
Maria Rita Greco, psicologa psicoterapeuta, la Festa del Lavoro è anche l’occasione per parlare del malessere fisico o psichico che spesso accompagna la carriera lavorativa e che qualche volta addirittura la interrompe in maniera traumatica.
“La legge che previene il rischio stress da lavoro correlato è stata recepita nel 2008 dallo Stato italiano: crea una innovazione culturale nel mondo del lavoro perché riferisce la prevenzione dello stress all’organizzazione aziendale. Quindi lo stress lavoro correlato non è più una debolezza o una fragilità del lavoratore che cede a pressioni che non può fronteggiare per sue caratteristiche personali ma è l’organizzazione, quando diventa deficitaria, che procura al lavoratore una condizione di stress”.
Qual è il ruolo del datore di lavoro?
“Chi gestisce un’azienda con un numero di dipendenti uguale o superiore a 15 è tenuto a proteggere il lavoratore non solo, come avveniva in passato, dai rischi biologici, fisici e chimici. Ma anche dai rischi psicosociali che determinano la condizione di stress lavorativo”.
In che modo si manifesta?
“Lo stress lavorativo viene a verificarsi come condizione non solo psicologica ma anche somatica, per cui una condizione di tensione emotiva legata a situazioni di stress lavorativo può manifestarsi a livello somatico o con danni specifici. Condizione che predispone allo stress lavorativo è quella in cui le richieste che vengono fatte al lavoratore sono maggiori delle risorse che il contesto lavorativo mette a disposizione e alle stesse risorse del soggetto. Quindi se c’è uno sbilanciamento tra richieste e risorse in qualche modo viene a crearsi una condizione di rischio da stress. Esso viene comunque a manifestarsi, e quindi non è più un rischio ma manifestazione di un disagio nel contesto lavorativo, lì dove questa condizione di sbilanciamento si perpetua nel tempo ed è costante”.
Quindi lo stress può essere conseguenza anche del numero inadeguato di dipendenti rispetto alle esigenze operative di un’azienda?
“E’ evidente che attualmente la carenza di risorse umane nei contesti lavorativi espone in maniera particolare il lavoratore a un rischio di stress in quanto lì dove c’è carenza di risorse umane, questo corrisponde a un carico lavorativo maggiore. Il massimo rischio per lo stress lavoro correlato viene a presentarsi in quei contesti organizzativi dove la domanda è alta (e questo può verificarsi per carenza di risorse umane), il controllo dei processi è basso, così come il sostegno sociale. Per sostegno sociale si intende la forza del gruppo, del team, il senso di appartenza all’azienda, buone relazioni interpersonali tra colleghi. Quindi lì dove sono esposto ad una richiesta lavorativa alta, il poter contare comunque su processi di controllo e su un gruppo di colleghi che mi favorisce attraverso il sostegno sociale, sicuramente mi metterà nella condizione di contrastare meglio il rischio lavorativo. Ma tutto questo è evidente che è a carico ed è responsabilità del datore di lavoro, dei vari dirigenti, dei direttori, che devono favorire un’organizzazione per far sì che la domanda non sia troppo alta, ma che ci sia un controllo e anche un gruppo che garantisca il sostegno sociale”.
Cosa intende esattamente per sostegno sociale?
“Esso è determinato dalla presenza di colleghi e superiori che vengono percepiti e utilizzati come modello positivo e quindi come risorse per affrontare le richieste del lavoro. Un responsabile, un dirigente che si occupa dell’organizzazione di un contesto lavorativo deve comunque provvedere alla definizione dei ruoli, dei compiti e dei processi decisionali e di controllo. La disfunzionalità di questi aspetti espone sicuramente a questo rischio”.
Quali sono le manifestazioni tipiche dello stress lavorativo?
“Può evidenziarsi con caratterostiche emotive, fisiche e motivazionali, nonché cognitive e comportamentali. E’ evidente che un danno procurato da un contesto lavorativo in questo senso è pesante e incide molto nella vita del soggetto condizionando l’esistenza. Nelle manifestazioni emotive possiamo riscontrare paure immotivate, ansia, tensione nervosa, umore depresso, senso di impotenza, perdita di autostima, mentre nelle manifestazioni cognitive possiamo avere deficit nelle abilità di pensiero, o pensieri negativi disfunzionali, ricorrenti o pervasivi, idee negative, ostili sugli utenti. Per esempio nelle relazioni di aiuto tendiamo a trattare il paziente in maniera deumanizzata, prendiamo le distanze, diventa un numero, non ci facciamo carico della sua sofferenza.
“Nelle manifestazioni fisiche possiamo avere un senso di fatica cronica, tendenza a mal di testa ed emicrania, disappetenza, dolori alla schiena e muscolari, disturbi del sonno, gastrointestinali. Sono alcune delle manifestazioni. In quelle comportamentali abbiamo cali di rendimento, tendenza ad assentarsi dal lavoro, ritardi, oltre a uno stato di demotivazione per cui si perde l’entusiasmo nell’andare al lavoro o nel fare il proprio lavoro. Quindi un danno importante che si ripercuote nella vita del soggetto in maniera distruttiva”.
Pensa che negli ultimi anni questo tipo di manifestazioni siano duventate più frequenti?
“Se pensiamo a fenomeni quali i furbetti del cartellino o alle forme di assenteismo varie che vengono a manifestarsi e che ritroviamo nelle cronache anche locali, se andiamo a guardare i livelli di contenziosi che aumentano in modo esponenziale nella sanità, alle denunce, la chiave di lettura può essere quella di una organizzazione che non favorisce la prevenzione di stress lavoro correlato e burnout. Pensiamo anche a quello che succede a scuola, i maltrattamenti nelle scuole materne, dove molto probabilmente alcuni gesti di aggressività riportati dalle cronache possono leggersi anche come manifestazioni di stress lavorativo perché persone soggette a domande alte, sono poi sottoposte a controllo scarso all’interno dell’organizzazione e a supporto sociale altrettanto scarso”.
Quindi l’organizzazione di un’azienda resta predominante rispetto alle caratteristiche fisiche e psicologiche del lavoratore nel rischio di stress?
“Seppure le caratteristiche personali hanno un loro peso importante nella manifestazione di questi comportamenti aggressivi o in quella di assenteismo, sicuramente non sono da sottovalutare i modelli organizzativi che espongono maggiormente a caratteristiche personali e a manifestazioni di questo tipo. Proviamo a pensare che in una visione utopistica il peggiore dei soggetti messo in una buona organizzazione potrebbe dare il meglio di sé”.