Un parco naturale subacqueo: un sogno di 50 anni fa

Accade a volte, nella storia, che via siano persone, geniali ed idealiste, che hanno il difetto di nascere, vivere e sviluppare le proprie idee quando i tempi ancora non sono maturi e, allora, rischiano di passare, agli occhi dei loro contemporanei e compaesani come inguaribili sognatori se non proprio visionari.
Quando però, a distanza di una, due o anche più generazioni, muta il comune sentire ed alcuni argomenti prima snobbati cominciano a far breccia nel cuore e nelle menti delle persone, ecco che il giudizio cambia e allora il vecchio sognatore comincia ad essere, giustamente, considerato un precursore dei tempi, una mente illuminata, ed i suoi vecchi progetti meritano di essere tolti dal cassetto e rispolverati.
E’ il caso del dott. Giorgio Vitale, ex dipendente dell’Amministrazione Provinciale di Brindisi, nato a metà degli anni trenta e scomparso sette anni addietro, personaggio poliedrico e dai molti interessi, fra cui, sicuramente e, per larghi tratti della sua vita, fondamentalmente, c’era il mare di Brindisi.
Quando suo nipote Danny Vitale, conoscendo il mio stesso amore per il mare, mi ha consegnato, conservati come una reliquia, un ritaglio di giornale risalente al 1968, ed un progetto, accompagnato da una accurata relazione ed una bella planimetria, datato 1974, con cui il Giorgio Vitale, all’epoca Presidente della locale Federazione Italiana Attività Subacquee, proponeva la istituzione a Brindisi di un Parco Subacqueo Nazionale a Brindisi, in località Torre Testa-Giancola, sono rimasto letteralmente folgorato
L’idea, all’epoca assolutamente innovativa, se sol si pensi che sarebbe stato il primo parco del genere in Italia ed uno dei primi al mondo, mi ha subito incuriosito e, allora, dopo aver apprezzato la certosina precisione della planimetria raffigurante il fondale, da me ben conosciuto, di Giancola, dalla costa fino ai tagli di roccia e le secche al largo, ho cominciato a leggere con avidità la dozzina di pagine dattiloscritte della relazione in calce alla quale era apposta la firma autografa dell’autore.
Già dalla premessa si capiva che solo una mente illuminata, in grado di leggere ed interpretare correttamente i segni dei tempi e rapportarli al futuro non solo immediato, poteva essere in grado, già mezzo secolo fa, di comprendere appieno e denunciare pubblicamente -in un’epoca in cui tirar fuori certi argomenti non doveva essere facile – i danni che lo sviluppo industriale del polo chimico stava arrecando all’ambiente marino brindisino e, più in generale ed a livello globale, il depauperamento ittico a causa della pesca condotta in via sconsiderata, quando il mare era ancora considerato oltre che una discarica ove poter gettare di tutto e di più, anche una fonte inesauribile di cibo.
A quest’ultimo proposito mi ha fatto sorridere che usando, forse per la prima volta in Italia, il termine inglese “overfishing” (letteralmente sovrapesca), se ne è quasi scusato ed ha evidenziato che come termine tecnico era quello che meglio riassumeva in un’unica parola il concetto di depauperamento delle risorse ittiche causato da una eccessiva e non razionale attività di pesca.
Per dirla breve, mi ha letteralmente stupito ed intrigato scoprire che già a cavallo fra gli anni sessanta e settanta vi era, nella nostra città, chi non solo affermava che fra le cause del depauperamento ittico vi era l’inquinamento delle acque costiere ad opera degli scarichi delle industrie chimiche e farmaceutiche che bruciavano letteralmente i fondali marini, nonché gli stessi scarichi domestici e la consentita usanza a che le navi mercantili e le petroliere lavassero stive e serbatoi sottocosta liberando in mare tonnellate di “catrame”, che si veniva a depositare fin sulle spiagge oltre che sulla pelle dei poveri bagnanti; ma stigmatizzava l’uso del tritolo nella pesca e lanciava un accurato allarme contro l’uso delle reti a strascico da parte dei pescherecci che rastrellavano in maniera indiscriminata oltre che i pesci, anche alghe, spugne, conchiglie, coralli ed interi banchi calcarei di coralligeno, trasformando il mare in deserto e pregiudicando l’intero ecosistema marino.
Bisognerà aspettare almeno una quindicina di anni, prima che questi termini e queste concezioni cominciassero a diffondersi fino a diventare, nel nuovo millennio, di uso comune non solo fra gli ambientalisti ma anche fra la gente comune!
Eppure Giorgio Vitale è sempre stato un pescatore subacqueo anche se chi, fra i suoi coetanei, ha condiviso con lui questa stessa passione, ricorda che ad un certo punto si rese conto che il mare non era solamente sfruttamento delle sue risorse, ma anche amore per quello che sapeva offrire e l’uomo che lo amava realmente aveva l’obbligo di preservare a beneficio delle generazioni future.
La figlia Maura, da me sentita per poter cercare di conoscere meglio come Giorgio Vitale fosse, mi ha riferito una frase che il padre amava pronunciare ed in cui era insito il grande rispetto ed il giusto timore con cui, lui che era uomo di mare, si approcciava nei suoi confronti: “il mare vuole chi vuole lui”, che denota la coscienza della piccolezza dell’uomo al cospetto di questa forza della natura.
E a questa sua grande passione lo ispirò anche a scrivere un libro “Storie del Mare, avventure, personaggi, fatti, miti e leggende del Mare” che aveva come sottotitolo gocce del mare di Brindisi ormai disperse nel tempo e, sulo finire degli anni settanta ha anche condotto, su una radio locale, un rubrica intitolata “Il richiamo del mare” ed era lui stesso a dire che era suo desiderio non far disperdere quanto aveva imparato, vissuto e goduto nel mare, per cui attraverso la radio e gli scritti, tentava di portare il mare in casa di chi lo ascoltava o leggeva.
Ed in questa stessa voglia di tramandare quanto lui a sua volta aveva appreso lo ha portato ad insegnare sia nuoto che subacquea ad una gran quantità di giovani, a partire dall’inizio degli anni settanta quando, a Rosa marina, teneva corsi anche a beneficio dei più piccoli e ancora oggi, come ricorda la figlia, i suoi allievi di un tempo, continuano a radunarsi e frequentarsi in ricordo dei vecchi tempi.
A proposito di subacquea, lui che a Brindisi fu uno dei pionieri delle immersioni con le bombole, il vero salto qualitativo che Giorgio Vitale ha compiuto, nel sognare e progettare un Parco Naturale Subacqueo a Brindisi, è quello di passare dal sommozzatore erede dei palombari nel compiere lavori sottomarini o come pescatore subacqueo, alla vera e propria subacquea ricreativa vista come volano anche per il turismo ed una economia sostenibile.
La figlia Maura ricorda anche come il padre Giorgio costruì da solo e con grande perizia una custodia subacquea per la propria cinepresa in modo da per poter effettuare delle riprese nei fondali “prescelti” per il suo parco in modo di serbarne il ricorso e poter far conoscere il suo mondo anche a chi non si immergeva.
Il luogo ideale, da lui immaginato e progettato, per questo parco naturale sottomarino, scelto per le speciali caratteristiche ambientali, topografiche e morfologiche, era il tratto di mare antistante Torre Testa a Giancola, preferita alla zona del Serrone e di Punta Penne, sormontata da altra bella ed antica torre di avvistamento, in quanto ritenuta più lontana dagli scarichi industriali e cittadini che negli anni settanta ammorbavano il mare di Brindisi ed in cui, a causa della vicinanza con la strada e le zone balneari sarebbe stato più facile sorvegliare e contrastare la pesca di frodo e con facile accesso anche per via terra che la rendevano estremamente appetibile per i turisti anche per l’interesse archeologico oltre che naturalistico dell’intera area sia in mare che in terra.
Nel descrivere dettagliatamente quel fondale mi fa rivivere le tante immersioni effettuate a Giancola: il fondale prevalentemente roccioso, le larghe e lunghe fenditure dei suoi tagli ricchi di pesce che si incontrano andando verso il largo e le sue secche.
Per far si che siano colonizzate da ogni forma di vita sottomarina anche le vaste praterie sabbiose presenti nella zona, Giorgio Vitale pensa, ancora una volta con qualche lustro di anticipo rispetto agli altri, di affondare, ovviamente ripulite e bonificate da ogni inquinante, delle vecchie carcasse d’auto ed altri relitti in modo da creare degli “afferraggi” utili per il ripopolamento, tane per i pesci e scoraggiare la pesca abusiva a strascico, da momento che le reti dei bracconieri verrebbero inesorabilmente tagliate dalle lamiere dei relitti.
Data la bellezza e varietà del fondale già a partire dai tre metri di profondità, fino ai dodici, venti e cinquanta delle secche comprese nel parco, le immersioni sarebbero adatte sia per i neofiti che per i sub più esperti ed una vera manna per la ricerca biologica ed il turismo, “terreno da caccia” ideale per gli appassionati di fotografia subacquea.
Leggere questi concetti su dei fogli ingialliti dal tempo scritti con i caratteri marcati di una vecchia macchina da scrivere Olivetti, è quasi surreale, ma fa comprendere la lungimiranza di quest’uomo e la sua passione per il mare e non un mare qualsiasi ma il mare di Brindisi.
Ed allora, in un’epoca in cui chi andava in mare con le bombole, ma non per pescare, bensì per il gusto di immergersi e godere dello spettacolo che la natura offriva, era guardato con sospetto, quasi fosse un alieno, pensare che – ed uso ora le sue parole – oltre agli scopi ecologici, di salvaguardia del patrimonio ittico, il Parco Subacqueo sopperirebbe alle carenze di alcune forme turistiche, convogliando una vasta frangia di giovani, studiosi, appassionati, attirandoli con una organizzazione tecnica e specifica, dando loro assistenza e mezzi per le immersioni a scopo culturale e scientifico. Una apposita organizzazione, il Centro Subacqueo, in pieno accordo con le autorità preposte, curerebbe immersioni collettive e singole a carattere di ricerca con programmi relativi a: fotocinesdub, archeologici, biologici, ecc., un interscambio con i tecnici delle Università vicine, facoltà di biologia ecc., sarebbe realizzato attraverso incontri a carattere regionale. Altre attività come : gite scolastiche, gare di fotografia subacquea, studi di gruppo ecc., sarebbero di grande interesse turistico e porterebbero senz’altro Brindisi, città di mare con in i trascorsi più gloriosi nella storia, ad essere ancora una volta all’avanguardia nelle realizzazioni più moderne ed attuali del momento”.
Sarebbe bello e ci sarebbe sicuramente tanta gente che lo apprezzerebbe, se questo vecchio progetto, nato già nel 1968 con il beneplacito dell’allora Ente Provinciale del Turismo, e presentato ufficialmente il 25 novembre 1974 presso l’Hotel Internazionale, sul lungomare di Brindisi, fosse estratto dal cassetto dei sogni, rispolverato, e preso in considerazione non già così come è, visto il mutare dei tempi, della scienza, della tecnica e della storia, ma come idea realizzabile e vincente, per istituire anche Brindisi (oramai ce ne sono altri in Italia) un parco naturale, magari comunale, subacqueo, dove la natura e l’ambiente possano convivere con l’uomo senza essere a lui sottomessi e la stessa economia locale, non solo il turismo ma anche la pesca ed il suo indotto, possa trarre vantaggio dalla spirale virtuosa che partirebbe dal suo azzurro mare.
Un parco naturale marino che sarebbe doveroso intitolare e dedicare alla memoria di quell’uomo geniale e precursore dei tempi che fu Giorgio Vitale.