«Brindisi pone fine al lungo viaggio e fine alla mia satira” scriveva 20 secoli fa il poeta latino Orazio. L’autorevole autore lucano, di Venosa, è solo uno dei tantissimi che la via Appia l’hanno percorsa, forse senza avere la presunzione di camminare sulla strada maestra della storia.
Si deve al giornalista e scrittore Paolo Rumiz, la riscoperta dell’intero tracciato della “Regina Viarum” che congiunge Roma a Brindisi e che attraversando 4 regione, decine di territori comunali ed altrettante città e municipi, ha mostrato tutto il suo potere evocativo che la rende, nel terzo millennio, il più attrattivo parco tematico culturale che prende appunto il nome di “cammino” sulla via Appia ed il territorio che essa ha generato nel suo lungo peregrinare storico.
Fu Appio Claudio a volere una strada che da Roma si spingesse verso sud, ben oltre il limite dei territori conquistati.
via Appia è forse l’infrastruttura più visionaria di tutti i tempi. Segno dell’espansione di Roma verso Sud e verso Oriente, la prima strada consolare ha dato forma al paesaggio storico italiano declinato in un percorso lungo oltre 600 chilometri che attraversa 4 regioni – Lazio, Campania, Basilicata e Puglia – 87 comuni fino Brindisi.
Era il 312 a.C. quando si diede principio all’opera che non era un semplice progetto stradale, ma simbolo di un sistema lineare di crescita del potere di Roma.
L’impianto stradale rispondeva a logiche ingegneristiche di assoluta avanguardia, dalla progettazione del tracciato, la scelta dei materiali, i processi di lavorazione e di definizione della carreggiata, rende la via consolare per eccellenza, una rappresentazione evidente del potere solido e al contempo dinamico e veloce con cui il potere di Roma si diffondeva.
Questa metodica è la medesima rappresentazione della forza e della prepotenza politico-militare che Roma imponeva attraverso la viabilità consolare.
A Brindisi, città di arrivo, la via Appia si completa nel 190 a.C. ovvero 122 anni dopo l’avvio dei lavori a Roma. Il percorso di 650 chilometri, era stato eseguito, pertanto combattendo i popoli che il cantiere incontrava ed esso stesso accompagnava lo sviluppo territoriale degli eserciti di Roma.
Si può ben pensare, pertanto, che il cantiere di costruzione possa essere avanzato in media di circa 15 metri al giorno!
Il dato diventa gigantesco, poiché l’avanzamento dei lavori avveniva e in presenza di operazioni militari di carattere bellico, ma anche superando quesiti ingegneristici che l’attraversamento di aree a diversissima natura e caratteristiche geologiche, non rendevano semplici e facili le soluzioni.
Alla vittoria militare, seguì, quindi quella culturale. Alla vittoria culturale, seguì quella linguistica. Fu la via di comunicazione, per eccellenza, la Regina delle vie a incrementare la latinizzazione del meridione: proprio lungo quella strada camminavano e si depositavano le maggiori innovazioni culturali e linguistiche.
E se la conquista della città di Benevento, viene esaltata con un arco della vittoria, da lì la la via Appia si fa doppia e se quella più antica, dalla città scende per giungere e Venosa e da lì fiancheggiare la dorsale murgiana e giungere a Taranto, città tutt’altro che facile da conquistare, il successivo tracciato, voluto dall’imperatore Traiano, preferirà, sempre per ragioni politico militari, l’avventura verso la piana della daunia per arrivare a Barium (Bari), attraversare l’importante centro di Egnatia e giungere sempre a Brindisi, città a cui Roma aveva guardato, quale città dalle grandi potenzialità commerciali, con le sponde ellenistiche dell’adriatico.
Della via Appia voluta dal Console Appio Claudio, Rumiz, riscopre il tracciato, ma a 23 secoli di distanza, incontrando popolazioni omogeneizzate dall’essere, tutte italiane, comprende ed evidenzia, che il cammino lungo la via Appia è ricerca e ritrovamento di ragioni culturali eterogenee il cui valore unificante ha in sé il valore di patrimonio su cui edificare una idea di rilancio di un grande progetto culturale, che trova ascolto e negli anni fatto proprio dal MIBACT che, nel marzo del 2020, in una Italia chiusa nelle proprie abitazioni e che guarda a se stessa dalle finestre, viene varato un progetto che coinvolge le quattro regioni attraversate dalla strada consolare, le decine di municipalità, per giungere a raccordare in una rete di condivisione soggetti pubblici e privati.
Il regista Alessandro Scillitani che dalle nostre parti è passato qualche anno fa insieme allo scrittore Paolo Rumiz, proprio per incardinare un progetto di caratura europea, ha scritto della via Appia: “grande diagonale del Mediterraneo che dopo decenni di oblio ritornano percorribili restituendo finalmente alla res publica un bene dimenticato. Un monumento, un mito, una linea che non finisce ma porta niente meno che alla Via della Seta. Il sogno di un cieco, Appio Claudio, che dopo ventitré secoli ridiventa realtà, strada, cammino”.
Ha dichiarato lo stesso Rumiz: “L’idea di focalizzarsi su questo tema (la conoscenza dell’Appia e la sua rivalutazione storica e geografica), è nata a Brindisi”. E aggiunge: “Non posso dimenticare il nostro arrivo nel giugno 2015. Li ho capito che il viaggio non finiva in quel punto e che la Gran Via mi chiamava ancora”. Proprio in questa citta, a Brindisi, Rumiz concepisce l’idea del libro che si titolerà “Appia”.
Sempre da Brindisi è ripartito un mese dopo un viaggio di ritorno con incontri di grande interesse “caldissimi” come dice Rumiz, con le comunità locali.
Prosegue il giornalista e scrittore: “c’era la festa del patrono, le strade erano piene di popolo, di bande, tamburi majorettes. Mi sono detto: l’Appia non se la filerà nessuno. E invece no! In un chiostro medievale è arrivata un sacco di gente, sono piovute tante domande. Era il segno che l’Appia non era solo archeologia, ma il segno di una confederazione di città e paesi allineati su un’unica linea, e che quella confederazione poteva far uscire il Sud dalle sue divisioni. Avevamo toccato un simbolo, e quel simbolo si imponeva con forza inattesa.”.
20 milioni vale il progetto, redatto con i fondi strutturali europei ed è modello che dalla cultura intende esportare il criterio della rete al contesto sociale ed economico delle realtà interessate.
Così accade che in questi primi giorni del nuovo anno, comuni di aree omogenee si diano conforto con progetti di applicazione di quel fondo a cui si può attingere, anche per azioni di promozione del territorio medesimo e fruire, in termini locali, di un volano capace di riattivare l’azione locale di rilancio, post-Covid.
Ritornano imperiosi e renitenti ad ogni forma di affossamento le culture locali, gli usi, la lingua del posto e riappare la radice linguistica che ci rende, come afferma Rumiz, allineati su una medesima linea che è vettore di sviluppo ed allora un vocabolario comune ci farebbe da abecedario per riconsiderare che non siamo perduti, che siamo legittimi figli della Regina, la via “Matria” che non solo ci ha generati, ma ci conforta continuamente.
Pare secondario, ma fa specie ritrovarci consanguinei, linguisticamente fratelli e se riscopriamo le parole domestiche dei nostri dialetti e come esse siano giunte a noi, percorrendo la via Appia. Pochi esempi per respiare, parole di casa, dialettali, confidenti, ma potente eco di una latinità che ci porta lontano; Àccio sedano, in latino era apium; putrisinu, prezzemolo, era petroselinum; Casu, formaggio. È lo stesso caseus mangiato secoli fa; Cráy, domani. Dal cras latino. Lo stesso vale per piscráy, dopodomani, da post cras. Che dire del nostro Mò, subito. Questo comunissimo monosillabo tratto dal mox usato dai Romani. Tàndu, allora, in quel momento, che deriva probabilmente dall’avverbio tum, che significa proprio allora.
Persino le tipiche risposte sini e noni derivano direttamente da quelle latine.
Brindisi, dove tutto converge e da Taranto e da Bari, assume in ogni caso, valenza di cardine e la riemersione alla fruizione generalizzata, del bene comune, la strada ed camino che su essa è percorribile a velocità di passo d’uomo per la riemersione di una società riumanizzata nel suo vivere quotidiano e nelle sue aspirazioni, ha bisogno di ancorarsi a dati certi e non verità di comodo.
L’intero progetto che fa della via parco tematico, non si attesta alla carreggiata e al solo suolo che “asfalta” bensì al territorio che come fosse limo essa concima e fertilizza. La emersione del tracciato storico che l’ottimo lavoro di Rumiz ha reso pubblico, diventa bacino, di riferimento e l’incontro delle culture locali, comprese tra i vari settori di lavoro, agricolo, industriale, terziario che sia, diventano il luogo dello scambio di esperienze che rivitalizzano la vivibilità del territorio.
Da Brindisi, la via appia antica, traguarda i municipi di Mesagne, Latiano, Oria e Francavilla e intercetta laboriosità che possono costituire un unicum operativo. Sul versante della via appia traiana, i comuni di Carovigno, Ostuni e Fasano, con la sorprendente meta di Egnazia, disegna l’altra direttrice da cui trarre ulteriori stimoli socio-culturali ed economici.
Scopo di questi speciali è approfondire la conoscenza della direttrice che unisce i comuni della provincia che si estendono verso Taranto soffermandoci sui luoghi la loro storia, la loro cultura le loro potenzialità fiorite ai bordi della via che di Brindisi, da 23 secoli racconta il futuro possibile.