Prevenire è meglio, abbi a cuore il seno

Sono 145 le donne che ogni giorno ricevono una diagnosi di tumore al seno, ma grazie ai progressi della ricerca le loro storie continuano a essere raccontate. Così recita uno slogan dell’AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) un dato che se letto così con la superficialità di una lettura distratta, effettivamente non dice molto.
Non occorre possedere una dote particolare, essere conoscitori di chissà che. A guardar bene i numeri a cui si fa riferimento non si allontanano molto dal nostro orizzonte più vicino. Si può affermare tranquillamente che tutti abbiamo vissuto nel nostro piccolo mondo familiare, l’incontro col tumore e molti con quello al seno.
Nei nove mesi del 2019 53.000 donne e 500 uomini (eh già, perché seppure in minima parte il tumore al seno colpisce anche noi uomini) si sono ammalati di tumore al seno. Negli ultimi anni la sopravvivenza a cinque anni è passata dall’81 all’87%, mentre resta attestato al 7% il suo carattere ereditario.
Nei giorni scorsi, mia moglie, convocata per lo screen gratuito previsto dalla ASL di Brindisi, si mi ha voluto telefonare per dirmi che il suo controllo sarebbe avvenuto con un anticipo di tre minuti, tanto erano cronometrici e precisi gli operatori. A seguito del controllo mi ha voluto richiamare per sottolineare la sensibilità e la preparazione del personale.
Qualche giorno dopo, un’amica mi fa sapere, tutta sorpresa, che il piano di prevenzione posto in essere dalla ASL brindisina è efficace e che il suo controllo era stato eseguito in perfetto orario e con sensibilità e preparazione.
La testimonianza di una carissima amica è di qualche ora fa, che, visitata pure lei in perfetto orario e con la già testimoniata sensibilità e preparazione, mi ha informato per telefono che aveva avuto un risultato dubbio e che aveva bisogno di qualche minuto per riprendersi. Mi ha fatto un enorme piacere risentirla dopo qualche minuto, quando mi ha spiegato che durante il controllo le operatrici, dinanzi ad un risultato dubbio, hanno approfondito, seguendo la routine, vanificando ed escludendo la presenza di cellule tumorali.
Il suo ritrovato sorriso, mi ha portato con l’allegria anche una memoria personale.
Ho conosciuto il tumore al seno, il seno più caro, quello che mi ha allattato, quello a cui da neonato ho appoggiato la testolina per sentirmi accolto, vezzeggiato, cullato.
A mia madre fu diagnosticato il tumore, nel ’95, quando era già in fase estremamente aggressivo e devastante. Bastò poco allo specialista diagnosticarlo, tanto che in pochi giorni fu sottoposta a mastectomia. Sorvolo gli aspetti cruenti che sono fissati indelebilmente nel cuore e che mi hanno forgiato fin dentro l’anima. Era arrivato a tale devastazione che l’unica via era quella di un’asportazione totale del seno destro fino a scavare il cavo ascellare. Il risultato estetico lo lascio immaginare, una amputazione che oltrepassa il devastato torace, che sfonda il limite del fisicamente scorretto per deturpare il medesimo equilibrio dell’intero essere donna.
Lei già avanti negli anni, provata da altri e ritenuti, gravi malanni, aggiunse l’amputazione alla già congrua collezione di ferite e poco diede conto alla proposta terapeutica di una protesi. Ne fece una questione di estetica, “non devo fare mostra del mio seno” ripeteva, lasciando lontano il pensiero che quello squilibrio, avrebbe arrecato danno al suo equilibrio “ortostatico” le dicevano i medici. Con i mesi e gli anni le offese si aggiunsero alle offese, e alla non più corretta spina dorsale che si era modellata per equilibrare la differenza dei pesi, si era aggiunta la esplosiva crescita della massa del suo braccio destro, privo del sistema linfatico di drenaggio.
Terapie oncologiche efficaci, la discreta ma ferma azione dei diversi oncologi e la costante presenza del medico di base, permisero a lei di sopravvivere a quella esperienza che nei primi mesi lasciava poco spazio alla sopravvivenza. Lei rientrò nel programma previsto di controllo periodico e tutti li ha superati, arrivando ai fatidici 5 anni, quando si può definire il cancro debellato ed una sua recidiva possibile come e quanto in una persona sana.
Ha vissuto oltre vent’anni ed è venuta a mancare per altro motivo, a novant’anni, ma tutto quel complesso di azioni sanitarie, da quelle post-operatorie, a quelle di assistenza e di controllo, le hanno concesso di sorridere insieme agli affetti quattro lustri, non tutti facili, non sempre felici, ma con spirito di veterana che aveva combattuto e vinto una battaglia che oggi la annovera, alla memoria, tra le fila di chi ha vinto il tumore al seno.
Da allora e per ogni anno della sua vita, celebrava con le sole donne della famiglia, una serata in pizzeria, alla faccia del dolore, alla faccia di una vita bastarda, in onore dell’amore vero fine di ogni esistenza e di ogni unione.
Alle donne, tutte le donne, ma ricordando anche che la battaglia può impegnare gli uomini: Buona prevenzione!