Teatro Kopò, una piccola platea a ridosso del palco: per amore dello spettacolo

Via Sant’Angelo a Brindisi è un’arteria trafficatissima della periferia cittadina. Sino a quando non è nato il quartiere Sant’Elia (il quartiere che prende il nome da un geniale e giovane architetto) era una via di campagna e si introduceva nelle contrade a principiare da quella dell’inferno, di cui non resta che sbiadito il ricordo, nel canale nome del canale che attraversa, tombato, il piano stradale proprio nel punto più basso della via. A pochi passi dal canale dell’inferno, su via Sant’Angelo, una parete dipinta di nero e color della vinaccia e locandine e manifesti e un enorme scritta indicano che, lì c’è un teatro.
La memoria distorta, mi conduce a pensare che non esista migliore collocazione per un teatro se non nei pressi di un canale dell’inferno, atteso che sin dal medioevo gli attori, venivano ritenuti figli del diavolo. Di contrappasso, li protegge sul palcoscenico un Angelo, perché la vita dei teatri e di chi vi lavora, non è quasi mai prodiga di agiata ricchezza.
La curiosità mi spinge a suonare al campanello e ricevere in risposta, il sorriso di una conoscenza artistica dei brindisini, Jenny Ribezzo, “mamma” di una buona parte della commedia e del teatro brindisino, ma anche genitrice del Teatro Kopò, essendo mamma delle fondatrici e responsabili.
Seduti al tavolato del palcoscenico, di un teatro vero, piccolo, solo nelle dimensioni, titolato ad Anna Magnani, ci inoltriamo nel comune vissuto fatto di memoria e di episodi, fatto di programmi e di sogni di un futuro per la città, che scrivono i nostri figli, i figli di Brindisi.
“Il Teatro Kopò – mi dice Jenni Ribezzo – nasce, su iniziativa dell’associazione culturale “La Vie Bohème” nel 2010. Nasce per iniziativa di persone di teatro, attori e non, decidendo di unirsi per fare qualcosa di più, qualcosa che non cambi il mondo ma che, anche se in parte, lo renda migliore”.
A Roma come a Brindisi, il teatro ha sedi nella periferia storica. A Roma tra Cine Città e il famoso quartiere Don Bosco, ovvero tra il regno della finzione e l’ex il regno dei Casamonica, dov’è nato Eros Ramazzotti, figlio di periferia dal sogno grande e riuscito. A Brindisi a Sant’Angelo, dove tra emarginazione e resistenza, si è infranto contro una bomba, il sogno di una ragazzina, la mattina del 19 maggio 2012. Lei si chiamava Melissa Bassi.
Qual è il progetto di Teatro Kopò?
“Promuovere l’arte nelle sue più diverse forme. Le difficoltà sono tante, forse pure troppe, questo settore sta attraversando un tempo difficile, la crisi economica, quella finanziaria, al primo posto, ma anche una sfiducia che ci rende un po’ tutti meno ottimisti, meno capaci di guardare con curiosità, con nuovo desiderio, il sogno di una realtà migliore. Il Teatro ha superato momenti peggiori “La Vie Bohème” sogna, sogna una cultura diversa, sogna regole più giuste e un pubblico forse più attento.
Ma cosa significa Kopò?
Il 23 ottobre 1913, a Parigi Jacques Copeau, drammaturgo attore e critico francese inaugurava il suo Théâtre du Vieux Colombiers per “reagire contro tutte le codardie del teatro commerciale” e sostenere una recitazione essenziale, priva di manierismi che riportasse in scena i grandi classici.
A 100 anni esatti dal 23 ottobre 1913, nel 2013, l’associazione culturale “La Vie Bohème” dava vita al piccolo teatro di Via Vestricio Spurinna a Roma decidendo di dedicare il suo lavoro alla figura del maestro francese, nella speranza che il secolo di attività del più famoso predecessore fosse di buon auspicio piccolo Kopó che, in quanto tale, ne ha contratto il nome”
Chi e come gestiste il Teatro?
“La sua sede principale è a Roma, ma Brindisi è la città che ne ha partorito le protagoniste fondatrici, donne brindisine, partite al mondo per l’avventura di calcare il tavolato e farne ragione di vita. Alla direzione artistica, Francesca Epifani, all’organizzazione la sorella Simona.
Francesca e Simona Epifani, sono nate a Brindisi e il tavolato di un palcoscenico, il suo rumore, il suo profumo, lo hanno nel DNA di famiglia che vede il nonno prima e la mamma Jenni poi, impegnati a tempo pieno nel teatro.
La vita da teatrante Francesca l’ha vissuta a 360°: dalla scelta del copione, ai bozzetti delle scenografie e dei costumi alla vera e propria messinscena.
Nel 2005, a soli 18 anni, ha vinto la Borsa di Studio Gianni Agus del Premio Hystrio alla Vocazione di Milano e, trasferitasi a Roma, nel 2007 si diploma presso la Scuola “Ribalte” diretta da Enzo Garinei.
Simona dedica tutta la sua vita al teatro fin dall’età di 4 anni. Attrice e regista del Teatro Kopó è anche insegnante nei laboratori di recitazione e nel corso pre-accademico”.
Il teatro non è solo palcoscenico.
“No il teatro è incontro, laboratorio, fabbrica, fucina, studio, prove. In piccolo, abbiamo ricreato gli spazi occorrenti, così lo spazio scenico e a quello che ospita il pubblico, abbiamo dato il nome della grande Anna Magnani donna di teatro e cinema indimenticabile. Alla sala studio, dove si seguono le lezioni, abbiamo voluto dare il nome di Anna Marchesini, la multiforme, l’attrice che ha impersonato i mille volti del teatro. Allo spazio dedicato alle prove per la messa in scena di quella forma di spettacolo che unisce musica a prosa, il Music-hall, il teatro del varietà dello svago spensierato, abbiamo dato il nome di Delia Scala, presente e indimenticata primadonna”.
Il teatro Kopò è quindi scuola di formazione, ma anche rappresentazione.
“qui vengono tenuti corsi di preparazione seguiti da professionisti affermati in un interscambio continuo tra le esperienze di Roma e Brindisi.
Avete vissuto l’esperienza del primo anno e vi apprestate al secondo, con quali risultati e quali obiettivi?
Mentre cresce e si matura il percorso della scuola, a cui guardiamo con molto interesse, devo dire che la prima stagione teatrale ci ha confortati per la costante piena e bella presenza di un pubblico attento, disponibile ma soprattutto desideroso di partecipare a questa esperienza di piccola dimensione. Come se si sentissero accolti, accompagnati in un percorso quasi individuale e questo ci conforta tanto e ci fa superare i momenti di indecisione, perché comunque tutti gli sforzi finanziari e organizzativi gravano sulle nostre spalle, spalle femminili – scrivilo – ma pur sempre fragili.
A proposito di femminile, si apre la nuova stagione con un lavoro teatrale che parla di donne.
“Si certo, apriamo il 13 ottobre con “Letizia va alla guerra. La sposa, la suora e la puttana”. Il racconto di tre grandi donne, due guerre mondiali, un sottile fil rouge ad unirle: uno stesso nome, un unico destino. Letizia va alla guerra è un racconto tragicomico, di tenerezza e verità.
Tre donne del popolo, travolte dalla guerra nel loro quotidiano, che si ritroveranno a sconvolgere le proprie vite e a compiere, in nome dell’amore, piccoli grandi atti di coraggio”.
Lascio Jenny Ribezzo, mentre è impegnata al telefono perché la macchina organizzativa cammina e per sabato si prevede il pieno.
Esco piacevolmente impressionato dall’impresa di donne che con coraggio e sacrificio mostrano come dalla conoscenza, nasca cultura e da questa si sviluppi impresa che divulghi e condivida un percorso di crescita sociale propositiva, in reazione alle codardìe di quel teatro commerciale che è divenuta la nostra realtà.