Via Francigena del Sud: i luoghi, le mete, ma qualcosa non quadra

Nei giorni scorsi a Bari si è tenuta l’assemblea generale di quanti sono interessati allo sviluppo delle Vie Francigene del Sud. Enti Associazioni, Istituzioni pubbliche e private, si sono date convegno per fare il punto della situazione e proporre il nuovo step dio un progetto che si pone fini ambiziosissimi ma che spesso tralascia la via della lenta perlustrazione del patrimonio, finendo con l’accarezzare le opportunità e le convenienze del mercato turistico.
I puristi storcono il naso, a ragione, ma pure chi viene penalizzato, scopre di essere tagliato fuori.
L’iniziativa affonda la propria azione nella storia, visto che navigando, il 29 ottobre 2019, tra le pagine del sito ufficiale delle “Vie Francigene del Sud”, trovo e leggo la descrizione progettuale che afferma: “E’ importante precisare che attualmente le Vie Francigene nel Sud sono un progetto.
Esso è la volontà di un numero crescente di Enti, Istituzioni, Associazioni e realtà territoriali unite dall’obiettivo di un grande Itinerario culturale euro-mediterraneo e impegnate ad estendere alla via Francigena nel Sud la certificazione di “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa” già ottenuta dal “percorso di Sigerico”, da Canterbury a Roma nel 1994.
Allorquando la menzione ufficiale sarà stata ottenuta, con il contributo dei Ministeri e delle Regioni interessate, si potrà procedere alla redazione di un vero e proprio masterplan delle Vie Francigene nel Sud che auspichiamo possa diventare parte integrante del “Masterplan del Mezzogiorno” del Governo.
Masterplan significa programmare e pianificare l’insieme degli interventi necessari per mettere in sicurezza i percorsi, installare la segnaletica, in modo coordinato da Canterbury a Santa Maria di Leuca: un grande impegno che richiede tempi, energie, risorse e competenze”.
lo scorso 18 ottobre, quando è stata sancita la nascita della “Via Francigena del Sud” con 150 soci aderenti e un itinerario che rispetto a quello ampiamente divulgato in precedenza e che si fermava ad Otranto, ora giunge sino a Santa Maria di Leuca. La ragione non è certamente storica.
Tra gli itinerari eseguiti e vissuti dai pellegrini illustri, ne raccolgo uno, tratto dal volume “Roma Gerusalemme, le vie francigene del Sud” dell’associazione Civita, che con Banco di Napoli e Finmeccanica hanno sostenuto lo sforzo di raccogliere in due interessanti volumi le ragioni storiche dell’intero progetto.
Vale la pena leggerne il seguente passo: “L’itinerario sino a Gerusalemme, attraverso il Mezzogiorno d’Italia, è descritto puntualmente da Fulcherio di Chartres. Nel 1096, con Roberto di Normandia, Stefano di Blois ed altri pellegrini, Fulcherio, attraversata la Francia e passati in Italia, percorre la via Francigena sino a Lucca e Roma in compagnia anche di Urbano II, il quale si era aggregato a Lucca, prosegue per la Campania lungo la cosiddetta Francigena del Sud, cioè la Latina e la Traiana sino a Bari “quae civitas optima in maris margine sita est”84.Raggiunta la Puglia nell’inverno del 1096, potettero imbarcarsi a Brindisi solo il giorno di Pasqua del 1097.L’opzione per l’itinerario terrestre lungo l’Italia meridionale viene motivato da ragioni di sicurezza e di maggiore assistenza lungo le strade. Fulcherio di Chartres, essendone stato protagonista, documenta con una ricchezza di dettagli le situazioni topografiche, climatiche, sociali e politiche che favoriscono la scelta dell’itinerario francigeno sino al porto di Brindisi”.
Sono diversi i resoconti dei pellegrini che giunsero in Puglia e dai suoi porti principali, si imbarcavano verso Gerusalemme, vera meta del viaggio, vero fine del pellegrinaggio.
I porti pugliesi, città come Otranto, Brindisi, Bari e Barletta, ebbero un notevole stimolo alla c crescita. Proprio il Papa Urbano II, nel corso del pellegrinaggio citato, definì il luogo della costruzione dell’attuale Cattedrale brindisina, in sostituzione della basilica di San Leucio che era andata distrutta.
Brindisi divenne centro di presenze importanti, come il territorio circostanze che si alimentò di testimonianze, come le diverse chiese rupestri lungo il tragitto che scorre parallelo alla via Appia Traiana: la direttrice per Bari.
Santa Maria del Casale, il Santuario di Jaddico, la cripta di San Biagio, quella di San Giovanni, tanto per restare nel territorio comunale di Brindisi, ma numerose altre nel territorio provinciale, disegnano un itinerario legato a quel fenomeno di fede che si sarebbe ben innestato nell’itinerario approvato a Bari.
In provincia di Brindisi, il sentiero del pellegrino, corre sostanzialmente lungo la linea di costa, trasformando il “cammino” in una sorta di percorso di tracking motivazionale, nel quale poco importa dove ti trovi, cosa vedi, molto invece, il fatto che tu ci sia arrivato. Come Forrest Gump.
Lo scorso 29 settembre ero su una spiaggetta di Pantanagianni, quando come un razzo mi son sentito un “buon giorno” alle spalle, neanche il tempo di girare la testa, che un tizio, in tenuta da indiana jones, trafelato e concentrato, mi dava già le spalle, tanto era impegnato. Appeso al grosso zaino un cartello penzolante, con su scritto: S.M. Leuca. Non una meta, ma l’obiettivo, come per il maratoneta il finish.
L’itinerario, consigliato per la provincia di Brindisi, che ho visionato, sempre sul sito ufficiale, tratteggia, distanze e luoghi di sosta. Nel comune di Fasano il cammino si incunea tra Egnazia Savelletri e Pozzo Faceto, a Ostuni, si registra l’unica associazione amica della Via Francigena e sempre ad Ostuni l’unico edificio religioso citato per la provincia, la Cattedrale.
Una curiosità, a Brindisi, il luogo di sosta e ristoro, è uno solo, in via Lata e vi si arriva dopo aver fatto percorrere ai pellegrini la nostra strada provinciale 41, nel suo tratto costiero e fattili entrare dalla Sciaia lungo via Materdomini, escludendo, tanto per dire, il santuario della Madonna del Casale, monumento nazionale e luogo di eccezionale valore architettonico, artistico e di fede, privilegiando i ruderi del villaggio turistico-residenziale di Acque Chiare (SIC!).
Il percorso a sud di Brindisi, consiglia di attraversare la strada provinciale, che taglia il bosco di Cerano a pochi metri dalla Centrale a Carbone e manca per qualche centinaio di metri il sito archeologico di Valesio.
I lodevoli impegni di quanti a Brindisi si provano a dare significato ed importanza strategica allo sviluppo del progetto, sono certamente mossi da buone intenzioni, ma al loro ottimismo cui non deve mancare energia, va collegato il gravame di una zavorra che affatica la necessaria velocità con cui ci si deve procedere per intercettare opportunità, finanziamenti e produrre occasioni di sviluppo.
Brindisi, nella persona del suo primo cittadino, giorno 18 ottobre si è intestata la targa segnaletica di meta intermedia della via Francigena. 48 ore prima la delibera ed un cammino che non ha mai visto il consiglio comunale investire un ordine del giorno, una delibera perché negli ultimi 10 anni ci si preparasse a non restare semplici ed asettici followers di volontà a cui abbiamo aderito con una semplice alzata di mano o poco meno di 2.000 euro d’impegno di spesa. Lo scollamento tra quel che avrebbe dovuto e ciò che è stato (non) fatto è lacuna che ammorba ogni altro pensiero positivo.
Le vie Francigene nel Sud rappresentano un’idea di rete – dicono quelli che l’hanno ideata e la guidano – che incontra diverse declinazioni: esempio di governance multilivello, che unisce le sfere locali con le Istituzioni regionali ed europee; percorso fisico di alto valore storico-culturale.
Le Vie Francigene sono inserite nel Programma degli “Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa” (1987). Ogni Itinerario deve contribuire a costruire concreta affermazione dei valori fondamentali: diritti dell’uomo, democrazia culturale, diversità e identità culturale europea, dialogo, scambio e arricchimento reciproco. In tale ambito, pertanto, i principali obiettivi sono: promuovere la consapevolezza di una identità culturale comune e di una cittadinanza europea, fondata su un insieme di valori condivisi, che diventano tangibili attorno ad itinerari che ripercorrono la storia delle influenze, degli scambi e dell’evoluzione delle culture in Europa.
Brindisi e la sua storia, resta misconosciuta, travisata e dimenticata, ma quel che è peggio, che la Via Francigena, come ogni progetto, parte da suggestioni, per giungere ad obiettivi e questi a Brindisi, la città, non i singoli, non ce li ha.