Una tradizione unica in Italia nata nel XIII secolo quando a Brindisi sbarcò il Re Santo

di Giovanni Membola per IL7 Magazine

Hanno gli Arcivescovi di questa città una dignità particolare conservata da moltissimi anni per antica tradizione, ed è che nel giorno della solennità del Corpus Domini portano il Santissimo Sacramento a cavallo sotto il baldacchino. Così descrive la singolare usanza religiosa lo studioso salentino Girolamo Marciano (1571-1628), un rituale unico nel suo genere, che prende origine da un episodio avvenuto nel XIII secolo, quando il re di Francia Luigi IX ebbe un approdo difficoltoso nei pressi delle isole Pedagne.
Il “re santo”, così chiamato dopo la santificazione, aveva conquistato la città di Damietta in Egitto durante la settima crociata (1248-1254), ma nel tentativo di occupare anche il Cairo venne sconfitto e fatto prigioniero durante un la battaglia di El-Mansura. Per il suo rilascio dovette restituire la città conquistata e versare al Sultano un milione di scudi di riscatto, ma trovandosi a corto di denari, dovette recarsi in occidente per recuperare la somma pattuita, lasciando in pegno l’Eucarestia.
Il sovrano, “o costrettovi dai venti, o non volendo andare in Francia per la ristrettezza del tempo accordatogli, o per « volontà di Dio » capitò a Brindisi, dove si trovava Federico II, il quale, sentita la cosa, fece coniare a Brindisi monete dʹoro e dʹargento, aventi da una parte unʹaquila, e dallʹaltra un tabernacolo” (Ferrando Ascoli, 1886). Una volta ottenuto il denaro, Luigi IX tornò rapidamente in Egitto per saldare il debito, ma il Saladino, ammirando la fede e la lealtà del re francese, gli avrebbe reso il sacro pegno rinunciando al riscatto, un premio alla sua fede e lealtà. Le monete d’oro e d’argento, coniate appositamente dal sovrano svevo nella zecca di Brindisi, furono poi denominate “tornesi”, essendo “tornati” nel regno. Nel dialetto locale il termine “li turnisi” è ancora in uso tra i brindisini più anziani.
Durante il rientro in Italia la nave francese sarebbe stata sospinta dal vento, o da una forte mareggiata, sullo “scoglio” di un promontorio della costa a circa 3 miglia a sud di Brindisi, sulla Cronaca di S. Antonino di Firenze si legge: “dopo la terza notte di navigazione, alle prime luci del giorno, la nave che conduceva il Re andò ad urtare ripetutamente contro uno scoglio o lingua di terra, e così violentissimamemente che i marinai e tutti gli altri che erano a bordo ritennero per certo di essere sul punto di naufragare. Atterriti dal fortissimo e rovinoso urto, i sacerdoti e tutti gli altri trovarono invece che il santissimo Re era tranquillamente assorto a pregare innanzi al Corpo di Cristo: e fu ferma convinzione di tutti che soltanto per i di lui meriti e per le di lui preghiere, l’onnipotente Iddio li aveva scampati da quel pericolo mortale”. Luigi IX fece chiamare da Brindisi l’Arcivescovo Pietro III, che essendo molto vecchio e vista la distanza ed il percorso impervio, qui giunse sulla groppa di un cavallo bianco. Al prelato fu affidata l’Eucaristia che fu portata in processione verso la città: le briglie del cavallo furono tenute da Federico II e da Luigi IX, con il clero e la popolazione locale al seguito. Secondo la credenza popolare, sul punto della spiaggia dove il cavallo pose le zampe durante il trasbordo dell’Eucaristia, sono rimaste delle fossette dalla forma a staffa da dove sgorgava acqua dolce. Il promontorio prese così il nome di Capo o Punta Cavallo. In prossimità dello “scoglio” fu successivamente realizzata una torre cilindrica trimerlata “a devozione” dell’evento, alta circa 22 metri con diametro di 15 metri, portata a termine da Carlo I d’Angiò cinque anni dopo la morte del fratello Luigi IX. Sulla porta della torre era scolpita su marmo una effigie di un calice con l’ostia, ritrovata alla fine dell’800 dall’archeologo Giovanni Tarantini. Il locale era fornito di quattro feritoie strombate per il passaggio della luce del faro, “pro lumine faciendo”, utile a segnalare il pericolo alle imbarcazioni di passaggio. Nel XVI secolo Carlo V fece edificare una nuova torre, che insieme alle altre presenti sul litorale, era adibita alla difesa della costa. Gli ultimi resti della muratura basamentale erano ancora visibili negli anni sessanta.
L’episodio sarebbe alla base del rito che si osserva da quasi otto secoli, ovvero da quando fu istituita la cerimonia del Corpus Domini: “il vescovo, o il suo sostituto nel caso d’indisposizione del primo, doveva montare in sella, sopra una bianca mula, e quivi, ricevere il Sacramento fra le mani. Esso procedeva sotto un ampio baldacchino mobile, sostenuto da vani portatori” (Cesare Teofilato, 1931). Il privilegio di portare l’Ostia consacrata in processione per le vie principali della città, montando su un cavallo bianco “parato”, è permesso, da sempre, solo nella città di Brindisi.
La leggenda fondativa non manca di contraddizioni e anacronismi, come avviene in ogni racconto di origine popolare: nel tardo ‘400 la data dell’approdo a Punta Cavallo era ritenuta il 1252 (o 1254), solo successivamente l’avvenimento è stato datato 1250, giusto pochi mesi prima della morte dell’imperatore svevo, come se la storia sia stata volutamente modificata per essere arricchita dell’importante figura storica. Anche delle monete coniate per il riscatto non si ha certezza, nessun esemplare è stato mai ritrovato. Si ha però il riscontro nelle cronache dell’epoca dell’arrivo nel porto di Brindisi della nave francese, che indicano il luogo dello sbarco avvenuto dopo circa 850 miglia di navigazione (circa tre giorni), una distanza coincidente a quella tra Damietta e il porto brindisino; oltretutto in nessun’altra località è conservata la memoria dell’arrivo del re di Francia dopo il secondo rientro dall’Egitto.
Un’altra curiosità è rappresentata dalla Costituzione di Papa Giovanni XXII della processione del Corpus Domini (1316), resa “obbligatoria” su uno spazio di “tre miglia”, la stessa distanza percorsa dalla processione brindisina dopo lo sbarco dell’Eucaristia, un dettaglio ritenuto dagli studiosi importante e non una “casuale coincidenza”. Inoltre, secondo alcuni storici, il racconto potrebbe essere un risultato che ha voluto conciliare nel tempo culture antagoniste come la laica – rappresentata da Federico II – e la cristiana nella figura di Luigi IX. Un’altra ipotesi riguarda la centralità del cavallo, una sorta di riconoscimento sacro alle crociate, come elemento di fede, che nella città di Brindisi e nel suo porto hanno lasciato diversi importanti riferimenti.
Nelle acque prospicienti gli scogli di Punta Cavallo, insieme a numerosi altri ritrovamenti, sarebbe presente il fasciame di una grande nave affiorante dal fondo sabbioso a pochi metri di profondità, a conferma di come in quella zona vi siano stati nel tempo diversi naufragi, ma sarebbe arduo anche solo ipotizzare che quei resti appartengano all’imbarcazione di san Luigi IX.