministrativo e priva della necessaria trasparenza, c’è da chiedersi come una tale abnormità possa essere sfuggita all’occhio vigile dei dirigenti comunali interessati e dei titolati membri della commissione, che ben avrebbero dovuto conoscere sia i limiti imposti dall’avviso pubblico originario che l’impossibilità di dare in gestione, attraverso il programma “Riusa Brindisi” un Parco Naturale Regionale, ancor più se vasto ed importante come quello delle Saline di Punta della Contessa.
Fra l’altro, e dopo quest’ultima considerazione mi fermo in attesa di sviluppi ulteriori della vicenda, se si fosse emanato un regolare bando, visionato ed autorizzato dall’Ufficio Parchi della Regione Puglia, per affidare a terzi privati, il Parco Naturale Regionale delle Saline di Punta della Contessa, il canone previsto a carico dell’aggiudicatario, non sarebbe stato di appena 991,00 euro mensili, come è invece previsto nell’avviso di pubblico – da scomputarsi, peraltro, in servizi ed attività gratuite rivolte alla comunità fino all’equivalenza di tale somma – ma almeno venti volte maggiore da corrispondere effettivamente alle asfittiche casse comunali. Inoltre, gli aspiranti aggiudicatari (consorzi, grosse società, associazioni di rilevanza nazionale) sarebbero piovuti da ogni dove, attratti da un’area naturale che seppure fino ad ora trascurata, è possibile, con le giuste competenze e professionalità ed il massimo rispetto per la natura, rendere un vero paradiso in terra.
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