Scalinata virgiliana, il centro dello skyline

Giungendo a Brindisi dal mare, la prima cosa che un viaggiatore trova di fronte è l’ampia e suggestiva scalinata sormontata dalle colonne del porto, un biglietto da visita straordinario che offre un colpo d’occhio davvero singolare da lasciare incantati. La bianca gradinata è al centro della spettacolare “linea dell’orizzonte” che caratterizza la nostra città, una delle più caratteristiche e scenografiche skyline dell’intero Mediterraneo, fotografata ed apprezzata da migliaia di turisti. E’ intitolata a Publio Virgilio Marone, in onore al sommo poeta latino che proprio qui, in una abitazione sul lato della piazzetta, soggiornò e morì nel 19 a.C. come attestato dall’epigrafe commemorativa.
Fino al 1931 la scalinata era larga meno della metà rispetto all’attuale, come testimoniato dalle foto d’epoca: la rampa era limitata su una porzione del lato sinistro di chi sale, da dove si scorgeva appena la base della colonna rimasta integra dopo il crollo avvenuto nel 1525, quando per motivi apparentemente sconosciuti la colonna gemella collassò. Questa prima e stretta gradinata fu realizzata nel 1861, subito dopo il processo che portò all’unità d’Italia, contestualmente alla sistemazione del pianoro delle colonne, mentre l’ampliamento fu deciso nell’ottobre del 1928 dal prefetto di Brindisi Ernesto Perez, dopo un colloquio avuto con Benito Mussolini, durante il quale si concordò di dare una più degna sistemazione sia alla scalinata che alla piazza dove sorgevano le antiche colonne, all’epoca ritenute ancora le terminali della Via Appia, emblema della grandezza di Roma al quale il Duce si ispirava e guardava con particolare ammirazione. Era il periodo della cosiddetta “monumentalizzazione” della città, che precedeva di un paio di anni la realizzazione del Monumento al Marinaio d’Italia sulla sponda opposta del porto interno, dell’Accademia Navale e di altri edifici pubblici e piazze.
La piazzetta e il monumento simbolo di Brindisi erano in effetti “soffocati” da vecchie ed inestetiche casupole situate a lato della ridotta rampa che collegava la piazzetta al sottostante lungomare, che concretamente limitavano gli spazi e non davano un aspetto dignitoso all’intero insieme.
Su sollecitazione del Prefetto, l’amministrazione comunale guidata dal commissario prefettizio Umberto Balestrino, affidò nel novembre del 1928 il progetto di ridefinizione dell’intera zona all’architetto barese Saverio Dioguardi, protagonista assoluto dell’edilizia pugliese pubblica e privata dell’epoca, pianificazione approvata dal Comune nel settembre del 1929, tre mesi dopo la consegna del progetto: le opere prevedevano la demolizione dei due fabbricati presenti sulla rampa, appartenenti a tre diversi proprietari, “la costruzione di una seconda gradinata parallela alla esistente e nello abbassamento della quota dell’attuale piazza, per il raccordo con le strade di accesso”. In pratica le due rampe di scale, separate da uno spazio vuoto dove si dovevano collocare due sfingi scultoree, dovevano partire dal lungomare per poi riunirsi ad un livello intermedio in un unico ballatoio. Il tutto, come illustrato nell’interessante lavoro di ricerca pubblicato nel 1994 da Elena Lenzi e Maria G. Mancarella, doveva essere “rivestito di antica romanità che non doveva permettere di distinguere facilmente l’antico vero dal ricostruito”. In pratica il progetto prevedeva una struttura a sostegno della scalinata realizzata “con un sistema ad archi rampanti su pilastri in tufo con l’ultimo arco incastrato nella muratura romana di sostegno del terrapieno della piazzetta Colonne”. In effetti sotto l’attuale scalinata, così com’era già evidente all’epoca, esiste ancora il muro dell’antico impianto difensivo di epoca romana costruito su preesistenti strutture messapiche, che sosteneva la collinetta da dove si levano le colonne, il muro è quello che appare inciso nella formella dell’Arca d’argento di san Teodoro risalente al XIII secolo. Il progetto dell’arch. Dioguardi prevedeva inoltre la possibilità di intravedere l’antica muratura attraverso le tre aperture da realizzare nello spazio tra le due gradinate parallele. Il muro di cinta di epoca romana è in parte ancora visibile, lo si può osservare dai locali presenti sotto la scalinata accessibili dalla Palazzina del Belvedere, così denominata per la splendida terrazza che si affaccia sul porto interno e che oggi ospita il Museo della collezione archeologica Faldetta, stabile edificato unitamente alla scalinata e facente parte del medesimo piano di sistemazione dell’area.
Ma durante la valutazione governativa per la concessione del contributo finanziario all’opera, dichiarata di pubblica utilità, il parere negativo espresso dal Consiglio Nazionale per le Antichità e Belle Arti bloccò il progetto Dioguardi: pur approvando l’abbattimento delle casupole e l’allargamento della scalinata, era necessario “mantenere l’attuale fisionomia della zona”. Pertanto un nuovo progetto semplificato fu compilato dall’ufficio tecnico comunale, diretto dall’ing. Ernesto Ricci, nel rispetto dei criteri suggeriti dal Consiglio, prevedendo una unica gradinata larga 25 metri, interrotta da due piani di sosta, così come la vediamo oggi. Il nuovo progetto fu approvato nell’aprile del 1930, con l’obbligo di rispettare “la richiesta dell’Ispettorato dei Monumenti di lasciare visibile l’antica muratura romana su cui l’opera insisteva”.
Durante i lavori si rese necessaria una variante al progetto “determinata dal fatto di avere incontrato acqua in fondazione, a circa cm. 70 dal suolo”, sostituendo il pietrame delle fondamenta della Palazzina del Belvedere con blocchi di calcestruzzo e malta idraulica, e una struttura di cemento armato con un grande solaio su pilastri a reggere l’intera gradinata.
La scalinata fu realizzata con la pietra di Trani e i gradini furono allargati rispetto al progetto originale del Dioguardi; i lavori avviati il 10 ottobre del 1930 durarono circa un anno e furono svolti dalla ditta V. Andriani di Brindisi al costo finale di 490.000 lire (trentamila lire più di quanto preventivato). L’inaugurazione dell’opera avvenne il 28 ottobre del 1931, successivamente sui piani di sosta vennero installati i lampioni a forma di candelabro e fu deciso di proiettare sulla sommità della colonna un fascio di luce per attirare l’attenzione sull’importante monumento.
Nel corso degli anni la gradinata si è talvolta arricchita con fioriere e piante, ed è stata scelta come scenario di importanti manifestazioni culturali e di intrattenimento, come sfilate di moda, mostre di pittura, presentazioni di eventi e libri; poche settimane fa ha ospitato con grande successo l’iniziativa culturale “Riveder le Stelle – Dante Poeta del Desiderio” che ha visto la partecipazione dell’illustre professor Franco Nembrini, emozionato ed affascinato non solo dalla folta partecipazione di pubblico, ma soprattutto dall’incantevole bellezza del luogo.