Un viaggio meraviglioso nel Museo Ribezzo di Brindisi/1

Il primo museo archeologico della città venne istituito dall’archeologo brindisino Giovanni Tarantini nel 1884, al fine di raccogliere sia i numerosi reperti provenienti da collezioni private, sia quelli che emergevano dagli scavi effettuati in città, in occasione della costruzione di nuovi edifici. Come sede del museo civico fu scelta la chiesa di San Giovanni al Sepolcro (un tempo in stato di abbandono e restaurato grazie all’intervento del Tarantini) e fu proprio lo stesso Tarantini ad esser nominato direttore onorario e, dopo di lui, il canonico Pasquale Camassa, noto ai brindisini come “Papa Pascalinu”, che ne fece la sede della “Brigata degli amatori di storia e d’arte”, l’associazione da lui istituita per di radunare intellettuali e organizzare incontri culturali. Durante la Seconda Guerra Mondiale la chiesa subì notevoli danni, in particolare nel corso del bombardamento aereo cui la città fu sottoposta nel 1941. L’esplosione di alcune bombe nella vicina Via Lauro provocò, tra le altre cose, anche il crollo dell’abitazione di Pasquale Camassa, il quale rimase gravemente ferito e morì poco dopo. I bombardamenti interessarono in particolare il protiro, i muri perimetrali e le coperture del monumento, mentre ad uscirne indenni furono i reperti museali, in quanto preventivamente trasferiti a Castel del Monte per essere salvaguardati. Terminata la guerra, i reperti rientrarono a Brindisi e trovarono una nuova collocazione: la nuova sede del Museo, che era stato trasferito a Piazza Duomo. L’allestimento del museo fu affidato alla direttrice onoraria Benita Sciarra e nel 2009 è stato oggetto di un restyling, con una riorganizzazione del percorso didattico, sapientemente e scenograficamente ben riuscita. Recentemente, in seguito all’abolizione delle Province, il museo è diventato di competenza Regionale.
IL MUSEO:
Il modo in cui è disposto il museo permette di ripercorrere le tappe fondamentali del popolamento dell’area brindisina, a partire dal paleolitico superiore (12.000 a.C.), fino all’età romana. Il percorso è ricco di esaustivi pannelli informativi corredati da immagini, che accompagnano i reperti esposti.
Dopo aver attraversato l’atrio, che conserva elementi architettonici provenienti dalla Brindisi medievale, e aver oltrepassato il punto di accoglienza, si giunge nella prima sala, che raccoglie reperti organizzati per tipologia e provenienti dalle diverse collezioni (De Leo, Tarantini, Marzano, Gora); vi troviamo produzioni vascolari di tipo Attico, Apulo, Gnathia, trozzelle, antefisse, urne in vetro, unguentari, lucerne.
Sezione: preistoria e messapi
Il vero e proprio viaggio attraverso la storia inizia al primo piano: qui infatti, disposti in diverse vetrine, vi sono utensili in selce, risalenti al paleolitico superiore e provenienti dall’area di Giancola frequentata da cacciatori raccoglitori sin da 12.000 anni fa.
La successiva sala raccoglie testimonianze di un’importante civiltà, che visse nelle nostre terre a partire dall’età del ferro, ovvero la civiltà Japigio-messapica. I reperti provengono da differenti centri messapici della provincia, a poche decine di km da Brindisi come Valesio, Muro Tenente, Muro Maurizio, Ceglie, Carovigno, Francavilla. Di particolare importanza è la tomba proveniente da Valesio con un’iscrizione messapica dedicatoria a Demetra.
In una sezione apposita sono esposti i rinvenimenti fatti all’interno del centro urbano, come la famosa tomba di via Bari e i reperti della necropoli protocorinzia di via Torpisana.
Sezione Brindisi romana
Nella sala successiva si possono ammirare le numerose testimonianze che attestano l’importanza di Brindisi e del suo porto nel periodo romano, come epigrafi (famosa quella “del mercante”), capitelli di età ellenistica con protomi umane, frammenti di ceramica provenienti da diversi punti del mediterraneo. Proseguendo nel percorso si possono osservare le testimonianze statuarie raccolte nel centro urbano della città, dove in età romana sorgeva il foro, il luogo più frequentato della città. Proprio nel foro fu accordato il permesso alla nobile famiglia di Clodia Anthianilla, una giovane letterata brindisina, di erigere una statua che ne celebrasse le virtù. Lungo il percorso si può inoltre ammirare la statua dell’“Ercole brindisino”, rinvenuta nel 1796 nei pressi della chiesa di San Paolo, e recentemente rientrata al museo brindisino a seguito di una lunga giacenza nei depositi del Museo Archeologico di Napoli. L’ultima parte della sezione è dedicata all’edilizia pubblica e privata: sono esposti vari mosaici rinvenuti in città e parte degli oggetti e degli intonaci rinvenuti durante gli scavi dell’area archeologica di San Pietro degli Schiavoni (al di sotto del Nuovo Teatro Verdi).
La necropoli di via Cappuccini
I successivi spazi sono dedicati alla necropoli di via Cappuccini che, durante gli scavi del 1982, restituì ben 238 sepolture. Fra i reperti più antichi oggi esposti, risalenti al III secolo a.C., ricordiamo una trozzella, dei tintinnabula e una bellissima bambola in terracotta. In un’altra bacheca sono invece esposti reperti del II secolo a.C. come lucerne, unguentari, piccoli vasetti ed uno strigile. Successivamente sono messi in mostra reperti risalenti al periodo romano imperiale, come: specchi, calamai, pedine per giochi ecc…, ma di grande interesse sono anche le bellissime urne cinerarie in vetro. Queste ultime venivano poste all’interno di un’osteoteca fatta da due blocchi di pietra, consentendo così la conservazione ottimale dell’urna in vetro trasparente, quasi sempre di colore celeste. Al centro della sala possiamo ammirare un modellino dell’intera area di scavo, con numerose tombe ad inumazione e incinerazione; sono inoltre esposte anche alcune iscrizioni latine provenienti sempre dalla necropoli.
Archeologia subacquea e bronzi di Punta del Serrone
Molto suggestiva la sezione dedicata ai reperti marini, a cominciare dalle anfore e dal ricco materiale ceramico che si è trovato nel porto e lungo le coste del brindisino.
La collezione dei bronzi è importantissima a livello mondiale. La maggior parte dei reperti fu rivenuta nel 1992 poco al largo del lido dei carabinieri. Si ritiene che una nave proveniente dall’oriente, in epoca tardo antica (o medievale), con un carico di bronzi destinati alla fusione, fece naufragio davanti la nostra costa. Per citare solo alcuni dei bronzi, ricordiamo la “testa del filosofo”, la statua virile del “principe ellenistico”, probabilmente il console Lucio Emilio Paolo, la statua di Polydeukion, giovane discepolo del ricco e potente mecenate greco Erode Attico, la testa di una statua di bambina di età antonina, dallo stile assolutamente verista e ritrattista. Tra le ipotesi di provenienza dei reperti più preziosi si pensa proprio a una villa di Erode Attico in Grecia o al santuario di Delfi.
Il percorso del piano superiore termina con la riproduzione di una nave oneraria romana, con le anfore disposte nella sua stiva, come se fosse pronta a salpare per lidi lontani; il modello ricorda il relitto scoperto a Torre Santa Sabina, con ancore in piombo o in pietra e vari oggetti navali rinvenuti, oltre che nel porto di Brindisi, anche in approdi minori come Giancola, Savelletri.
Collezione statuaria ed epigrafica
Nel piano seminterrato è custodita gran parte della collezione statuaria ed epigrafica.
Le statue di carattere funerario e decorativo, provenienti da edifici pubblici e privati, consentono di definire l’importanza di Brindisi come municipium romano. Qui possiamo trovare infatti degli imponenti torsi marmorei loricati, con indosso, cioè, la tipica corazza anatomica, raffiguranti personaggi di rango imperiale, quello di età tardo repubblicana potrebbe raffigurare Ottaviano vincitore ad Azio; e ancora delle statue togate, provenienti, sembra, dallo stesso edificio posto nel foro (l’odierna piazza mercato), quella con la toga portata sul capo potrebbe corrispondere alla classica iconografia di Augusto svolgente le funzioni di Pontefice Massimo. Molto interessanti anche le statue di Roma Virtus, proveniente da porta Mesagne, che poteva far parte di un arco onorario posto all’ingresso della città romana, ed una statua di ninfa con indosso un quasi impalpabile chitone (la tipica tunica greca leggera e sottile).
Importantissima e ricca è anche la collezione epigrafica. Le iscrizioni, che coprono un vasto arco temporale che va dall’età repubblicana fino al terzo secolo, sono in lingua messapica, latina, greca ed ebraica, a testimoniare, dunque, la sedimentazione e la varietà delle popolazioni che abitavano Brindisi nell’antichità. Le stele sepolcrali ci tramandano l’esistenza di personaggi che sembrano essersi salvati dall’oblio del tempo, come il negotiator (mercante) della Bitinia, il publicus victimarius (personaggio addetto ai culti sacrificali), Lea, la giovane di religione ebraica nel cui epitaffio c’è l’augurio che le vengano aperti i giardini dell’Eden. Altre iscrizioni onorarie e provenienti da edifici pubblici ci tramandano decreti municipali e decisioni di organi magistratuali anche in relazione a precisi avvenimenti storici.
Nei prossimi numeri cercheremo di passare in rassegna alcuni dei reperti più importanti del museo.

*Guida turistica
e direttore Gruppo Archeo Brindisi
(1 – Continua)