Tombamento di Fiume Grande: le associazioni ambientaliste a muso duro

di Alessandro Caiulo per il7 Magazine

Cntro la realizzazione della cassa di colmata che vuol tombare la foce di Fiume Grande pendono due opposizioni che non fanno dormire sonni tranquilli a chi caldeggia quest’opera. In particolare ENI-Versalis si è rivolto al TAR chiedendo l’annullamento del decreto di compatibilità ambientale relativo al suo progetto, mentre il Circolo Legambiente Brindisi “Tonino Di Giulio”, Italia Nostra Sez.di Brindisi, WWF Brindisi e No al Carbone hanno proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ritenendo che l’opera progettata presenti tali e tante criticità da renderla assolutamente insensata.
Mentre il ricorso presentato dal colosso chimico non ha destato particolari reazioni, non appena si è sparsa la notizia della proposizione di un ricorso anche da parte delle summenzionate associazione ambientaliste, si è scatenata una ridda di polemiche. Nel giro di poche ore dalla notifica al Ministero e agli enti controinteressati, probabilmente prima che ne fosse conosciuto il contenuto, si è costituito il comitato “Azione per lo Sviluppo e Attività del Porto” per stigmatizzare l’impugnativa davanti al Capo dello Stato contro la realizzazione della cassa di colmata”, presentato, a dire di chi ha scritto o dettato il comunicato stampa, da un gruppo di persone, anziché, come è nella realtà, ad opera di associazioni di tutto rispetto, ben note e con moltissimi iscritti e simpatizzanti. Tale ricorso sarebbe stato intentato – a dire del neonato comitato – adducendo strumentalmente motivazioni di carattere ambientale. In realtà, gran parte dei vizi in esso evidenziati consistono in violazione di leggi, contraddizioni insite nel procedimento stesso, pareri discordanti e un’istruttoria carente sotto molteplici punti di vista. Stigmatizzare in tal modo chi ha semplicemente chiesto, come previsto dalla legge, che il Presidente della Repubblica vagli la legittimità di un procedimento amministrativo, temendo che ciò possa comportare il ritardo della realizzazione delle opere o il blocco totale delle stesse, sembra un chiaro sintomo di non essere del tutto convinti che le carte siano effettivamente tutte a posto come si è sbandierato, invece, ai quattro venti. Notevole è la circostanza che di questo comitato locale, composto da una dozzina di sigle, alcune delle quali anche autorevoli, faccia parte la Camera di Commercio che, quale Ente Pubblico locale di carattere non territoriale dovrebbe curare non solo gli interessi degli industriali, ma anche di chi vive di turismo, artigianato, pesca e agricoltura, rimanendo mille miglia lontano da ogni genere di diatriba e di polemica, specialmente quelle che si prestano maggiormente a strumentalizzazioni da parte della politica e, soprattutto, dei potentati economici; ma qui a Brindisi, la città dove tutto è possibile e mai niente è certo, evidentemente, le cose funzionano diversamente.
Avendo partecipato attivamente, quale avvocato, unitamente ai colleghi Stefano Latini e Rubina Ruggiero, alla redazione del ricorso, potrei illustrarne direttamente i contenuti ma è molto meglio che a farlo, rispondendo a qualche domanda anche di carattere generale, sia l’avv. Rubina Ruggiero, esperta in diritto amministrativo e principale estensore della su citata impugnazione.
E’ evidente che non si tratta solamente – come qualcuno ha cercato di far intendere all’opinione pubblica, una questione di tutela degli uccelli che vivono alla foce di Fiume Grande; puoi dirci, in parole semplici quali sono i vizi di legittimità che hanno contestato le quattro associazioni firmatarie del Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica?
“Voglio premettere che la questione della protezione dell’habitat degli uccelli, su cui si è fatta facile ironia, viene trattata in uno dei motivi di ricorso, non meno rilevante degli altri, posto che la colmata, ove realizzata, andrebbe ad alterare l’habitat naturale di numerose specie, alcune delle quali soggette a protezione speciale in quanto a rischio di estinzione, per cui, tenuto conto del fatto che i cambiamenti del territorio ad opera dell’uomo sono tra le principali cause della distruzione, la degradazione e la frammentazione degli habitat e della distruzione della biodiversità, mi pare che l’esigenza di tutelare gli uccelli e il loro habitat naturale avrebbe dovuto essere di per sé sufficiente a determinare il rigetto della istanza dell’Autorità di Sistema Portuale dell’Adriatico Meridionale.
In ogni caso, come anticipavi nella domanda, i motivi su cui si fonda il ricorso proposto dalle associazioni ambientaliste sono molteplici e tutti di particolare rilevanza.
In primis è davvero singolare che il Ministero della Transizione Ecologica abbia emesso un giudizio positivo su un progetto sostanzialmente diverso da quello originario sul quale non sono stati acquisiti neppure i pareri obbligatori e non vi è stata alcuna consultazione pubblica, tacendo il fatto che la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale–VIA e VAS, che si era già pronunciata sul progetto originario, con evidente superficialità, ha espresso parere positivo sul nuovo progetto, pochi giorni dopo averlo ricevuto, senza effettuare alcuna integrazione istruttoria.
Il punto è che le opere progettate dall’AdSPMAM presentano tali e tante criticità, non superate dalle modifiche progettuali, che rendono assolutamente illogico il giudizio di compatibilità ambientale espresso dal Ministero della transizione ecologica di concerto con il Ministero della Cultura.
In primo luogo considero inconcepibile che sia stato sostanzialmente bypassato il parere dell’Autorità di Bacino Distrettuale che, dopo aver evidenziato come la realizzazione della cassa di colmata determinerà una modifica della morfologia della insenatura di costa Morena, anche nelle aree prospicienti le foci del canale “Fiume Grande” e del “Canale di Sfioro” e degli scarichi, nonché la variazione della conformazione delle foci, dei canali e degli scarichi stessi, e che le aree di cui si tratta sono classificate dal PAI vigente come aree di “Alta Pericolosità Idraulica (AP)” ed a “pericolosità Geomorfologica Molto Elevata – PG3” ed “Elevata – PG2”, ha invitato l’Autorità di Sistema a valutare attentamente la possibilità di ubicare la cassa di colmata in altre zone della costa meno esposte alle pericolosità idrauliche e/o geomorfologiche del PAI e solo in caso d’impossibilità di diversa ubicazione ha comunque subordinato il parere positivo ad una serie di adempimenti, finalizzati a mitigare il livello di pericolosità idraulica e geomorfologica, che al momento, per quel che ci consta, non sono stati posti in essere dall’AdSpMAM. E’ inconcepibile, anche alla luce dei disastri ambientali che il dissesto idrogeologico sta provocando in tutta Italia, che il Ministero della Transizione Ecologica abbia trascurato il parere dell’Autorità di Bacino rinviando a un momento successivo la soluzione di questioni che ovviamente andavano risolte prima della formulazione del giudizio positivo sull’opera.
Un altro aspetto di fondamentale importanza riguarda il fatto che tutta l’area d’intervento rientra nel perimetro del SIN e cioè di un’area contaminata che necessita di interventi di bonifica per evitare danni ambientali e sanitari. E’ assurdo consentire la realizzazione di un’opera, che comporta la escavazione e gestione di sedimenti contaminati, prima che intervenga la bonifica e messa in sicurezza delle aree. A tal proposito è lecito chiedersi se le opere progettate dall’Autorità di Sistema siano compatibili con le bonifiche previste dalla Regione Puglia, con uno stanziamento di oltre 24 milioni di euro, destinati a bonificare e recuperare le aree inquinate all’interno del Sin Brindisi, consentendo alla cittadinanza di riappropriarsi di spazi finora inaccessibili. Va chiarito che la Commissione VIA/VAS nel parere del 2019 aveva previsto limitate indagini di caratterizzazione ambientale che però l’Autorità di Sistema ha effettuato senza applicare il protocollo APAT – Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici per il Sito di Interesse Nazionale di Brindisi, con particolare riferimento alla mancata attivazione del procedimento di validazione da parte dell’ARPA che non è stata coinvolta nelle indagini.
Infine, è sconcertante che il Ministero della Cultura non si sia opposto alla realizzazione dell’opera. E’ sufficiente leggere i pareri endoprocedimentali della Direzione Generale, Archeologia, Belle Arti e Paesaggio e della Soprintendenza ABAP per le Province di Brindisi, Lecce e Taranto per comprendere che la colmata viola le N.T.A del Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia e che le misure previste non sono in alcun modo sufficienti a compensare il sacrificio rappresentato dalla realizzazione di una colmata pari a 144.260,58 mq.
Si tratta in ultima analisi di un’opera che produce effetti fortemente negativi a carattere definitivo sul contesto paesaggistico consistenti nella riconfigurazione della foce del Fiume Grande, nella occlusione ed irreversibile alterazione di gran parte dell’intera insenatura naturale nella quale lo stesso si immette, oltreché negli impatti di natura percettiva sul patrimonio culturale presente nell’ambito territoriale di riferimento (Castello Alfonsino, Strada delle Pedagne, Isola di S.Andrea e tanto altro). Per non parlare degli impatti potenziali sul patrimonio archeologico che le prescrizioni previste per la fase esecutiva nel provvedimento di VIA non appaiono idonee a scongiurare. Insomma è davvero singolare che un’opera che presenta impatti negativi ed irreversibili di ogni genere, sia stata giudicata positivamente dal Ministero della Transizione Ecologica e dal Ministero della Cultura così come desta meraviglia il tenore dei pareri “formalmente” favorevoli resi nel corso del procedimento VIA, essendo tutti nella sostanza pareri da cui emerge una forte e insuperabile contrarietà all’intervento. Forse quest’ultimo aspetto meriterebbe di essere approfondito in altre sedi”.
Cosa spinge, a tuo avviso e dopo tutti i disastri ambientali a cui abbiamo assistito anche alle nostre latitudini, a far sì che ancor oggi molta parte della politica, dell’imprenditoria e dell’opinione pubblica ancora associano il progresso ed il benessere con la cementificazione del territorio e l’industrializzazione a tutti i costi, senza avere alcun riguardo non solo per la tutela della natura, ma nemmeno per la salute degli uomini?
“Probabilmente molti politici e imprenditori non hanno ancora compreso il significato di transizione ecologica. Purtroppo anche le autorità che dovrebbero tutelare l’ambiente non sono pronte ad attuare i principi e gli interessi di cui sono portatrici e continuano a far prevalere l’interesse economico su quello ambientale senza pervenire ad un corretto equilibrio tra le due esigenze.
Tutelare l’ambiente non significa affossare l’economia, tuttavia il rilancio dell’economia e dei settori produttivi deve avvenire all’interno di un quadro che metta al centro la tutela e il rispetto dell’ambiente. Si rammenta che tra le macroaree della transizione ecologica, per le quali sono stati stanziati, nella bozza di PNRR inviata alle Camere 69,8 miliardi di euro, c’è anche la “Tutela del territorio e della risorsa idrica”. E’ evidente che la realizzazione della colmata si pone in contrasto con gli stessi obiettivi che il governo si prefigge. La transizione ecologica dovrebbe tradursi in azioni e misure concrete, partendo dall’abbandono di progetti, come quello proposto dall’Autorità di Sistema, il cui impatto appare manifestamente insostenibile. Insomma consiglio ai nostri politici e imprenditori più transizione ecologica e meno greenwashing (NdR: Strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo). Così come mi piacerebbe vedere maggiore coraggio da parte di chi ha inizialmente dichiarato la propria contrarietà all’opera ma poi non ha posto in essere le azioni conseguenti di contrasto alla sua realizzazione ed anzi, per ragioni di opportunità politica, resta ora silente”.
In questo stesso contesto, abbiamo assistito ed assistiamo ad una sorta caccia all’untore ogni qual volta qualcuno cerca di ribellarsi alla logica del profitto a tutti i costi e gli ambientalisti vengono additati addirittura come oscurantisti o fanatici sol perché si oppongono a questa deriva. Vuoi dirci cosa ne pensi delle reazioni anche scomposte che ci sono state dopo la presentazione del ricorso?
“Rispetto le opinioni e le visioni politiche diverse dalla mia, tuttavia mi limito ad osservare che spesso gli attacchi personali e la rappresentazione incompleta e superficiale dei fatti sono conseguenza della povertà di argomenti”.
Un’ultima domanda è al tempo stesso generale e personale: come molti di noi, hai un debole per Papa Francesco e, immagino, che non sei rimasta indifferente al suo messaggio ecologista di cui è impregnata la enciclica “Laudato si”, sulla cura del creato in cui il Santo Padre invita a prendere consapevolezza della situazione in cui versa il nostro pianeta Terra con tutti coloro che la popolano, uomini, animali, piante ed ammonisce sui «sintomi di malattia» del suolo, dell’acqua, dell’aria, degli esseri viventi. Qual è il tuo pensiero riguardo la custodia di questa casa comune a beneficio delle generazioni future?
“Non ho la presunzione di indicare soluzioni per il futuro. Papa Francesco con saggezza ammonisce tutti noi quando ci dice che non possiamo più pensare soltanto a partire da un criterio utilitarista di efficienza e produttività per il profitto individuale. La terra è un dono che abbiamo ricevuto e che dobbiamo comunicare alle future generazioni, per farlo dobbiamo cessare di abusare dei suoi beni in modo irresponsabile, ricercare forme di sviluppo sostenibile e rielaborare il nostro modo di vivere; dobbiamo arrivare a capire che noi siamo parte della natura e danneggiando la natura nuociamo a noi stessi. Non siamo i proprietari della terra e dominatori autorizzati a saccheggiarla e deteriorarla ma custodi di un’eredità da trasmettere alle future generazioni. Per cui, tornando al tema che ci occupa, invito tutti ad essere custodi della bellezza del nostro porto a favore delle generazioni future e ad abbandonare l’idea nefasta di cementificarlo così perpetuando gli errori del passato”