di Sonia Di Noi per il7 Magazine
Succede. Può accadere che un ragazzino di dieci anni, a metà degli anni Settanta del Novecento, gironzoli per le navate di una cattedrale, a proprio agio in quell’ambiente così quieto e solenne; e si accosti sempre più spesso al grande organo che sovrasta il vecchio tempio, sognando che il suono prodotto dal vibrare delle canne – come racconta tanti anni dopo – sia l’apertura alare che accoglie in un abbraccio la comunità in preghiera. No, non è solo un’immagine archetipale di sacralità sonora, ma è vita vera e vocazione di Cosimo Prontera. L’organista. Il Maestro.
Quel ragazzino nato a Brindisi 58 anni fa, proprio nei pressi del duomo e quindi cresciuto in basilica cattedrale è, infatti, il pregevole musicista che custodisce l’arte di uno strumento antichissimo e contribuisce a diffonderla nel mondo, con un talento che lo colloca tra i cittadini che più danno lustro alla nostra città oltre i suoi confini.
“Mio padre all’epoca era il custode della cattedrale e ricordo che mi accostavo sempre a Ernesto Magno, l’uomo che accompagnava la messa suonando il grande organo della chiesa, e tutto questo mi affascinava e mi faceva stare bene: da lì è certamente iniziato tutto” “Parliamo di circa quarant’anni fa – ricorda Prontera -, anni difficili anche dal punto di vista economico, per cui spostare un ragazzino col sogno della musica non era certo facile, e penso quindi che mio padre sia stato coraggiosissimo a investire nella mia formazione, a credere in me”. Così, fu avviato agli studi sotto la direzione dell’organista dell’Istituto Salesiano di Brindisi, Raffaele Panunzio, il suo primo maestro – e maestro per sempre, che gli resta nel cuore e ancora adesso accoglie con affetto e soddisfazione le notizie dei successi del proprio allievo, che lo informa con rispetto e riconoscenza.
In seguito, si diploma brillantemente in Organo e Composizione Organistica, e col massimo dei voti in Clavicembalo, presso i conservatori di Lecce e Bari, destinato a una carriera fitta di occasioni e collaborazioni importanti nel panorama musicale nazionale e internazionale: “Sono davvero felicissimo delle opportunità che questa vita lavorativa mi offre, e penso di essere stato davvero graziato, anche se con qualche difficoltà, devo dire. Per esempio quando mia moglie mi propone di prenderci un periodo di vacanza, in cui sia vietato parlare di musica e organizzazione, purtroppo non riesco a scindere le cose, perché se visito una città punto a una chiesa e al suo organo, e se posso lo suono anche. Per me non è neanche passione, a ben vedere, ma è vita; solo questo”
Come solista o in ensemble, l’artista manifesta il suo linguaggio personale frutto sia di una visione classica – che costituisce poi la sua formazione – sia di un vero amore per il repertorio tardo rinascimentale: il barocco. “Mi rendo conto di non riuscire a stabilire il confine tra lavoro e passione” ammette il maestro quando gli si chiede cosa rappresenti per lui la musica e il suo strumento. E proprio come sacerdote di una tendenza stilistica che è ormai il suo marchio, il nero si addice a Prontera: dopotutto, siamo abituati a vederlo sempre in total black quando suona con la Confraternita dei Musici, la formazione da lui stesso creata e con cui si esibisce dal 1997, sia in Italia che all’estero, nel repertorio che spazia tra ballate, moresche e armonie romantiche e classiche. Se chiudiamo gli occhi e ricordiamo la colonna sonora di Nino Rota per quel capolavoro che fu Romeo e Giulietta di Zeffirelli, per esempio, riconosciamo con sicurezza la vivacità dei toni che si levavano dalle corti dei palazzi delle signorie: ecco, è quello il mondo di Cosimo Prontera; è quella la musica che gli gira intorno – e dentro. Ma la predisposizione – d’animo e musicale – per l’organo gli permette di stabilire una solida connessione con tutti gli altri strumenti a tastiera, sicché nello studio della sua abitazione troviamo con stupore due esemplari di clavicembalo, anche questi espressione naturale del suo gusto barocco (sono, s’intende, delle imitazioni, visto che gli strumenti originali potrebbero essere solo appannaggio dei raja dell’India) e un pianoforte, con su lo spartito delle Litanie del compositore Jehan Alain, che porterà in concerto a Kiev, in occasione dell’Epifania del 2022. Perché Prontera alterna l’attività solistica e quella in formazione secondo le sue personalissime esigenze espressive nelle varie stagioni della sua vita, come alfiere di uno strumento che capitalizza letteralmente tutte le parti di un’opera musicale. Infatti, l’organo è un vero contrappunto che non ha segreti per il nostro esecutore, fin nella natura dei materiali che lo compongono, e la sapienza del virtuoso che egli è sta nella paziente e solitaria ricerca di soluzioni dinamiche e sonorità, ma anche nella difficoltà che suonarlo comporta, anche in orchestra, come precedere gli strumentisti di uno spazio di tempo quasi impercettibile, in un miracolo di armoniosità corale. Anzi, l’organo è una vera e propria orchestra a sé stante, sia in ambito liturgico sia in quello meno impegnativo.
Certo è che il suo talento non scaturisce precisamente, per così dire, dall’infusione dello Spirito Santo non appena mette le mani su una tastiera, ma è l’espressione di un intenso e costante lavoro di perfezionamento e ricerca, attitudine e sacrificio un giorno dopo l’altro, anno dopo anno, che lo portano ad essere chino sul tappeto di tasti anche dieci ore, da mattina a sera; un lavoro incredibile, un’abnegazione che ha portato Cosimo Prontera a confrontarsi con artisti ed esperienze musicali ad altissimo livello, in continuo movimento da un paese all’altro, mietendo successi, ma conservando emozione e trepidazione ad ogni entrata in scena. E l’affermazione di sé, si sa, dona soddisfazioni ma trattiene anche molto e costringe a inevitabili rinunce. Non ha proprio avuto tempo per le sciocchezze della fase minorile, il maestro Prontera, e per le semplici cose che scandiscono le giornate di un adolescente qualsiasi: insomma gli è mancata qualche corsa in più dietro a un pallone insieme ai coetanei, ma suo padre era lì, ogni giorno, con la stessa domanda: “Hai studiato?”
Poi, la giovinezza, l’amore. Per la donna della sua vita, sua moglie Monica, conosciuta più di trent’anni fa nella chiesa di San Benedetto per un’occasione liturgica e musicale insieme; una sorta di triplice sacramento, riflettendo, dal momento che Monica ha sposato l’uomo e l’artista, ma anche il “progetto Prontera”, che è stato il vero capolavoro dei coniugi.
Se il maestro doveva concentrarsi sullo studio per molte ore ogni giorno, fatalmente a qualcun’altro toccavano le file per pagare le bollette e la gestione dell’impresa famiglia. Una dinamica com’è ovvio un po’ sbilanciata nella conduzione della quotidianità, ma maturata, condivisa e costruita con la determinazione di entrambi, cementificando un rapporto d’amore e di solidarietà vicendevole, anche sotto il profilo organizzativo del Barocco Festival “Leonardo Leo”, la rassegna musicale ideata e diretta da Cosimo Prontera, giunta quest’anno alla XXIV edizione. Possiamo quindi affermare senz’altro che, l’approfondimento sulla figura dell’importante compositore barocco nato in provincia di Brindisi, a San Vito dei Normanni, e il ciclo di concerti che ogni anno ne promuove il catalogo, siano la sintesi di un vero e proprio affetto filiale, in quanto con il festival è cresciuto artisticamente e come individuo. “Ringrazierò sempre il maestro Dinko Fabris, già presidente della Società internazionale di Musicologia, che ha creduto in me quando ero uno ‘scagnozzetto’ che muoveva i primi passi in questo ambiente, essendo stato un referente mondiale per quanto riguarda lo studio della musica e la ricerca, e con lui ho fatto i corsi di Storia della Musica e appreso il metodo di studio, non provenendo dall’ambiente accademico”, racconta Prontera. Ma il musicologo è stato fondamentale perché l’ha iniziato al lavoro d’indagine sui musicisti pugliesi che diedero vita alla “scuola napoletana” del Sei e Settecento, stimolando approfondimenti sulla vita e sulle opere del compositore sanvitese; dal 1997 Cosimo Prontera dirige il Centro Studi Musicali “Leonardo Leo”, istituzionalizzato dalla città di San Vito dei Normanni, riconosciuto come bene di conoscenza saldamente legato alla tradizione artistica del territorio e, al tempo stesso, rivolta verso nuovi orizzonti, non più contenibili nello spazio geografico di riferimento.
Di pari passo con la carriera concertistica, procede, feconda, anche quella didattica, da quasi trent’anni, come titolare della cattedra di Organo e Composizione Organistica presso il Conservatorio “Gesualdo da Venosa” di Potenza, presso il quale svolge anche docenza di pratica del basso continuo e organo antico nell’ambito del biennio di specialistica in “Musica Antica”. Ha collaborato come docente con l’Università della Basilicata ai Master di alto perfezionamento in Musica Antica e con L’Università di Bari e, prima dell’inizio della pandemia, anche a San Francisco e nella vicina San José. Da sei anni insegna anche, per una settimana ogni mese, all’università maronita Notre Dame di Beirut, in Libano, che è l’omologa della nostra università Cattolica. E’ in questo ambito che emerge in pienezza la sua natura di “maestro”, che va ben oltre il titolo che si assume al termine del percorso di studi in conservatorio, e ben più della trasmissione di regole e nozioni su una lavagna. “Il rapporto tra maestro e alunno è di crescita, si prende e lo si educa alla vita musicale, ai suoi sacrifici, impegni e soprattutto alla disciplina, come un atleta. Ma confesso che, spesso, faccio fatica a reprimere la mia propensione paterna e a tenere presente che non sono genitore dei miei studenti, che amo moltissimo”, riferisce il prof con una sfumatura appena di soggezione.
Parlare di e con Cosimo Prontera tentando di divagare e di lambire il Barocco Festival (la cui XXIV edizione si conclude proprio questa sera, 14 ottobre, con il concerto “Four hands and one wind”, alle 20 e 30 nella chiesa di Sant’Anna a Lecce), sarebbe in pratica come nominare Walter Bonatti senza parlare di montagna, tanto per fare un esempio. La dimensione culturale della manifestazione di musica seicentesca si è imposta come paradigma nel sud Italia, attirando consensi e collaborazioni dalle pubbliche amministrazioni, partner istituzionali, associazioni e privati. Tuttavia, ormai la vita è tutta una bando, e anche la musica prodotta a standard elevati non può farne a meno, cosicché i fondi regionali, statali ed europei veicolati con questa modalità diventano la conditio sine qua non per pianificare un festival portatore di sempre più importanti contaminazioni musicali e qualità, futuro per il quale Prontera appare sereno: “A questo punto il festival ha una forza tutta sua e potrebbe benissimo camminare con le sue gambe, anche senza di me” Ma è qui che, per pochi istanti, l’aura mistica del maestro si disperde e assume un certo piglio beffardo, che pare dottor No da 007 di Conneryana memoria mentre accarezza il suo gatto bianco, quando avverte: “Chi dovesse pensare di chiudere le porte del festival barocco si farebbe molto male, perché ormai è diventato un patrimonio collettivo”, in un guizzo di argutezza seicentesca da scuola napoletana. Farebbero molto male sì, ma è altamente improbabile che succeda, e intanto il maestro pensa al futuro, e ai tanti progetti che un uomo che ha avuto tanto continua a coltivare, soprattutto il suo grande sogno, che per Cosimo Prontera non può svincolarsi da quella melodia che saetta ancora nelle corti, nei castelli, nelle chiese e nelle piazze: “Mi piacerebbe che il festival facesse un ulteriore, necessario scatto in avanti, diventando un contenitore culturale in cui si producono le opere, come nei grandi teatri e rassegne internazionali, penso ad esempio al Maggio Fiorentino o al festival di Martina Franca, che sia luogo del comporre di opere seicentesche, in primis certamente sull’impronta di Leonardo Leo, con tutti i crismi della ricerca anche filologica del periodo, dagli strumenti d’epoca al canto e all’ambientazione dei concerti”
“Questo periodo storico abbraccia due aspetti che mi hanno subito molto attratto, ossia la capacità di esprimere la poesia, l’arte, gli affetti, col razionalismo della scrittura, della tecnica per esprimere la bellezza che ha voluto imprimere l’autore, con vincoli metrici e rigore precisi” conclude il maestro. “Sono senza dubbio una persona che ha bisogno di vivere nel pensiero musicale, di migliorarmi, ma convive in me anche quel tratto pragmatico che mi porta a detestare luoghi comuni e sviolinate e, soprattutto, a perseguire più possibile la perfezione, anche se mi rendo conto che è arduo perché nonostante tante ore di studio pregresse, durante un concerto c’è sempre un minimo errore. Ma questo tendere alla perfezione mi tiene vivo. Un’altra cosa bella è essere tramite: quando suono mi sento un megafono e sento la grande responsabilità nei confronti di chi vuole affrontare la curiosità, la bellezza, il fascino e la riflessione che un concerto porta con sé: perché la musica arriva sempre e comunque all’animo umano”
La partitura della vicenda artistica del maestro Cosimo Prontera è ancora tutta da scrivere.