Quindici metri quadrati: a Tuturano il museo più piccolo del mondo

di Marina Poci per il7 Magazine

Una piccola stanza di nemmeno quindici metri quadri custodisce, da qualche settimana, il cuore della fede tuturanese: è dedicato alla Madonna del Giardino, altrimenti nota come Madonna dei Fiori, uno dei musei più piccoli al mondo, forse il più piccolo in assoluto, nato nella frazione brindisina per iniziativa di don Antonio Merico e realizzato in pochi mesi, grazie alla collaborazione di parrocchiani, fedeli e volontari, con opere di proprietà della parrocchia e importanti donazioni da parte di privati.
Adiacente all’omonima cappella di origini medievali (si parla di un’edificazione risalente agli ultimi anni del 1200), il museo è stato creato in un locale donato alla parrocchia Maria Santissima Addolorata (di cui la chiesetta della Madonna del Giardino è pertinenza) dalla confraternita che da 122 anni si incarica di perpetuare il culto della patrona di Tuturano, le cui celebrazioni, imminenti, si tengono ogni anno durante l’ultima domenica di maggio.

“L’inaugurazione è avvenuta alla presenza del nostro arcivescovo, monsignor Giovanni Intini, venuto a Tuturano per la prima volta proprio in occasione dell’apertura del museo. Lo abbiamo accolto nella piccola chiesetta che si trova accanto, per raccontargli la storia di un culto antichissimo a cui i tuturanesi sono molto legati, dopodiché lo abbiamo guidato all’interno del museo. L’arcivescovo è rimasto molto colpito dai segni di devozione popolare che conserviamo e ci ha donato con tutto il cuore la sua santa benedizione”, dice don Antonio, grato a tutti per l’aiuto prestato e orgoglioso per il fatto che il primo (e per il momento unico) museo di Tuturano sia di carattere religioso.
Quella di promuovere la raccolta con l’intenzione di aprirlo è stata un’idea del parroco, da tempo accarezzata e poi concretizzatasi in circa sei mesi: “Vi erano in giro, anche in parrocchia, moltissime opere, alcune molto antiche, che fanno parte della storia del nostro piccolo centro. Non hanno grande valore economico, ma ho pensato che sarebbe comunque stato utile concentrarle in un unico posto, per dare l’opportunità, a chiunque lo voglia, di conoscere un aspetto importante della nostra fede. Spero che i fedeli di tutta la provincia accolgano l’invito e vengano a visitarci, portando soprattutto i bambini: è importante che le radici della nostra devozione vengano conosciute, perché soltanto conoscendole possono essere tramandate”, aggiunge don Antonio.

Moltissime delle opere presenti fanno parte della collezione privata dell’ex parroco della chiesa di Maria Santissima Addolorata, il compianto don Angelo Astore, le cui sorelle hanno generosamente offerto al museo pezzi di pregio messi insieme dal sacerdote nei tanti anni di parrocato: “Ringrazio le sorelle Astore, che hanno contribuito con una consistente donazione a ricostruire la storia della nostra Madonna, ma ringrazio anche coloro che hanno partecipato in misura minore, con piccoli oggetti, perché agli occhi del Signore ogni gesto d’amore dei suoi figli acquisisce valore”, aggiunge don Antonio.
La stanza scelta per ospitare il museo, con la volta a stella sapientemente riportata all’originario stato e allestita in modo da valorizzare ogni spazio utile, è stata ristrutturata con l’opera prestata gratuitamente da molti parrocchiani, come precisa il parroco: “Il mio ringraziamento va anche a chi ha preso seriamente questa mia iniziativa e si è reso disponibile in tanti altri modi diversi: non soltanto con le donazioni delle opere che abbiamo raccolto, ma anche per l’offerta delle teche e delle cristalliere (per le quali dobbiamo ringraziare una famiglia leccese proprietaria di un’attività commerciale), per i lavori relativi all’impianto elettrico, più semplicemente per l’aiuto a tenere pulito e ordinato il posto”.
Il pezzo più antico presente nel museo è probabilmente una campana in bronzo risalente al 1551, appartenente al campanile della vecchia chiesetta della Madonna del Giardino. Durante il restauro dell’immobile, avvenuto nel 2011, fu sostituita perché non più funzionante e poi custodita nei depositi della parrocchia: don Antonio l’ha recuperata e fatta restaurare, per poi inserirla nel museo.

Degna di nota è anche la testa della prima statua della Madonna del Giardino, donata nel 2020 alla parrocchia dalla famiglia di Franco Leuci: fatta restaurare, poggiata su un sostegno e custodita in una teca singola, costituisce l’unica parte del manufatto salvatasi dalla furia degli iconoclasti (il cui modus operandi, per cancellare le tracce della fede, era appunto quello di mozzare la testa alle statue sacre). Accanto all’opera, c’è l’ingrandimento di una rarissima fotografia, con ogni probabilità riconducibile ai primi anni del Novecento, che raffigura la statua per intero, così che i visitatori abbiano l’esatta percezione di come fosse all’epoca.
Altro pezzo straordinario è il primo stendardo della confraternita omonima, che è stata istituita nel 1901: l’insegna, ricondotta al suo antico splendore dalla pittrice mesagnese Teresa Carluccio, particolarmente esperta nel restauro di opere d’arte di carattere religioso, poteva essere utilizzata nei due versi, dal momento che – da un lato – reca l’immagine della patrona e – dall’altro – quella della morte, rappresentata da uno scheletro che stringe una falce. È verosimile pensare che lo stendardo venisse portato in processione mostrando l’effige della Madonna durante le processioni votive solenni e accompagnasse i funerali se mostrato dal lato in cui è dipinta la personificazione della morte, considerato che è presente la scritta “memento mori” (“ricordati che devi morire”). Poiché niente, nel museo più piccolo del mondo, è lasciato al caso, lo stendardo è stato esposto dal lato in cui è dipinta la Madonna, avendo cura, però, di fotografare il verso posteriore, la cui immagine incorniciata campeggia sulle pareti della stanza.

Per la raccolta e la catalogazione delle opere presenti, don Antonio Merico ha potuto contare sulla preziosa collaborazione del signor Vincenzo Sanapo, uno dei fedeli più attivi in parrocchia, al cui intelligente lavoro di ricerca si deve molto di quanto si può osservare: “Il progetto di realizzare il museo è partito proprio dalla donazione della testa della Madonna da parte della famiglia di Franco Leuci. Don Antonio ha pensato che avremmo potuto valorizzarla se le avessimo dedicato uno spazio apposito e se l’avessimo circondata di altre opere relative alla storia della fede tuturanese. Da lì all’idea del museo il passo è stato breve, così mi ha coinvolto. Le opere sono tantissime e prevalentemente si tratta di statue. Però c’è anche tanto altro. Una cosa che mi ha colpito è il foglio utilizzato come sostegno del vestito di una statua. Deve sapere che alcune delle statue raccolte, essendo molto antiche, avevano degli abiti rovinatissimi, che si sgretolavano non appena venivano toccati, così don Antonio ha ritenuto giusto dare incarico per farne confezionare di nuovi. Quando la sarta ha rimosso il vecchio abito di una delle statue, si è accorta che era applicato sopra ad un foglio. Si tratta di carta che era servita per altri scopi e poi riciclata come sostegno Ci sono la data, 1877, e un elenco di nomi scritti in corsivo, con dei simboli accanto. Sembrerebbe lo scrutinio di una votazione, è un pezzo a cui teniamo molto. Così come teniamo alla statua dell’angelo accompagnato dai due bambini: proviene dall’asilo Sant’Antonio di Tuturano, che era gestito da suore. Quando l’asilo è stato chiuso, le suore hanno affidato la statua all’istituto comprensivo Tuturano-Paradiso il cui dirigente, venuto a sapere dell’apertura del museo, ce l’ha donato”, dice Sanapo.

“Questo non è il museo della parrocchia, è il museo dei parrocchiani: è attraverso i loro sforzi che è nato e che continuerà a vivere. Anche l’apertura si basa sulle disponibilità dei privati: al momento la visita è consentita “a chiamata”, previo appuntamento con me o con le persone che se ne occupano. Ma proprio in questi giorni ci stiamo organizzando per fare dei turni, a seconda delle possibilità di ognuno, per garantire qualche giorno di apertura fissa o, comunque, l’opportunità di assicurare le visite su prenotazione”, conclude don Antonio.