Rosa Marina, eccezionale nascita di tartarughe: era già accaduto a Giancola nel 2013

La notizia di una nascita, anche nel mondo animale, si sa, fa sempre piacere, se poi riguarda una specie considerata vulnerabile come la Caretta caretta – la tartaruga marina un tempo abbastanza comune nel Mediterraneo – e succede anche che la nidificazione è avvenuta non nel suo solito areale, cioè quello nel triangolo orientale posto fra mar Jonio, mar Egeo e mar di Levante, bensì nel “nostro” basso Adriatico, allora la notizia ci fa infinitamente volte più piacere.
E’ accaduto che nella notte fra il 21 ed il 22 agosto 2020, in una delle cale sabbiose di Rosa Marina di Ostuni, una delle più rinomate ed affollate località turistiche dell’Adriatico, una bagnante che si era attardato a passeggiare sulla spiaggia ha assistito e, fortunatamente, anche documentato, insieme ad altre persone che sono di lì a poco sopraggiunte, alla incredibile ed emozionante scena di un nugolo di piccole tartarughe marine neonate che, venute fuori dal loro nido posto sotto la sabbia, si recavano con piglio sicuro e senza tentennamenti verso il loro elemento naturale: il mare.
Il mio ricordo va ad una estate di oltre venti anni fa quando, in vacanza con la famiglia a Zante, la più meridionale delle isole joniche della Grecia, ebbi la fortuna di assistere, in maniera del tutto casuale, dopo il tramonto, alla nascita e la corsa salvifica verso il mare di un numero imprecisato ma incredibilmente alto di tartarughe marine che fuoriuscivano dai piedi delle dune sabbiose e, almeno la maggior parte di loro, si recavano verso il mare mentre qualcuna, intontita dalle luci della litoranea e delle insegne di esercizi commerciali, che brillavano più del bagliore del mare, sbagliavano direzione e si dirigevano in senso opposto.
In quel caso, eludendo gli ordini delle severe “guardie zoofile” che cercavano di spiegarmi, senza convincermi, che quella era la prima selezione naturale, dopo che una di queste bestioline, che si dirigeva diritta verso il mare, aveva urtato un cartello del WWF (che in diverse lingue spiegava lo stesso concetto di non intromettersi ed evitare di toccare le tartarughine), cambiando direzione e dirigendosi verso un canneto, li mandai a quel paese, evidenziando in slang brindisino le mie ragioni e, supportato da un altro paio di turisti, andai a recuperare una decina di queste tartarughe smarrite accompagnandole fino al mare. A distanza di quasi un quarto di secolo resto fermamente convinto di aver fatto la cosa giusta, concedendo una possibilità di vita ad animaletti appena nati, di una specie vulnerabile, che di lì a poco sarebbero, altrimenti e sicuramente, morti, impigliati fra i rovi o predati da cani randagi che, giunti sul posto, a stento si riusciva a tenere a bada. Val la pena comunque ricordare che soprattutto ai giorni nostri, nelle condizioni ambientali in cui viviamo, è opportuno contattare e richiedere l’intervento di enti e di esperti qualificati, lasciando perdere il fai da te per evitare di commettere errori a scapito della vita delle specie selvatiche.
Ma torniamo a noi, ai nostri tempi ed alle tartarughine adriatiche per evidenziare come, in questo caso, al di là delle testimonianze dello sparuto gruppetto dei presenti e dei video amatoriali girati nell’occasione e finiti nel web attraverso i social, mancano, purtroppo, alcuni dati che, dal punto di vista scientifico sarebbe stato davvero importante avere, a cominciare dal numero preciso di tartarughe andate in mare: si è parlato inizialmente di cinquanta, poi di una trentina, da uno dei video in circolazione si può affermare che siano state almeno una paio di dozzine, ma una cosa è certa ed incontrovertibile, oltre che altamente positiva, la Caretta caretta ha deposto le uova sulle coste della provincia di Brindisi ed un certo numero di piccole tartarughe, native brindisine, è andato ad incrementare la popolazione di questo elegante animale marino, che è sempre meno frequente riuscire ad ammirare, dal vivo, nel Mediterraneo, tant’è che in centinaia di immersioni effettuate nei mari pugliesi, solo un paio di volte ho avuto un “incontro ravvicinato di terzo tipo”, con questo simpatico ma schivo rettile marino, nei fondali, mentre qualche volta in più mi è capitato di vedere tartarughe nuotare in superficie e tante, troppe, volte mi è capitato di incontrarne morte.
La costa brindisina è regolarmente interessata dalla presenza di due specie di tartarughe marine, oltre la citata Caretta caretta o tartaruga comune, anche la molto meno frequente tartaruga verde (Chelonia mydas): si tratta delle sole specie nidificanti nel bacino del Mediterraneo e sono entrambe fortemente minacciate, direi quasi sotto assedio, da molteplici fattori come, ad esempio l’impatto della pesca, l’alterazione dagli habitat marini, il cambiamento climatico, le insidie derivanti dalla plastica e dalle reti abbandonate nel mare, per cui sono considerate specie a rischio di estinzione ed inserite sia nella lista rossa dell’International Union for Conservation of Nature, che tutelate, a livello europeo, da norme rigorose che ne vietano la pesca, la vendita ed anche la semplice detenzione.
Pur essendo una frequentatrice abituale del mar Adriatico, zona di alimentazione fra le più importanti per soggetti giovani e subadulti, la tartaruga marina, difficilmente nidifica sulle nostre coste e, anzi, fino a pochi anni addietro, non vi erano nemmeno prove che si fosse mai riprodotta sul litorale brindisino e a tutt’oggi le nidificazioni in Adriatico sono considerate eventi eccezionali e/o occasionali.
Contrariamente a quanto da qualcuno affermato, nell’enfasi e per l’eccitazione causata dalla scoperta delle tartarughe nate a Rosa Marina di Ostuni, la prima nidificazione accertata e documentata nel territorio provinciale brindisino di una Caretta caretta è avvenuta sul litorale sabbioso dell’ex Lido Provincia in località Giancola, territorio comunale di Brindisi, un centinaio di metri più a nord di Torre Testa di Gallico.
Era il pomeriggio del 03 ottobre 2013, quando la Capitaneria di porto, allertata dal custode del lido, contattò la biologa Paola Pino d’Astore, allora, come ora, responsabile del Centro Fauna Selvatica della Provincia di Brindisi-Santa Teresa S.p.A., per una segnalazione di piccoli di tartaruga rinvenuti e prelevati sulla spiaggia di Giancola, in quanto avevano preso la direzione opposta rispetto al mare e si muovevano tra la sabbia nella parte più interna del lido e che quindi necessitavano dell’assistenza di personale competente per il raggiungimento del loro ambiente naturale.
Gli operatori del Centro Fauna Selvatica della Provincia ed il personale della Capitaneria di porto, intervenuti immediatamente, riscontravano la presenza di ben 31 tartarughe marine appartenenti alla citata specie, inoltre la spiaggia sabbiosa adiacente alla foce del canale Giancola, presentava numerose tracce di tartarughe neonate.
Nell’occasione non fu possibile individuare la cosiddetta camera delle uova in quanto il calpestio da parte dei numerosi bagnanti frequentatori del lido aveva alterato ogni traccia.
Le condizioni proibitive del mare non permettevano l’immediato rilascio in mare dei neonati per cui si procedette a stabilizzare questi esemplari in un contenitore di plastica il cui fondo era stato riempito con la sabbia dell’arenile in cui erano nati.
Il giorno dopo, essendosi attenuato il moto ondoso, al tramonto 11 tartarughine riuscirono a prendere autonomamente il mare, mentre altre 16 furono “aiutate” a superare la risacca che le respingeva indietro, dalla motovedetta della Capitaneria, quattro, purtroppo erano decedute il giorno prima.
Ma non è finita, la settimana dopo, in occasione del rilascio in mare, nella stessa zona, di due esemplari adulti riabilitati presso la Stazione Zoologica di Napoli “Anton Dohrn” che, all’epoca, aveva un Protocollo di Intesa con la Provincia di Brindisi – proprio per la cura e la riabilitazione delle tartarughe marine rinvenute lungo la costa brindisina in stato di particolare difficoltà, tale da richiedere una media-lunga degenza – furono trovati altri due neonati sullo stessa spiaggia che, assistiti dai tecnici presenti, riuscirono a guadagnare la via del mare.
Alle operazioni sopra descritte presero parte anche personale del Servizio Veterinario della ASL/BR e la Polizia Provinciale, oltre che il noto fotografo, allora in servizio presso l’agenzia internazionale Associated Press, il brindisino Pier Paolo Cito, che documentò minuziosamente ogni cosa
In conclusione si può affermare con certezza e rigore scientifico che, nell’ottobre del 2013, in località Giancola (Brindisi), sono nati almeno 33 esemplari di Caretta caretta e che 29 di questi hanno raggiunto il mare. Ovviamente non è dato sapere se e quanti esemplari, nati nella stessa occasione, hanno raggiunto comunque il mare senza l’aiuto dell’uomo.
Altrettanto certamente si può affermare che Giancola e Rosa Marina non sono siti di nidificazione abituali delle tartarughe marine in quanto non è sufficiente, per considerarli tali, che per una volta, in maniera del tutto occasionale, si sia verificata una schiusa di uova.
Per avere maggiori chiarimenti al riguardo ho preferito rivolgermi ad un esperto in materia, Gianluca Treglia, collaboratore tecnico del “Centro Recupero Tartarughe Marine” della Stazione Zoologica “A. Dohrn” di Napoli, il quale si occupa da oltre vent’anni attivamente della cura e riabilitazione delle tartarughe marine, compreso la gestione delle nidificazioni tra Lazio e Campania, il qaule fu anche presente a Brindisi con la sua collega Maria Pia Ciampa, sulla spiaggia di Giancola in quell’ottobre del 2013.
Sappiamo che da sempre i siti di nidificazione prediletti dalle Caretta caretta sono poste nel mediterraneo orientale, fra le isole greche dello Ionio, l’Egeo ed i litorali turchi ed egiziani, che sono, pertanto, i siti di nidificazione conclamati: che differenza vede fra questi siti e quelli di nidificazione occasionale come quelli brindisini?
“L’areale di distribuzione delle nidificazioni di Caretta caretta in Mediterraneo è negli ultimi anni, in estensione rispetto a pochi decenni fa. Purtuttavia non si possono assolutamente considerare gli eventi sporadici (come quelli avvenuti nel 2013 e quest’anno sulla costa brindisina) come siti di nidificazione, ma al massimo come atti esplorativi da parte delle femmine, di nuove aree potenzialmente idonee”.
Può essere il riscaldamento climatico del bacino orientale del Mar Mediterraneo ad avere un ruolo importante nella ricerca di nuovi siti riproduttivi da parte delle femmine di Caretta caretta che, per questo, si stanno spingendo più a nord e più ad occidente?
“Certamente, anche per effetto del riscaldamento globale, l’innalzamento della temperatura del mare nei mesi di accoppiamento fa sì che gli adulti si trovino in zone più a nord e più occidentali, per cui all’atto della nidificazione le femmine cercano spiagge nelle vicinanze dove deporre le uova”.
Un’ultima domanda mi sembra d’obbligo, visto il ruolo internazionale che riveste la Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli nello studio e nella salvaguardia delle tartarughe marina: quale è lo stato attuale della Caretta caretta? È da considerarsi davvero un animale a rischio di estinzione da sottoporre a tutela speciale?
“Sicuramente nel Mediterraneo la situazione mostra un sensibile miglioramento rispetto ai decenni passati, ma non si può certo abbassare la guardia, in quanto per considerare una specie fuori dal rischio oggettivo ci vogliono decenni e in pochi anni senza la giusta tutela dell’habitat e le giuste misure di conservazione tutto potrebbe essere vanificato. Quindi in sintesi posso serenamente affermare che tanto è stato fatto ma ancora molto resta da fare in termini di sensibilizzazione, tutela e conservazione degli habitat e di conseguenza delle specie a rischio che in questi ambienti vivono, non ultima la specie umana, che spesso arrogantemente si ritiene immune dal rischio di estinzione”.